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Tutte le sfide per la sovranità tecnologica dell’Ue

Gli Stati Uniti e la Cina hanno un considerevole vantaggio su Europa e Giappone nella gestione dell'ecosistema tecnologico e l'Europa non ha un'industria che le consenta di avere componenti sovrani per soddisfare le sue esigenze. L'analisi di Giuseppe Gagliano

 

I progetti di iniziativa europea nel campo dell’intelligenza artificiale sono pienamente in linea con il programma Horizon 2020 lanciato nel 2013 ma anche con il programma Horizon Europe che subentrerà nel 2021, con l’obiettivo di finanziare la ricerca e l’innovazione dell’Unione Europea. Quest’ultimo — come noto — si è posto l’obiettivo di creare un’infrastruttura europea di elaborazione ad alte prestazioni di livello mondiale.

Il cuore della battaglia tecnologica in corso a livello internazionale tra i vari attori dell’intelligenza artificiale è quindi essenzialmente incentrato sulla potenza di calcolo. Il calcolo ad alte prestazioni è necessario infatti per simulare e modellare situazioni complesse nei settori dell’industria e della ricerca (apprendimento di tipo Machine Learning e Deep Learning, elaborazione di grandi volumi di dati per rispondere a problemi climatici, sismici ed energetici, ecc.).

Tra i vettori del calcolo ad alte prestazioni, distinguiamo i supercomputer, chiamati anche HPC per il calcolo ad alte prestazioni, e computer quantistici (potenza di calcolo quasi infinita in tempi minimi con un basso tasso di errore). Questi ultimi, apparsi negli anni ’90, sono ancora solo allo stadio di prototipo. Tuttavia, il soggetto privato o il paese che avrà il comando sugli HPC avrà un significativo progresso tecnologico per la ricerca quantistica.

Le sfide del controllo della potenza di calcolo da parte dell’Unione europea consistono nello sviluppare la sua indipendenza e la sua sovranità nell’informatica.

Tuttavia, questo desiderio di sovranità e indipendenza europea potrebbe essere alterato da due questioni. La prima per la presenza di attori privati stranieri nei progetti di iniziativa europea e la seconda per la difficoltà di utilizzare componenti sovrane in supercomputer e computer quantistici (i microprocessori in particolare, provengono principalmente dagli Stati Uniti e dalla Cina).

L’assenza di una politica comune per l’Unione europea attraverso un “buy act” europeo, analogo a quello americano noto come “Buy American Act” in vigore dal 1933, è all’origine della perdita di velocità dell’Unione europea nel controllo della propria catena del valore di fronte alla quantità di componenti americane, cinesi e giapponesi sul mercato. Questa mancanza di visione è certamente un serio ostacolo all’innovazione sulla via dell’indipendenza strategica.

Il progetto EuroHPC con un budget di circa 9 miliardi di euro nel periodo 2018-2033, mira a sviluppare infrastrutture di calcolo ad alte prestazioni. Circa 4 miliardi di euro provengono da attori privati europei ed extraeuropei, il resto è finanziato dalla Commissione Europea e dai 12 Stati membri del progetto. Il consiglio di amministrazione del progetto include partner privati come ETP4HPC (European Technology Platform for High Performance Computing), BDVA (Big Data Value Association) e Prace (Partnership for Advanced Computing in Europe). Ebbene una parte dei membri di questa organizzazione rappresentano soggetti stranieri.

Nel maggio 2017, il Vice President Europe e Director of Research presso Ibm a Zurigo ha chiarito che Ibm è stata coinvolta molto presto nei programmi di ricerca europei insieme ai programmi di ricerca americani. In quanto tale, Ibm è uno dei membri fondatori è presenti nel consiglio di amministrazione del think tank tedesco ETP4HPC. Allo stesso modo, Intel ha fatto parte del consiglio di amministrazione sin dalla sua creazione e Fujitsu è entrata a far parte di esso nel 2018. Queste aziende sono quindi in grado di influenzare le direzioni di ricerca in base ai propri progressi tecnologici.

Se pensiamo a Prace, un’organizzazione internazionale paneuropea senza scopo di lucro, questa fornisce infrastrutture per scienziati e ricercatori nel mondo accademico. Una delle sei strutture di accoglienza Prace si trova nei laboratori del Bsc (Barcelona Supercomputing Center). Nel 2015, il Cea ha indicato in un comunicato che insieme al Bsc, stanno lavorando insieme per creare innovazioni nel campo del calcolo ad alte prestazioni anche se il Bsc ha stretto una partnership con produttori come Ibm, Microsoft, Intel e Nvidia. Ora domandiamoci: come può l’Unione europea migliorare il proprio settore quando vengono posti in essere tali partenariati?

Guardiamo adesso a BDVA che è un gruppo di industriali strettamente legati alla Commissione europea, nato con l’obiettivo di sviluppare un ecosistema dell’innovazione che consentirà la trasformazione digitale dell’Europa attraverso dati e intelligenza artificiale. Sono presenti nel consiglio di amministrazione in particolare, il vicepresidente dell’istituto di ricerca europeo di Huawei Technologies a Düsseldorf, il responsabile del programma per l’Unione europea di Ibm Israele, nonché il responsabile del progetto e della protezione dei dati di NEC Laboratoires Europe (giapponese). Anche in questo caso, gli interessi di queste potenti industrie straniere in termini di acquisizione di informazioni e di influenza delle decisioni non sono in contrasto con gli obiettivi della Commissione europea?

Gli attori emblematici nel campo della componentistica e dell’informatica, ovvero americani, cinesi e giapponesi, hanno da tempo compreso il valore di partecipare al finanziamento di progetti europei. Questo è uno dei motivi per cui si sono affermati in Europa tramite filiali e partnership con centri di ricerca e gruppi industriali. Questo entriamo non ha altro scopo che catturare la conoscenza, saccheggiare le tecnologie e influenzare le decisioni Secondo i loro interessi. In altre parole, la posta in gioco ruota attorno alla padronanza dell’ecosistema.

Gli Stati Uniti e la Cina hanno un considerevole vantaggio su Europa e Giappone nella gestione dell’ecosistema nella misura in cui l’Europa non ha un’industria che le consenta di avere componenti sovrani per soddisfare le sue esigenze. Il Giappone, da parte sua, sembra giocare un ruolo secondario con il controllo parziale del suo ambiente.

La capacità di essere autonomi dalla progettazione fino alla realizzazione è un vero asset strategico. Ad esempio, grazie all’aumento della domanda mondiale di componenti e supercomputer, la Cina — rinomata per essere un’industria della copiatura grazie allo spionaggio informatico — è in grado di porre in essere un vero e proprio “saccheggio tecnologico”.

Altri due importanti problemi tecnici si aggiungono ai tre precedenti e riguardano l’ottimizzazione dei requisiti di potenza e raffreddamento energetico, corollari del calcolo ad alte prestazioni. Infatti, più potenti sono i supercomputer, più energia consumano e più calore emettono. Una delle sfide del miglioramento della potenza di calcolo è lo sviluppo di componenti che richiedono meno energia e che consumano anche meno energia in termini di raffreddamento. L’ottimizzazione del rendimento energetico consentirà di realizzare impianti sempre più complessi ed efficienti.

In definitiva, la presenza di attori stranieri che lavorano allo sviluppo del computing europeo ad alte prestazioni non è in contrasto con il desiderio dell’Unione europea di raggiungere il suo obiettivo di leadership?

Alla fine, l’Europa non è, suo malgrado, un’area di espansione per appetiti stranieri?

La Commissione europea dovrebbe rifocalizzarsi su un sistema di governance paneuropeo più protezionistico rispetto alla fonte di finanziamento e ai componenti.

E’ questa la vera sovranità tecnologica.

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