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Ecco le falle del monitoraggio anti Covid-19 con la riapertura. Report Gimbe

Pochi tamponi, ritardi su test sierologici e non solo: che cosa non va nel monitoraggio della pandemia in Italia anche dal 3 giugno. Il report aggiornato della fondazione Gimbe

Che cosa sta succedendo su tamponi e test con la riapertura partita il 3 giugno?

A questa domanda cerca di rispondere un report aggiornato della fondazione Gimbe con numeri, analisi e critiche: non mancano le falle nel monitoraggio, secondo l’organismo indipendente presieduto da Nino Cartabellotta.

Ecco tutti i dettagli, secondo lo studio della fondazione.

LA FALLA DELLE 3T: TEST, TRACCIAMENTO E TRATTAMENTO

Partiamo dai tamponi utilizzati. Secondo i dati raccolti dalla Fondazione Gimbe , in queste settimane, la percentuale dei tamponi diagnostici si è ridotta mediamente del 6%, seppur in misura variabile tra le Regioni. Insomma, quanto detto nel rapporto ISS, sul fatto che “nel Paese è cambiato per essere rafforzato a livello regionale politiche di test e screening in modo da identificare il maggior numero di casi”, non sembra corrispondere al vero, seppur è da tenere presente il fatto che in alcune Regioni sono stati avviati i test sierologici (non monitorati a livello nazionale).

APP IMMUNI

La diminuzione del numero dei test riscontrato vanifica, in parte, l’ applicazione dell’app Immuni che non solo è realmente funzionale se utilizzata da almeno il 60-70% della popolazione, ma anche e soprattutto se supportata da un potenziamento dell’attività di testing a livello nazionale.

INDAGINE SIEROEPIDEMIOLOGICA

Siamo in ritardo, per comprendere la diffusione reale del virus, anche sull’analisi epidemiologica. Ad oggi, ricorda la Fondazione Gimbe, “non sono ancora disponibili i risultati che funzionano offrire un elemento di valutazione sulla circolazione del virus”.

NON E ‘MOMENTO DI MOLLARE LA PRESA

Eppure, nonostante le misure allentino, non è ancora arrivato il momento di mollare la presa da un punto di vista dei monitoraggi. E a ricordarlo sono i numeri di alcune regioni, secondo i dati relativi al periodo 18 maggio-3 giugno.

La percentuale dei tamponi diagnostici positivi, seppur in riduzione, rispetto alla media nazionale (1,48%) è ancora elevata in Liguria (4,3%), Lombardia (3,83%) e Piemonte (2,69%).

TamponiQueste tre regioni riportano un’incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti nettamente superiore alla media nazionale (13): Lombardia (44) Liguria (36), Piemonte (26), con una propensione all’attuazione di tamponi diagnostici sopra alla media nazionale ( 891) in Lombardia (1.149) e Piemonte (952). In Liguria si effettuano 840 ogni 100.000 abitanti.

RIAPERTURA DEI CONFINI INTERNAZIONALI

In tutto questo sono riaperti i confini internazionali, ed il nostro Paese non ha previsto alcuna valutazione del rischio da parte dei Paesi dell’area Schengen e del Regno Unito. Chi arriva, dal 3 giugno, non è più dovuto all’obbligo di quarantena.

LE FALLE DELLA COMUNICAZIONE

L’allentamento delle misure e il rallentamento indiscusso dell’epidemia, coincidono anche con lo stop alla conferenza stampa della Protezione Civile. L’appuntamento istituzionale per la comunicazione dei dati di monitoraggio resta quello settimanale dell’ISS, ma denuncia la fondazione Gimbe, i dati non sono pubblicamente disponibili a cittadini e commerciali. I soli dati disponibili sono relativi al monitoraggio delle singole Regioni e i valori di RT contenuti nell’ultimo bollettino epidemiologico dell’ISS (Valori che rispecchiano le conseguenze dell’apertura primaria. sarà valutato e quello della riaperture del 3 giugno sarà valutabile non prima di 2 settimane).

IL COMMENTO DI CARTABELLOTTA

“L’attitudine alla strategia delle 3T è molto variabile tra le Regioni e non coinvolge i dati sistematici sugli screening sierologici”, commenta il Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.

“Rispetto al battage mediatico della fase 1, la comunicazione istituzionale è significativamente indebolita, alimentando un senso di falsa sicurezza che può influenzare negativamente i cambiamenti delle persone”, aggiunge Cartabellotta, ribadendo “la necessità di non abbassare la guardia perché il Paese non può permettersi nuovi blocchi: il rischio di una seconda ondata dipende, oltre che da imprevedibili fattori collegati al virus, dalle strategie di tracciamento e dall’isolamento dei casi attuati dalle Regioni e dagli stessi specifici. Se tuttavia l’improrogabile scelta di riaprire per rilanciare l’economia è è solo sull’andamento dei ricoveri e delle terapie intensive, è giusto dichiararlo apertamente ai cittadini con un gesto di grande onestà e responsabilità politica ”.

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