Nossignori. La notizia di giornata non è la tragedia di Scampia, a Napoli, dove le vele di cemento abitate nel degrado non potendo sgonfiarsi senza vento crollano, con morti e feriti. Giustamente, dal suo punto di vista, o di rotta, trattandosi della nave ammiraglia della flotta pur di carta sempre in navigazione contro il governo dell’odiata, anzi odiatissima Giorgia Meloni, è la “bocciatura” dell’Italia da parte dell’Unione Europea, con cui la Repubblica ha aperto l’edizione di oggi. La bocciatura con “un dossier” che la presidente allora uscente aveva tenuto nascosto nella corsa alla conferma per guadagnarsi il voto di conferma che invece quell’ingrata della Meloni le ha fatto negare dagli europarlamentari del suo partito.
Dal dossier finito in esclusiva nella redazione di Repubblica risulterebbe “l’allarme della Commissione” ancora in carica per gli affari correnti – in attesa che si insedi la nuova alla quale sta lavorando la presidente fra una pausa e l’altra delle sue ferie- “per le riforme del governo” già approvate o in corso d’opera parlamentare. “Le preoccupazioni maggiori”, assicurano le indiscrezioni nella versione del giornale italiano, sono “per il premierato, le limitazioni alla stampa e la cancellazione delle norme anticorruzione”. Ma poi si fa capire, fra i dettagli, che anche il destino dei magistrati in Italia è ritenuto in pericolo per i progetti di un ex pubblico ministero che la Meloni ha messo alla testa del Ministero della Giustizia dopo avere tentato di farlo salire addirittura al Quirinale, nell’ultima edizione della corsa al Colle conclusasi con la conferma di Sergio Mattarella.
La notizia sottintesa, sottaciuta e quant’altro dallo scoop della Repubblica di carta è un’altra ancora, che vi do io anche a costo di finire non so in quale parte dell’Inferno dantesco come il sovranista di turno. La notizia è quella dell’Italia che continua a fare parte di una Unione Europea nella cui Commissione, con la maiuscola immeritata, può essere maturato, nato e poi nascosto per qualche tempo per comodità, interesse e quant’altro della sua presidente, pur teutonica come Ursula von der Leyen, un dossier così scandaloso e sfacciatamente falso. Che, fra i vari torti, commette quello di rappresentare o presupporre come un fellone, traditore, indifferente e non so cos’altro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che autorizza la presentazione dei progetti del governo alle Camere e poi ne sottoscrive le leggi per la promulgazione senza rinviarle al Parlamento o dimettersi.
Qui – scusatemi la franchezza – non siamo di fronte all’”Italia da zeru titoli”, in rosso, pessimisticamente descritta oggi sul Foglio per spiegare le ragioni delle troppo poche o troppo modeste postazioni che sta rimediando nel Parlamento europeo appena rinnovato, e nel resto. Siamo piuttosto di fronte ad una Unione “da zeru titoli”, sempre in rosso, per potere trattare l’Italia come l’Ungheria di Orban.