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Embracer Group Lara Croft Tomb Raider

Videogame, la cura dimagrante di Embracer Group non è un gioco. Altri licenziamenti

Pur di provare a restare in piedi, negli ultimi 12 mesi o poco più Embracer Group ha messo alla porta 5.000 dipendenti e chiuso ben 36 studi di sviluppo di spicco, cancellando oltre 70 videogiochi. E i licenziamenti non sono ancora finiti: colpita di nuovo l'americana Lost Boys Interactive

Nel pieno della sua gloria, Embracer Group è stata senz’altro una delle etichette videoludiche più grandi e importanti del panorama europeo, con mire anche in campo cinematografico bruscamente interrotte però dalla crisi economica che la ha travolta.

Il gruppo guidato dallo svedese Lars Wingefors, Ceo e fondatore di questa meteora del settore dei videogiochi, s’è rivelato infatti un colosso dai piedi d’argilla, appesantito dalle innumerevoli acquisizioni e incapace di far fronte alla crisi che negli ultimi anni ha investito il mondo videoludico, portando a innumerevoli chiusure e altrettanto innumerevoli ridimensionamenti e licenziamenti.

ALTRI LICENZIAMENTI IN EMBRACER GROUP

La notizia delle ultime ore riguarda un ulteriore round di licenziamenti in casa Embracer, nuovamente ai danni di Lost Boys Interactive, software house americana, con quartier generale nello Stato del Wisconsin, diretta da Shaun Nivens, nel portafogli dell’etichetta svedese solo nel 2022.

Il team, che ha lavorato come supporto a diversi tripla A, tra i quali Tiny Tina’s Wonderlands e Diablo 4, ha comunicato la notizia attraverso LinkedIn. La medesima software house già a inizio anno aveva perso 125 dei suoi 400 dipendenti. Questa volta, invece, non è ancora stato reso noto il numero di lavoratori che dovranno ripulire le scrivanie dei propri effetti personali.

LA SCHIZOFRENIA DELLE ACQUISIZIONI

Non è la prima volta che Embracer Group dimostra di aver fatto il proverbiale “passo più lungo della gamba”, acquisendo una realtà che, evidentemente, non poteva mantenere. Il caso più clamoroso lo si ha avuto con la svendita del più noto team di Gearbox a inizio 2024: la software house è finita a Take-Two Interactive di Strauss Zelnick  per 460 milioni di dollari, mentre il Gruppo svedese per garantirsi gli autori di Borderlands sborsò qualcosa come 1,3 miliardi di dollari  soltanto nell’aprile del 2021.

DALLA PADELLA ALL’EMBRACER

Pur di provare a restare in piedi, negli ultimi 12 mesi o poco più Embracer Group ha messo alla porta 5.000 dipendenti e chiuso ben 36 studi di sviluppo di spicco nell’industria videoludica come Volition Games, Pieces Interactive e Piranha Bytes. La dieta dimagrante imposta dalla necessità di riportare in carreggiata i conti ha comportato infine la cancellazione di oltre 70 videogiochi.

EMBRACER GROUP DOPO LA DIETA

Numeri spaventosi, certo, ma al netto di tutto ciò Embracer resta ancora una potenza videludica di tutto rispetto da 10.800 persone, 140 sussidiarie al lavoro su circa 130 (dovrebbero essere 127) videogiochi.

ASCESA E CADUTA DEL COLOSSO SVEDESE DEI VIDEOGAME

Il colpo da 90 per Embracer era stata l’acquisizione di THQ, una delle rare software house occidentali degli anni ’90 (se si escludono i colossi) ancora in vita. L’etichetta svedese aveva così messo le mani su IP del calibro di Saints Row, Darksiders, Destroy All Humans, MX vs ATV e Red Faction.

E non le bastarono, vista l’acquisizione a stretto giro di Koch Media Holding, ora Plaion, della divisione publishing Deep Silver (che vanta videogiochi come Metro, Chivalry e Dead Island) e infine dello studio italiano Milestone (Ride, MotoGP) fondato nel 1996 a Milano per 50 milioni di dollari.

In pochi anni ha acquisito anche Tripwire Interactive e Limited Run Games. Dalla giapponese Square-Enix aveva acquistato i diritti di importanti serie videoludiche come Tomb Raider, Deus Ex, Thief e i rispettivi studi di Crystal Dynamics, Eidos Montreal e Square Enix Montreal. Operazioni che avevano portato il totale degli studi legati a Embracer a 188 con oltre 16mila sviluppatori sparsi ai quattro angoli del globo al lavoro su 270 videogiochi che risultavano in sviluppo poco prima che l’etichetta rischiasse di incorrere nella fatidica schermata di “game over”.

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