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Colao-firpo

Tutti i piani spaziali di Colao su Asi, Esa e non solo

Che cosa c'è di nuovo finalmente per l'Asi. L’intervento del Prof. Ezio Bussoletti, ex vicepresidente Asi (Agenzia spaziale italiana)

 

Il 16 dicembre scorso in Italia è stata festeggiata la prima giornata nazionale dello Spazio, messaggio importante verso un settore che sta crescendo di importanza, anche economica, e che finalmente vede un’attenzione da parte del governo mai verificatasi nel passato.

Come c’era da aspettarsi si è verificato un assalto alla diligenza in occasione dell’evento: enti di ricerca, amministrazioni, centri universitari e via dicendo che mai avevano dato un segno di esistenza in vita nel settore hanno presentato esempi di attività con qualche attinenza allo spazio. L’effetto è stato certamente determinato perché il Pnrr prevede nello Spazio, circa il 2% del totale eccitando appetiti.

Unico evento di un qualche interesse per i contenuti è stato quello tenutosi in Asi alla presenza dei Ministri Messa e Colao più quella del sottosegretario Di Stefano con delega allo spazio al Maeci.

Al di là delle ovvie presentazioni delle attività nazionali rivolte al pubblico e sempre di interesse grazie anche ai filmati accattivanti che il tema offre, l’evento ha rappresentato un punto fermo che si attendeva da tempo vista la situazione in cui da oltre due anni versa l’Asi per le evidenti carenze emerse nelle capacità manageriali del top management, presidente e collaboratori del suo entourage.

Da giorni era circolata l’informazione che il Ministro Colao aveva ritenuto necessario siglare un contratto con l’Esa affinché fosse l’agenzia europea a farsi carico della selezione dei contratti potenzialmente finanziabili e assumendo anche la responsabilità del loro controllo in fase di realizzazione; questo per avere la certezza di una gestione trasparente, rapida e, soprattutto, capace di rispettare i tempi di esecuzione previsti dal Pnrr che, ricordiamolo, rappresentano un prestito all’Italia.

L’operazione copre attività di Osservazione della Terra per 1070 milioni di euro più 217.5 milioni per gli sviluppi del Vega. Di questi 880 sono di provenienza Pnrr e il resto su fondi nazionali il che rende ancora più chiaro il messaggio al riguardo della valutazione di affidabilità.

Altri fondi, ma con una diversa modalità contrattuale, riguarderanno lo sviluppo del motore a liquido di Vega che si svilupperà in parallelo con quello francese, sperabilmente con una sana competizione, nonché la realizzazione di Space Rider dove è mantenuta la leadership italiana.

Su questa scelta del governo si è determinata molta agitazione anche con l’intervento dei sindacati presenti in Asi e interrogazioni in parlamento, in buona parte stimolata da personaggi che hanno giocato più ruoli in commedia nel tentativo maldestro di bloccare e far saltare l’accordo.

Personalmente trovo le critiche poco difendibili per varie ragioni: da una parte perché le stesse entità in agitazione erano sempre state assenti da qualunque avvenimento determinatosi in questi anni in Asi e sono state ancor meno presenti di fronte allo scivolamento verso il basso, sino quasi all’irrilevanza, dell’Agenzia a livello internazionale come è apparso evidente nelle ultime competizioni che hanno visto l’Asi in una posizione imbarazzante e non difendibile, in alcuni casi, viste le contestazioni sollevate dalle delegazioni degli altri paesi membri dell’Esa.

Data quindi la situazione proviamo invece ad analizzare quanto è stato formalizzato il 16 Dicembre e quali possono essere le conseguenze delle scelte adottate.

Il messaggio politico chiaro è che il Ministro delegato ha finalmente assunto il ruolo che gli compete per legge assumendosi la responsabilità delle scelte strategiche e riportando l’Asi al suo compito istituzionale, quello di agenzia implementante delle scelte politiche assunte dal governo. Il fatto in sé è rivoluzionario perché da due decenni i Presidenti dell’Ente erano stati lasciati totalmente liberi di fare ciò che ritenevano fosse meglio senza essere sottoposti ad alcun controllo visto anche che il Ministero vigilante storicamente non ha mai svolto questo suo ruolo; ancora oggi l’agenzia sta pagando i danni, anche di immagine, di questa situazione.

Era quindi necessario fare tabula rasa, soprattutto dopo le ultime due esperienze di gestione antecedenti l’arrivo del governo Draghi e così è stato fatto.

In parallelo è anche apparso sempre più chiaro che l’Asi, così come è strutturata e gestita, non dà alcuna garanzia di poter rispettare i tempi stringenti richiesti dal Pnrr per l’esecuzione dei lavori; in questo anche a causa dei vincoli burocratici dell’amministrazione pubblica nei confronti della quale, peraltro, non è mai stato tentato, a quanto mi consta, alcun serio tentativo di trovare soluzioni che permettessero di snellire le pratiche.

L’Esa come ente sovranazionale appare come l’unica soluzione possibile per assicurare il rispetto dei vincoli contrattuali nei tempi dovuti; di conseguenza leggere critiche sul fatto che l’operazione costerà intorno a 60 milioni di euro “sottratti quindi ad altre attività scientifiche nazionali” è assolutamente indifendibile. Da una parte vogliamo i soldi del prestito (ricordiamolo sempre) per far lavorare la nostra industria, ma l’ente istituzionale che avrebbe dovuto realizzare le attività non ne è in grado, per cui l’unico modo per lavorare è quello di chiedere ad un ente terzo, che è efficace, di svolgere il lavoro. Perché non dovrebbe essere pagato per questo visto che il 6% è il minimo fee che ogni Università prende per gestire amministrativamente i contratti ricevuti dall’Asi ma in questo caso nessuno solleva obiezioni.

In effetti il risultato più rilevante dell’operazione ha una valenza di grande rilievo, è un intero paradigma storicamente cristallizzato e inefficace che crolla. D’ora in avanti saranno direttamente i governi a definire le strategie e a dare ordini esecutivi alle agenzie nazionali che perdono, l’italiana in primis, quella indipendenza mai indicata negli statuti ma spesso acquisita per lo scarso interesse o capacità di visione di chi avrebbe dovuto vigilare e indirizzarne i lavori.

Molti governi si sono risvegliati da analogo torpore politico e più di un paese ha apprezzato il passo italiano e sta considerando di adottare lo stesso approccio che da oggi in Europa è diventato un punto di riferimento avanzato per molti.

In più, le cifre messe in gioco dall’Italia sono molto maggiori (da due a tre volte) di quelle che gli altri paesi hanno scelto nel loro Pnrr così che l’Italia da terza è passata a essere il primo contributore dell’Esa acquistando un potere negoziale mai avuto in passato e che sta mettendo in difficoltà, e non poco, Francia e Germania che si sono viste sorpassare in maniera inattesa da chi non avevano mai molto considerato competitivo.

Anche le varie agenzie nazionali mostrano un crescente nervosismo vedendo il rischio di una considerevole perdita di peso specifico nei rispettivi paesi e nei confronti dello stesso mondo industriale dove prima imperavano ossequiate dai vari questuanti.

Grazie a questa operazione, il Direttore Generale di Esa ha ridato fiato e smalto all’agenzia in prossimità del lancio di febbraio 2022 delle attività previste dall’Agenda 2025 in un contesto in cui la nascita dell’Agenzia dell’Unione europea per il programma spaziale, Euspa, rischiava di ridurre l’Esa in una posizione ancillare di semplice fornitore d’opera.

Sono saltati equilibri storici ed altri si stanno costituendo con l’Italia che sta riconquistando un ruolo di primo livello nelle Osservazioni della Terra ed anche nel settore del volo (lanciatori e Space Rider) nel momento in cui Vega viene potenziato andando a competere alla pari con i francesi nella motoristica di avanguardia mentre Germania e Spagna iniziano a voler competere nei vettori di piccola taglia per partecipare alla grande kermesse dei lanci delle costellazioni dei mini e micro satelliti in LEO.

Questo il nuovo quadro di riferimento; riuscirà il Ministro Colao a mettere in piedi forze sufficienti capaci di successo anche grazie al supporto dell’Esa? Sarebbe sperabile purché non compia il tipico errore di attorniarsi di esperti magari bravi in settori specifici ma troppo giovani per poter competere con i nostri competitori che sfruttano anche e soprattutto personale non soltanto con competenze tecniche ma anche con una storia pregressa seria e riconosciuta a livello internazionale. Il rischio c’è.

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