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Tutti gli errori del Recovery Plan di Conte e Gualtieri secondo Confindustria (Digitale)

Che cosa ha detto Confindustria Digitale in Parlamento sul Pnrr di Conte e Gualtieri

 

Confindustria Digitale boccia il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) preparato dal ministro dell’economia Roberto Gualtieri. Se il galateo istituzionale richiede che l’associazione degli industriali si complimentino con l’impostazione generale del piano, quando è necessario scendere nel dettaglio non mancano le bacchettate.

Cosa è Confindustria Digitale

Confindustria Digitale presieduta da Cesare Avenia si compone di 8 tra associazioni (come Asstel e Assinform, per citare le maggiori) e consorzi e aderisce alla confederazione presieduta da Carlo Bonomi, che pochi giorni fa ha elogiato l’opera di Gualtieri.

Nel PNRR poco spazio per le riforme strutturali

“L’impianto del PNRR presentato dal Governo è quindi convincente sotto il profilo delle priorità indicate e dell’ampiezza delle linee di intervento previste” – si legge nel testo dell’audizione di Confindustria digitale alle Camere -. Ed è particolarmente importante la conferma della centralità della digitalizzazione per la ripresa e il rilancio dell’economia nazionale, in linea con quanto previsto dalle linee guida presentate dal Governo il 15 ottobre scorso e così come richiesto dal Regolamento EU”. Il primo problema del piano dell’ormai fu Governo Conte riguarda, secondo il parere degli industriali, l’assenza di un vero impianto riformatore. Occorre ricordare che il cuore del Recovery Fund dovranno essere le riforme al fine di avere il placet europeo all’erogazione delle risorse. “Manca una spinta decisa sul fronte delle riforme strutturali – scrivono gli industriali -. Il capitolo delle riforme è quello centrale per consentire al PNRR di essere veramente il Piano Marshall del XXI secolo”. La Commissione ha chiesto di preparare un sostenuto pacchetto di riforme che accompagnino gli investimenti, nei settori in cui ciascun Paese necessita di innovare. Per l’Italia le più importanti sono: giustizia, PA, sanità, scuola e mercato del lavoro. “Il piano dichiara che è essenziale avere una amministrazione pubblica snella e moderna e destina ingenti risorse alla sua digitalizzazione – scrive ancora Confindustria -; ma non dice nulla sulla fondamentale questione delle riforme organizzative, di gestione e di incentivi del personale che sono necessarie per orientare la nostra pubblica amministrazione verso la produzione di servizi migliori. Anche la semplificazione burocratica viene solo appena accennata”.

Le proposte sono troppo superficiali secondo Confindustria Digitale

Andando più in profondità nell’analisi del PNRR le aziende di tlc che aderiscono alla federazione confindustriale rilevano che il livello di dettaglio con cui sono esposte le proposte di riforme è troppo superficiale. “Mancano le schede progettuali – si legge nel testo dell’audizione di Confindustria Digitale-. Il livello di analisi del Piano è ancora molto alto, con molte dichiarazioni di intenti ma privo di quella lista puntuale di progetti richiesta dalle guidelines della Commissione”. Mancano inoltre elementi di valutazione di impatto il grafico individua gli impatti del piano sulla crescita è carente “di quegli elementi minimi per poter svolgere realistiche valutazioni di impatto delle politiche pubbliche”. In sostanza, e Confindustria lo dice a chiare lettere, il PNRR in materia di riforme è una “lista di progetti” che non indica “una scelta di prospettiva” o, peggio, “una sommatoria di iniziative da finanziare ma senza che siano collocate nell’ambito di una visione politica e strategica”.

Manca chiarezza sulla Governance

Un altro aspetto “di metodo” che finisce sotto il giudizio negativo di Confindustria è la poca trasparenza sulla governance dei progetti previsti dal piano. In poche parole, non è ben chiaro chi farà cosa. Per far capire quanto quest’assenza sia grave gli industriali partono dai dati.  “Si deve partire da un fatto oggettivo e incontrovertibile: i dati relativi al settennato che si è appena chiuso – la programmazione 2014-2020 – indicano che dei 72,4 mld di euro dei Fondi Strutturali 2014-20 risulta speso solo il 40 % del totale – ha sottolineato Confindustria Digitale in Parlamento-. L’Italia è il secondo paese beneficiario su 27 per risorse ottenute dall’Ue, ma tra gli ultimi per progetti realizzati. Ovvero in sette anni siamo riusciti a spendere non più di 28,8 mld”. Quindi, se in 7 anni non siamo riusciti a spendere i 72,4 miliardi dei fondi strutturali come faremo in 3 anni a spendere i 223,9 miliardi del Recovery Fund? A maggior ragione se non abbiamo chiaro chi sia l’owner delle responsabilità? Domande più che legittime.  La proposta che avanza Confindustria è individuare “per ciascun intervento un unico responsabile, con il compito di coordinare un team dedicato”.

Solo lo 0.5% del PNRR allo sviluppo delle reti

Il core business di Confindustria digitale è la digitalizzazione del nostro Paese. E in quest’ambito le note diventano ancora più amare per il PNRR. Sul banco degli imputati ci va per primo lo stanziamento di risorse troppo esigue per lo sviluppo delle reti che dovranno digitalizzare il territorio nazionale. “Non possiamo non osservare che all’intervento previsto per le reti, intervento chiave per accelerare lo sviluppo della piattaforma che abilita la digitalizzazione del Paese, è destinato meno dello 0,5% delle risorse totali – sottolinea Confindustria Digitale -, Infatti, rispetto ai 4,2 miliardi previsti per l’intervento citato, 900 milioni di euro sono destinati al monitoraggio satellitare; di conseguenza l’importo effettivamente allocato alle reti a banda ultralarga ammonta ad € 3,3 miliardi, di cui 1,1 miliardi sono già impegnati per l’attuazione delle misure avviate dal COBUL per la connettività nelle scuole e per i voucher alla domanda delle famiglie e delle PMI”. I numeri parlano chiaro, dei 233 miliardi di euro su cui può contare il PNRR solo 1,1 miliardo è destinato al potenziamento e all’accelerazione dei programmi di investimento sulle reti. Troppo poco per Confindustria che chiede di portare l’investimento sulle reti almeno a 10 miliardi di euro. “La limitatissima allocazione di risorse alle reti ultra-broadband è in netta contraddizione con la finalità dichiarata– aggiungono -, che rappresenta uno dei 3 pilastri fondamentali di Next Generation EU, ovvero la digitalizzazione, insieme ad economia verde ed inclusione sociale”.

Cybersecurity: salvare il sistema paese da attacchi informatici

La cybersecurity, una priorità per tutto il sistema paese. La pandemia ha solo accelerato la trasformazione digitale in atto nel Paese e ha reso evidente che la cybersecurity sia fondamentale in ogni settore della trasformazione digitale. Nella bozza del PNRR gli industriali non rintracciano abbastanza enfasi, e dunque stanziamento di risorse, per questo settore. “A parte il generale utilizzo delle risorse del piano transizione 4.0, quello che sembra non essere adeguatamente indicato è la necessità di prevedere target quantitativi e di riforma per salvaguardare il sistema paese da possibili attacchi cyber – si legge nel testo della federazione presieduta da Avenia -. La sfida più impellente è dunque la protezione del processo di trasformazione digitale in corso”.

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