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Tsmc, Tokyo Electron e la competizione tra “amici”

Un ex dipendente di Tokyo Electron è sospettato di aver sottratto segreti industriali a Tsmc, la più importante azienda manifatturiera di microchip al mondo. Il caso ci ricorda che la proprietà intellettuale è centrale nella competizione tecnologica. L'analisi di Alessandro Aresu.

Una vicenda emersa negli ultimi giorni mette di nuovo in relazione i temi della proprietà intellettuale e dello spionaggio industriale con l’ecosistema dei semiconduttori. Sono aspetti che hanno spesso caratterizzato l’attenzione dei Paesi Bassi e della sua intelligence, per il ruolo di ASML, oltre alle ormai consuete tensioni tra Stati Uniti e Cina.

L’ultimo caso in discussione riguarda TSMC, leader mondiale nella produzione di semiconduttori, che ha rilevato “attività non autorizzate” e potenziali fughe di segreti commerciali relativi ai suoi ultimi processi tecnologici. L’indagine per ora ha rivelato che diversi dipendenti, attuali ed ex, sono sospettati di aver tentato di ottenere informazioni sensibili e dati confidenziali sui flussi di processo e le strutture di progettazione.

Tra i sospettati c’è un ex dipendente di TSMC che, dopo aver lavorato per il gigante taiwanese, era passato a Tokyo Electron, il maggiore produttore giapponese di apparecchiature per semiconduttori. L’azienda giapponese a sua volta ha annunciato il licenziamento di questo dipendente, confermando il coinvolgimento e assicurando piena collaborazione con le autorità taiwanesi. I dettagli sulla vicenda sono ancora vaghi e vanno presi con cautela, ma essa si inserisce in una serie più ampia di casi di spionaggio e di furto industriale, più o meno sofisticati, che hanno preso di mira TSMC, segno della crescente e agguerrita competizione regionale.

Va ricordato che Tokyo Electron è un attore cruciale, seppur meno noto al grande pubblico, nel panorama globale dei semiconduttori. Fondata nel novembre 1963, è diventata il più grande produttore giapponese di apparecchiature per semiconduttori. Come spiegato in un dettagliato video di Asianometry, negli anni ‘90, con il declino dell’industria giapponese, Tokyo Electron ha saputo ampliare la sua presenza globale, divenendo un fornitore chiave per Intel, Samsung e TSMC, e non più dipendente dal mercato interno. Tokyo Electron ha numerose linee di business nelle apparecchiature per la produzione di semiconduttori, dalla deposizione al dry etching, passando per i vari processi di pulizia.

Mentre Tokyo Electron ha saputo rinnovarsi, il Giappone ha cercato solo di recente di rispondere in modo vigoroso al declino subito nei rapporti di forza globali dell’industria dei semiconduttori rispetto ai fasti degli anni ’80. I programmi del governo di Tokyo hanno identificato in modo chiaro questa priorità e investito in termini consistenti per recuperare parte della strada perduta rispetto alle altre potenze regionali del settore, in particolare Taiwan e Corea del Sud.  Al centro di questa strategia c’è da qualche anno Rapidus, una startup sostenuta dal governo giapponese e da giganti industriali come Toyota Motor, NTT, Sony, SoftBank e altri. Rapidus rappresenta il primo serio tentativo del Giappone in decenni di produrre in massa chip logici alla frontiera tecnologica. Un passo importante è stato compiuto di recente, a luglio, con l’annuncio di Rapidus ha annunciato di aver prodotto con successo il primo transistor da 2 nm in Giappone, un traguardo ottenuto anche con una macchina di litografia avanzata fornita da ASML.

Il progetto giapponese ha un costo stimato di decine di miliardi, a cui dovranno continuare a contribuire sia i pubblici che i privati, nel mezzo della concorrenza degli altri attori. Allo stesso tempo, il Giappone ha investito nella presenza di TSMC nel proprio territorio, benedetta dal fondatore dell’azienda taiwanese, Morris Chang, a Kumamoto.

Il caso che coinvolge TSMC e Tokyo Electron, che nel corso del tempo sarà compreso meglio nei suoi contorni giuridici, ci ricorda già ora quanto la proprietà intellettuale e i segreti industriali siano oggi parte della competizione tecnologica. E che la competizione non si gioca solo tra Pechino e Washington, ma anche tra le varie potenze tecnologiche asiatiche, ansiose di guadagnare terreno l’una sull’altra.

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