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Tim Kkr

Vi spiego le visioni opposte di Elliott e Vivendi sulla rete Telecom Italia (Tim)

L'approfondimento di Michele Polo, professore Ordinario di Economia Politica presso l'Università Bocconi

Tim appare paralizzata dalla contrapposizione tra due gruppi di azionisti con visioni opposte, in grado di praticare un gioco di interdizione, ma non di definire un credibile piano di sviluppo e di attuarlo. Una partita tutta giocata a centrocampo, piena di falli tattici e inversioni di fronte, senza che la palla si avvicini mai all’area di una o dell’altra squadra. Dove le idee dei due allenatori appaiono estremamente difficili da comprendere. E dove il premio, per ora fermo sugli spalti in attesa di assegnazione, è il destino della rete fissa di telecomunicazione.

Da un lato, la compagine guidata dal fondo Elliott a cui partecipa anche Cassa depositi e prestiti è schierata decisamente per la cessione della rete, che in prospettiva potrebbe essere riunita a quella che sta costruendo Openfiber, creando un unico operatore di rete fissa. Elliott caldeggia questa soluzione, che dovrebbe coinvolgere anche la società Sparkle che gestisce le infrastrutture di comunicazione internazionale, sulla base di “benefici nascosti” valutati nell’ordine dei 7 miliardi di euro. Una cifra di difficile interpretazione se non si vogliono immaginare soluzioni che liberino la nuova società di rete dagli oneri pesanti del debito e del personale in eccesso che verrebbero lasciati in dote a Tim, trasformandola sostanzialmente in una bad company. Ma è arduo pensare che una operazione di questo genere si realizzi senza un supporto importante del governo, e che al contempo superi le scontate obiezioni che verrebbero dalla Commissione europea. Una cessione volontaria della rete, peraltro, costituirebbe una prima mondiale nel panorama delle telecomunicazioni.

Sul fronte opposto, Vivendi si spinge fino a immaginare una società di rete interamente controllata da Tim e che operi in competizione con le altre infrastrutture di Openfiber, una separazione societaria, ma non proprietaria che mantiene in capo alla holding il controllo di un asset considerato strategico. Se questa opzione replica quanto si osserva nella gran parte dei paesi, quello che tuttavia rimane di difficile comprensione è l’obiettivo di medio periodo di Vivendi. La rapida crescita nell’azionariato di Tim e di Mediaset nel 2015-2016 da parte della società del finanziere bretone Vincent Bolloré è sempre risultata di difficile lettura laddove la normativa italiana proibisce a uno stesso azionista di assumere il controllo di un operatore di telecomunicazioni e dei media. Gli osservatori hanno sempre immaginato che Vivendi raccogliesse pacchetti azionari in entrambe le società per poi svelare, con una mossa a sorpresa, quale dei due tavoli fosse quello prescelto per le strategie di sviluppo. Ma per ora la situazione in Mediaset appare bloccata e quella in Tim vede Vivendi nell’angolo, con una perdita estremamente significativa nel valore del pacchetto azionario detenuto.

 

(estratto di un articolo pubblicato su Lavoce.info; l’articolo integrale si può leggere qui)

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