Per comprendere il modo con cui la Cina si racconta all’estero e promuove la sua immagine, “South China Morning Post” è una lettura sempre istruttiva. Storico quotidiano di Hong Kong fondato all’inizio del Novecento e punto di riferimento nell’epoca coloniale, la sua acquisizione da parte del gruppo Alibaba nel 2016 ha rappresentato un passaggio importante. Anche se Jack Ma è stato vittima della clava politica del Partito Comunista Cinese, il co-fondatore di Alibaba, Joe Tsai, è uno degli imprenditori più abili nel navigare tra la sfera di Washington e quella di Pechino, tra investimenti nel digitale e nello sport.
I nuovi abiti di “South China Morning Post” mostrano ogni settimana, ogni giorno, il volto dello sviluppo tecnologico cinese e la sua specifica ambizione, il modo con cui la Cina si presenta al mondo. Attraverso una serie di articoli esclusivi e approfondimenti mirati, la testata ha sistematicamente messo in luce le storie di eminenti ricercatori e matematici cinesi che hanno scelto di tornare in patria o che stanno contribuendo in maniera decisiva all’avanzamento scientifico e tecnologico della Repubblica Popolare.
La strategia si manifesta nella serie “Abandoning the US: top Chinese scientists return home”, che serve a evidenziare il rientro di scienziati di punta dagli Stati Uniti alla Cina. L’esempio più recente è la storia di Liu Jun, un matematico di spicco proveniente da Harvard, la cui decisione di lasciare l’istituzione americana per Tsinghua viene enfatizzata, esplorando le possibili motivazioni dietro questa scelta, interrogandosi su fattori come le tensioni politiche, i tagli ai finanziamenti per la ricerca o una crescente ostilità verso gli accademici cinesi negli Stati Uniti.
Un’altra notevole figura su cui SCMP ha posto l’attenzione è quella di Luo Weiwei, ex ricercatrice della NASA che diviene una risorsa strategica, una vera e propria “carta vincente” per l’industria cinese dei semiconduttori. L’articolo di SCMP di fine agosto ha raccontato come, in un’epoca di tentativi di decoupling tecnologico tra Stati Uniti e Cina, l’azienda cinese Innoscience, co-fondata dalla studiosa cinese e specializzata nella tecnologia al nitruro di gallio (GaN), sia riuscita a imporsi come fornitore globale, competendo direttamente con colossi americani ed europei. Questa ricercatrice e imprenditrice diviene un esempio contemporaneo delle “tartarughe marine” che alimentano la potenza tecnologica cinese.
Il quotidiano ha dato molto spazio alla punta di diamante dell’eccellenza matematica cinese, Shing-Tung Yau, vincitore della medaglia Fields, socio anche dell’italiana Accademia dei Lincei, che ha discusso con SCMP la sua decisione di lasciare la posizione di professore di matematica ad Harvard per dedicarsi a tempo pieno all’insegnamento presso la Tsinghua. Il decano della matematica cinese ribadisce il suo impegno nel coltivare i giovani talenti. Parla con franchezza: riconosce che la Repubblica Popolare è ancora indietro rispetto agli Stati Uniti in campo matematico, ma sottolinea i grandi miglioramenti. E non a caso, anche lui enfatizza il fatto che gli Stati Uniti divengono sempre meno accoglienti rispetto agli scienziati cinesi.
Questi articoli non rappresentano quindi una tendenza isolata o casuale. La Cina di oggi vive nell’epoca di Wang Ning, divenuto grazie alle Labubu uno degli uomini più ricchi della Cina, e di Wang Huning, che nel 1988, un anno dopo la nascita di Wang Ning, iniziava il suo viaggio negli Stati Uniti che ho ripreso nel mio libro “La Cina ha vinto”.
Così anche i servizi del quotidiano di Hong Kong, esaltando l’importanza del ritorno in patria per contribuire allo sforzo scientifico e tecnologico nazionale (che ha sempre bisogno della ricerca di base), ed enfatizzando sempre le contraddizioni del sistema americano, suonano lo spartito di Wang Huning: “America contro America”.