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Germania, l’editoria riscopre la vocazione di fare giornali

In Germania, la stragrande maggioranza degli editori, il 71%, ha investito quest’anno nello sviluppo di nuovi prodotti giornalistici, soprattutto nel campo digitale   In un settore come quello dei media, sollecitato da sfide di trasformazione epocali, le aziende editoriali tedesche sembrano aver riscoperto nel 2017 la vocazione a innovare il proprio core business. Secondo quanto…

In Germania, la stragrande maggioranza degli editori, il 71%, ha investito quest’anno nello sviluppo di nuovi prodotti giornalistici, soprattutto nel campo digitale

 

In un settore come quello dei media, sollecitato da sfide di trasformazione epocali, le aziende editoriali tedesche sembrano aver riscoperto nel 2017 la vocazione a innovare il proprio core business. Secondo quanto ha riportato l’annuale studio dell’associazione degli editori di quotidiani (il Zeitungsverlegerverband, Bdzv), la stragrande maggioranza degli editori tedeschi, il 71%, ha investito quest’anno nello sviluppo di nuovi prodotti giornalistici, soprattutto nel campo digitale.

EditoriaDopo anni spesi a diversificare le attività, inseguendo piattaforme per l’e-commerce e strategie di vendite di ogni tipo di bene, dagli alimentari alle scarpe, dai vestiti ai prodotti per la pulizia della casa, relegando l’attività giornalistica ai margini dell’offensiva digitale e andando a far concorrenza a giganti come Amazon, gli editori tedeschi hanno riscoperto la loro antica vocazione: fare giornali, produrre e vendere informazione. Tra i grandi editori la percentuale di chi quest’anno ha puntato a lanciare un prodotto giornalistico sale all’81%.

L’e-commerce resta un pilastro strategico del business editoriale, come dimostrano i bilanci di un gigante tedesco come Springer, editore di testate locali e nazionali fra cui le ammiraglie Bild e Die Welt. L’offerta digitale di Springer, nonostante gli sforzi sul versante giornalistico, le promozioni flessibili e articolate per i quotidiani, gli investimenti degli anni scorsi per addestrare i giornalisti alla stampa elettronica (direttore e redattori vennero spediti a rotazione sulla sponda pacifica degli Stati Uniti per un anno sabbatico nel tempio della nuova mecca digitale), si regge sugli introiti realizzati dai vari siti di e-commerce, per i quali il contributo giornalistico è quello di impacchettare con buon marketing i beni in offerta.

E tuttavia, l’anno in corso ha segnato un’inversione di tendenza. “Il settore è in movimento”, ha spiegato il direttore dell’associazione Dietmar Wolff, “e si ricorda di poter fare affidamento alla propria creatività”.

Anche in Germania la sfida posta all’informazione tradizionale dal mondo digitale è stata vissuta sostanzialmente in difesa. Dopo la fase di iniziale euforia, nella quale iniziative pionieristiche – coraggiose ma spesso economicamente avventate – hanno causato bagni di sangue finanziari, gli editori hanno pigiato sul freno, inseguendo i dettami del risparmio: uffici di corrispondenza tagliati, redazioni giornalistiche messe a dieta, tirature assottigliate. È stata una rincorsa all’ottimizzazione nei settori tradizionali, senza che in quelli nuovi si avessero le idee chiare su quale fosse il nuovo modello di business vincente. È accaduto un po’ ovunque, è successo anche in Germania, sebbene le ripercussioni sui compensi dei giornalisti, specie i collaboratori e i free-lance, siano stati meno catastrofici che, ad esempio, in Italia.

Ora l’aria sembra cambiata, a detta dell’associazione di settore, e alla paura sta subentrando la voglia di scommettere sul futuro degli editori. “La diversificazione gioca ancora un ruolo importante”, ha concluso Wolff, “ma il segnale del 2017 è che gli editori hanno raccolto la sfida del cambiamento digitale e vogliono di nuovo concentrarsi sullo sviluppo della loro attività principale, il giornalismo”. Negli ultimi tempi, sul web sono comparse testate nuove, tematiche o di approfondimento generalistico, spesso anche gratuite. Il crowfounding ha dato spazio a iniziative indipendenti dalle grandi case editrici, non tutte però coronate da fortuna. I grandi giornali hanno lanciato formati specifici per l’online: è il caso di Spiegel con il sito di approfondimento Bento o con contenuti multimediali realizzati e confezionati in esclusiva per il consumo su tablet o smartphone. Analoghe iniziative sono state lanciate anche da altri grossi calibri della carta stampata come Süddeutsche Zeitung, Frankfurter Allgemeine Zeitung e Handelsblatt. Bild offre approfondimenti esclusivi e i filmati della Bundesliga attraverso pacchetti abbonamento che vanno da un mese a più anni. E ancora lo Spiegel inaugurerà dal prossimo gennaio la prima accademia online per corsi telematici, con l’obiettivo di formare la nuova generazione di giornalisti digitali: lezioni di e-commerce, social media, robotica, Internet degli oggetti.

digitaleNon sarà tuttavia una sfida facile. Da un lato il mercato dei lettori c’è, dall’altro questi non sembrano ancora pronti a spendere soldi per l’informazione online, almeno in maniera tale da ripagare investimenti costosi nel giornalismo di qualità. Due diverse ricerche offrono al riguardo risposte tra loro contraddittorie.

Secondo un’indagine della Zmg, società di marketing della Bdzv, cresce il numero di fruitori dell’informazione. Nel 2017, 61 milioni di tedeschi hanno letto regolarmente giornali, sia in versione cartacea che digitale. Un milione in più rispetto al 2016, con una copertura dell’offerta complessiva che ha toccato l’87% della popolazione. L’aumento dell’ultimo anno è dovuto quasi esclusivamente all’offerta digitale. Sono incoraggianti anche i dati suddivisi per fasce di età. Quella più giovane, che va dai 14 ai 29 anni, risulta la più forte (90,2%) seguita da quella di mezzo (30-49 anni) con l’89,3% e dagli over 50 con l’84,3%. E se in quest’ultima prevalgono i lettori di carta stampata (due terzi del totale), fra i giovanissimi lo strumento preferito per la lettura di giornali è lo smartphone. L’indagine invece non spiega nulla della qualità dell’approccio dei lettori e non distingue tra chi si collega con un click per una breve lettura e chi si immerge per più tempo in un articolo di approfondimento.

Ma una seconda indagine demoscopica, condotta dalla società Allensbach, evidenzia come, nonostante gli stessi lettori si dichiarino consapevoli dei costi del giornalismo di qualità e, in principio, ritengano di dovervi contribuire, quando si passa all’atto pratico di mettere mano al portafoglio le buone intenzioni svaniscono. E appena un quarto degli utenti che si informano di politica sul web è disposto a pagare per ricevere offerte giornalistiche su Internet. Due terzi addirittura esclude per principio di poterlo fare anche in futuro. Per gli editori un collo di bottiglia attraverso il quale è ancora difficile passare.

Pierluigi Mennitti

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