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Italia-Uruguay, è molto di più che una partita di calcio dei Mondiali

Italia-Uruguay, fischio di inizio alle ore 18, perché questa partita è come una finale e rischia di diventare la metafora di un paese avviluppato su stesso? Una partita che viene enfatizzata solo come noi latini sappiamo enfatizzare i momenti di difficoltà. Sarà un nuovo inizio o la fine della nostra partecipazione ai Mondiali del Brasile.

Ad ogni Mondiale di calcio, nel mezzo, ci tocca soffrire. E’ il destino non solo della Nazionale di calcio, ma di tutta una nazione. E se il calcio, come abbiamo scritto in passato, può essere la metafora dell’innovazione sociale (perchè ognuno deve tenere un ruolo, e giocare per la squadra e non per se stesso), la partita contro l’Uruguay diventa il simbolo della sfida che tutta l’Italia ha davanti a sé.

Non è una sfida calcistica, è ben più di una partita a pallone. E’ la sfida che oramai ci troviamo a combattere tutti i giorni. La partita contro l’Uruguay è come una finale, forse anche di più. Perchè in una finale metti in conto di perdere, ma in una partita di qualificazione per accedere agli Ottavi – se sei l’Italia – non puoi prendere in considerazione di non farcela. Nè tanto meno possiamo accontentarci di un pareggio. Come a dire che nella vita non bisogna mai accontentarsi.

Poi non parliamo del fatto che spesso il nostro gioco non è bello o divertente, oppure veloce, come quello che abbiamo visto guardando il Cile, il Brasile o, persino, l’Iran. Metafora calcistica di paesi emergenti, vivi e affamati di riuscire bene. Insomma di farcela! Noi italiani quanta “fame” abbiamo? Quanto siamo arrabbiati? Quanto siamo disposti a rischiare?

Insomma, da giorni media, social media, opinione pubblica sono tutti impegnati a discorrere sui destini di una partita di calcio, che diventa parallela alla partita – quella vera! – che “giochiamo” per portare il nostro sistema fuori dalle sabbie mobili della crisi. Per evitare rating e declassamenti vari da agenzie internazionali e dai nostri partner. O per evitare il sorriso di un Sarkozy o di una Merkel qualunque. Ma ci vuole carattere, pazienza, genio e soprattutto umiltà. Quella che dovranno dimostrare i nostri 11 beniamini in campo a partire dalle 18 contro l’Uruguay. Con un pò di rabbia e molto orgoglio!

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