L’Europa ha bisogno dell’aiuto degli Stati Uniti se vuole competere con la Cina sull’intelligenza artificiale. È l’opinione dell’ex ceo di Google Eric Schmidt.
In un’intervista con Politico, Schmidt, che presiede la US National Security Commission on Artificial Intelligence (Nscai), ha affermato che l’Europa “semplicemente non è abbastanza grande dal lato della piattaforma” per competere. “L’Europa dovrà collaborare con gli Stati Uniti su queste piattaforme chiave”.
Secondo Schmidt la paura comune dei rapidi progressi tecnologici della Cina dovrebbe aiutare gli Stati Uniti e l’Ue a superare le “differenze normative” su questioni quali la privacy e il commercio. Pechino infatti è solo di pochi anni indietro rispetto a Washington nello sviluppo di tecnologie di intelligenza artificiale.
L’ex numero uno di Google ha messo anche in dubbio le mosse più ampie dell’Ue verso la cosiddetta sovranità tecnologica, che si concentra sul potenziamento dell’industria digitale locale per competere con i rivali statunitensi e cinesi.
Tutti i dettagli.
COS’È LA SCAI
Nel 2018 il Congresso degli Stati Uniti ha costituito l’Nscai per consigliare il governo su come sviluppare l’intelligenza artificiale e rafforzare la sicurezza nazionale per sconfiggere gli avversari.
CHI NE FA PARTE
Presieduta dall’ex ceo di Google, fanno parte della commissione dirigenti senior di Microsoft e Oracle, nonché il nuovo ceo di Amazon Andy Jassy.
IL RAPPORTO SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
A inizio del mese la commissione ha pubblicato un rapporto in cui chiarisce che la supremazia degli Stati Uniti nell’intelligenza artificiale non è un dato di fatto. Piuttosto l’amministrazione Biden deve agire rapidamente ed efficacemente per sfruttare il potere di trasformazione della tecnologia.
Con oltre 700 pagine, il rapporto sottolinea la necessità per gli Stati Uniti di cercare partnership coerenti con i “valori democratici”. Non solo, gli Stati Uniti dovrebbero cercare alleati per affrontare Pechino.
L’UE PARTNER DEGLI USA PER LO SVILUPPO DELL’AI
Sulla carta, questo alleato dovrebbe essere l’Europa. Oltre a condividere valori simili, l’Ue ha anche “molte persone davvero intelligenti e hanno molti soldi”, ha detto Schmidt a Politico.
PERCHÉ IL VECCHIO CONTINENTE RISCHIA DI RIMANERE INDIETRO
Tuttavia, a Politico Schmidt ha anche criticato il modo in cui l’Europa sta regolando l’intelligenza artificiale, che in qualche modo rappresenta una “terza via” tra gli approcci cinese e americano.
“L’Europa non avrà successo perseguendo la sua terza via”, ha sostenuto Schmidt.
LA LEGISLAZIONE EUROPEA SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
La ricerca europea di una terza via si evince anche nel suo approccio alla regolamentazione dell’Ai incentrata sulla tutela della privacy.
La commissione europea presenterà infatti in primavera, e per la precisione il 21 aprile, il sistema di norme sull’intelligenza artificiale.
Il nuovo quadro giuridico contemplerà “alcuni requisiti per le applicazioni ad alto rischio, per assicurarsi che utilizzino dati di alta qualità”. Non solo, garantirà “il controllo umano” dei sistemi basati sull’AI. In netto contrasto quindi con il percorso di autoregolamentazione scelto dagli Stati Uniti.
ACCORDO TRANSATLANTICO SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE?
Inoltre, Politico ricorda che Bruxelles ha contattato Washington per lavorare insieme su una serie di questioni, tra cui l’intelligenza artificiale, dopo l’elezione di Joe Biden. Ma non ha spiegato come intende far quadrare la sua strategia di sovranità tecnologica con la più stretta collaborazione che sta cercando.
Schmidt ha raccomandato a Washington di lavorare con l’Europa sull’intelligenza artificiale in più forum internazionali tra cui l’Ocse e il Consiglio d’Europa, ma ha affermato di non aver sentito molto della proposta della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per un “Accordo transatlantico sull’intelligenza artificiale”.
IL NODO DELLA CONDIVISIONE DATI
Infine, non va dimenticato Washington e Bruxelles sono nel bel mezzo di negoziati spinosi sulla condivisione dei dati.
Lo scorso luglio la Corte di giustizia europea ha stabilito l’invalidità del Privacy Shield. Ovvero l’accordo chiave tra Usa e Ue utilizzato per trasferire i dati personali degli europei attraverso l’Atlantico per uso commerciale.
Un duro colpo per gli Stati Uniti. Quella decisione potrebbe avere infatti importanti implicazioni per il modo in cui le società tecnologiche statunitensi (Facebook, Google &co) gestiscono i dati dei cittadini europei.
Secondo Schmidr, gli Stati Uniti e l’Ue dovrebbero concentrarsi sul rendere “il libero flusso di innovazione in queste aree il più libero possibile”. “Attualmente ci sono barriere tra l’Europa e gli Stati Uniti per vari motivi, tra cui privacy, restrizioni commerciali, sicurezza nazionale”, ha concluso Schmidt. “Non stiamo suggerendo di eliminarle. Stiamo suggerendo di semplificarli”. ” Norme divergenti sulla protezione dei dati, ad esempio, non dovrebbero “impedire la collaborazione nell’intelligenza artificiale”.