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Autodichiarazione Tecnologia Coronavirus

Tutte le tecnologie per frenare il Coronavirus

Ecco le tecnologie che in Cina, negli Usa e non solo possono frenare l'epidemia da Coronavirus. L'approfondimento di Cristian Barbieri che collabora con il programma Tecnologia e Relazioni internazionali dello IAI, tratto da Affari Internazionali

L’ESEMPIO CINESE

La Cina già da qualche anno contende agli Stati Uniti e al Giappone il primato della innovazione tecnologica. Dopo iniziali tentennamenti, il governo cinese ha deciso la sperimentazione di diverse tecnologie di supporto all’individuazione di casi, ma soprattutto per il contenimento di eventuali potenziali portatori asintomatici del virus.

Già da qualche settimana è di pubblico dominio l’utilizzo di un’app, in tutto il Paese, che basandosi su dati inseriti dall’utente – ad esempio indirizzo di domicilio e regioni visitate nelle ultime due settimane -, sommati a dati quali spostamenti Gps e registrazioni in altri luoghi, assegna un QR code di colore verde, giallo o rosso all’utente. Tale colore permette o meno l’entrata in edifici pubblici e privati e costringe alla quarantena per una settimana in caso di colore giallo o due settimane in caso di colore rosso. In questo caso è chiaro che si tratta di un controllo sociale automatizzato che può facilmente andare oltre lo scopo originario di salute pubblica. Tuttavia, un utilizzo di app del genere, con trattamento dei dati riservato, specialmente se in fase iniziale dei contagi, sembra molto utile per ricostruire i link epidemiologici. Va inoltre sottolineato che una versione simile dell’app è stata rilasciata anche nella democratica Corea del Sud.

La polizia cinese è stata inoltre dotata di ulteriori supporti tecnologici nelle maggiori città come le telecamere dotate di scanner portatili termici da agganciare ai caschi. Tali scanner permetterebbero di effettuare controlli della temperatura fino a una distanza di 5 metri, per poi invitare il controllato a rientrare in casa (o porlo sotto misure restrittive?) nel caso in cui la sua temperatura superasse i 37,2 gradi e potesse quindi nuocere potenzialmente ad altre persone. La polizia cinese sta inoltre ampiamente utilizzando droni, sia per facilitare controlli in entrata e uscita dalle città, interfacciandosi con i QR code sopra menzionati, sia invitando la popolazione in quarantena a restare a casa con delle vere e proprie ronde tecnologiche.

Ulteriori utilizzi della tecnologia sono presenti in vari ospedali dove vengono utilizzati robot per disinfettare aree a rischio contagio e per consegnare i farmaci e cibo tra i reparti diminuendo così i contatti del personale ospedaliero.

LE START-UP AMERICANE ALLA CONQUISTA DEI MERCATI

Negli Stati Uniti la paura del contagio sembra aver colpito più gli ambienti commerciali che il governo stesso. Il piano straordinario messo in atto dal presidente Donald Trump produrrà effetti anche sulle numerose aziende che forniscono tecnologia alle strutture mediche pubbliche e private statunitensi. In particolare, grandi potenzialità potrebbero arrivare dal settore della medicina robotica e dalla telemedicina. Esistono già prototipi funzionanti, come il Vici Robot, che in situazioni di emergenza potrebbero permettere di lavorare da remoto anche a dottori in quarantena per sospetto contagio. Il sistema risulta essere stato già utilizzato per il trattamento di casi sospetti di Sars.

Un altro prodotto made in the Usa è il biosticker. Un dispositivo medico capace di monitorare respiro, battiti cardiaci e altre funzioni vitali. In parole povere, sono il livello successivo delle app e dei dispositivi di monitoraggio indossabili già in commercio nel mondo, collegabili in questo caso direttamente con il dottore di fiducia e dotati di funzioni aggiuntive cruciali nel contrasto al nuovo coronavirus.

LA PRIMA RISPOSTA IN EUROPA

In Europa quasi tutti i governi hanno adottato drastiche misure di diminuzione del contatto sociale e blocchi fisici di città o interi Paesi, come accaduto in Italia. Il controllo della corretta osservanza delle prescrizioni di legge non è tuttavia di facile attuazione, come dimostrato dai dati del Viminale, che nei primi quattro giorni di quarantena ha dovuto registrare un totale di 20mila denunce su 500mila controlli circa.

In Spagna i primi provvedimenti “tecnologici” per ridurre assembramenti di persone hanno visto l’impiego di droni della polizia nazionale per invitare i cittadini a rientrare a casa, specialmente nei parchi. In Italia tali mezzi non sono stati per il momento utilizzati, mentre si è deciso di incentivare il telelavoro mettendo a disposizione gratuitamente modalità di lavoro smart anche attraverso il portale “Solidarietà Digitale” che conta più di 180 servizi digitali per il cittadino e le aziende.

La ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, ha inoltre istituito un gruppo di lavoro per l’adozione di una Strategia nazionale di gestione dei dati al fine di utilizzare i big data al servizio della gestione della crisi. La Regione Lazio ha infine dato il buon esempio lanciando dal 16 marzo una nuova app per permettere il consulto medico a distanza.

AGIRE VELOCEMENTE

L’utilizzo della tecnologia come supporto alla gestione della crisi Covid-19 va senza dubbio accelerata. Sarà necessario nei prossimi mesi in Europa, in attesa della disponibilità di un vaccino, stabilire un nuovo equilibrio tra tutela della privacy, libertà personali e sicurezza medica, e non è da escludere l’adozione di misure simili a quelle cinesi.

In primis, l’utilizzo di droni, già disponibili alle forze di polizia nazionali e locali, per disincentivare le uscite. Efficaci ma intrusive, bisognerà inoltre valutare lo sviluppo di app per la gestione della crisi. Seppur a primo acchito possano sembrare distopiche, in contesti democratici tali misure potrebbero accelerare la ripresa di una normale vita sociale e lavorativa, in particolar nella fase di calo del contagio, senza nuocere alle libertà personali. Per evitare che diventino misure di controllo sociale si potrebbero implementare come misure strettamente momentanee, chiaramente definite temporalmente, unite all’impegno da parte dell’autorità alla totale eliminazione dei dati una volta finita l’emergenza.

Si auspica che la Commissione europea agisca in modo uniforme in questo senso, altrimenti tali soluzioni, se sviluppate autonomamente solo su territori nazionali, comprometteranno ancora di più la già fragile area Schengen. La fase successiva alla riapertura di negozi e uffici andrà gestita capillarmente, per non rischiare di cadere nel più banale errore di questi casi, la seconda ondata di contagi.

(estratto da Affari Internazionali)

 

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