Cupertino pensava di passarla liscia, il suo piano iniziale non prevedeva alcun pagamento agli artisti durante i primi tre mesi di servizio, scelta chiaramente contrastata da etichette e artisti che non avrebbero mai rinunciato a un quarto dei propri compensi annuali.
La vita di Apple Music sarebbe stata già segnata prima della nascita se in una fase cruciale come quella del lancio gli artisti avessero ammutinato lasciando vuoti gli scaffali del servizio. Così Cupertino ha accettato di aprire il portafoglio trovando una quadra con le case discografiche, soprattutto quelle indipendenti. Per qualsiasi servizio di musica in streaming è impensabile rinunciare al contributo delle etichette indipendenti con i loro artisti emergenti, troppo rischioso rinunciare al fattore “cool”, soprattutto per Apple così modaiola.
Apple Music ha così dovuto trovare un accordo sul pagamento alle etichette sulla base del “per-play”, ossia sulla base degli ascolti di ogni singolo brano durante il periodo di prova.
Porte d’accesso per l’universo indie sono state realtà importanti come Merlin realtà che raccoglie più di 20mila tra etichette e distributori, e Beggars che vanta tra i propri assistiti nomi come Adele e Arcade Fire. Le etichette indipendenti entrano così nell’universo Apple evitando che vengano attratte con i loro fans verso competitors, prima tra tutto Spotify.
“Sono felice di annunciare che Apple ha deciso di pagare l’utilizzo di Apple Music, in base ai singoli ascolti, durante la prova gratuita”, ha dichiarato Charles Caldas, amministratore delegato di Merlin, alle oltre ventimila etichette dell’associazione. Caldas ha aggiunto che “sono stati modificati anche altri termini del contratto” al quale ha fatto eco Martin Mills del Beggar Group “siamo entusiasti di accettare il nuovo accordo con Apple Music e di essere parte di questo eccitante futuro”. Ora che tutti sono contenti, resta solo da capire se Apple Music piacerà anche al pubblico.