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Sparkle Africa

Tim, i veri conti di Sparkle e la sfida Elliott-Vivendi (che incalzano governo e Cdp)

C'è un gioco delle parti per nulla concordato fra Elliott e Vivendi a chi incalza il governo e la Cdp su Telecom Italia Sparkle?

C’è un gioco delle parti per nulla concordato fra Elliott e Vivendi a chi incalza di più il governo e la Cdp su Telecom Italia Sparkle?

E’ quello che molti esponenti della maggioranza che sostiene l’esecutivo Conte si stanno chiedendo in queste ore dopo parole, sbuffi e iniziative a sorpresa sul dossier della società dei cavi internazionali di tlc che è considerata strategica e dunque sottoposta alla normativa golden power.

Nel frattempo analisti e banche d’affari stanno ricominciando a valutare la società dopo che il processo di vendita di Sparkle è ufficialmente iniziato viste le parole del presidente di Tim, Fulvio Conti, nei giorni scorsi.

I NUMERI DI SPARKLE

I multipli di mercato assegnerebbero un valore a Sparkle di circa 850-900 milioni, più o meno la stessa cifra che due anni fa la Cdp era disposta a riconoscere a Tim, ha scritto oggi il Corriere della Sera: “Negli ultimi tre anni Sparkle ha rallentato la crescita: dai 198 milioni di Ebitda del 2015 è passata a 182 milioni nel 2016 e a 154 milioni nel 2017 e la proiezione sul 2018 arriva a 110-120 milioni”.

L’anno scorso il bilancio di Sparkle ha chiuso con una perdita di 34 milioni di euro, rispetto a un utile di 111 milioni l’anno precedente. A incidere è stata anche la voce “imposte” per oltre 40 milioni di euro (2 milioni l’anno precedente) e i ricavi da partecipazioni (crollati da 113 milioni nel 2016 a 6 milioni).

CHE COSA E’ CHE COSA FA SPARKLE

Telecom Italia Sparkle è la controllata di Tim che gestisce la rete primaria che porta l’informazione tra i grandi server. Attraverso una dorsale in fibra ottica (la Seabone, South East Access backbone) di 530 mila chilometri Sparkle porta in Europa, in America, in Asia e nel resto del mondo il traffico telefonico e dati generato dai clienti Tim ma rivende anche i servizi ad altri operatori. E’ il settimo operatore mondiale del settore e il secondo in Europa, dietro TeliaSonera e tra i suoi principali concorrenti ci sono Orange e Tata.

IL QUARTIER GENERALE IN SICILIA

Il suo “quartier generale” è in Sicilia, da dove partono le reti di connessione. Ha uffici in 36 Paesi, compresa l’Arabia Saudita e l’India, con 756 dipendenti complessivi. Di recente ha aperto un nevralgico punto di accesso (Pop, Point of Presence) in Iran, a Teheran, prima e unica compagnia occidentale ad essere stata autorizzata. Rilevante la presenza in Europa, Mediterraneo e America. “Più mirata la presenza in Medioriente, Asia e Africa”, scrivono gli amministratori nella relazione. I progetti di espansione al momento si concentrano sempre più sul Mediterraneo e in Turchia. Mentre nei mesi scorsi è stato chiuso l’ufficio di rappresentanza a Mosca.

LE AMBIGUITA’ DI VIVENDI

Sul tema Vivendi non si era mai espressa chiaramente fino a due giorni, quando l’amministratore delegato di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, ha detto: “Sono d’accordo con le dichiarazioni del vice presidente del Consiglio, Di Maio: Sparkle non si deve vendere, perché strategica per l’Italia”.

Un tentativo da parte dei francesi del gruppo di Bolloré per venire incontro alle attese del governo, sospettoso per le mosse di Francia e francesi sui dossier industriali, finanziari e geopolitici (qui l’analisi di Guido Salerno Aletta). E cercare di strattonare anche la Cdp, che è entrata in Tim prima delle elezioni a sostegno del fondo Elliott. E conservando Sparkle, può avere una pietra di scambio in un’eventuale partita con Mediaset.

LA POSIZIONE DI ELLIOTT

Il fondo americano, invece, su Sparkle è stato chiaro già prima di presentare una lista per il consiglio di amministrazione di Tim. Elliott ha infatti da tempo auspicato la cessione di Sparkle, nell’ambito di operazioni sistemiche che riguardano anche la rete (qui l’approfondimento di Start Magazine sul documento del fondo Usa).

LE PAROLE DI GENISH

A maggio il capo azienda Amos Genish, durante la presentazione dei conti del trimestre agli analisti, aveva detto che “Sparkle non è core business quindi continueremo a considerare un deconsolidamento anche se la vicenda del golden power mostra come possa essere piuùcomplesso di quanto non avevamo immaginato”. L’accelerazione di Genish gradita a Elliott su Sparkle indica anche, indirettamente, la volontà del fondo americano di incalzare governo e Cdp (qui tutte le indiscrezioni di Start Magazine sul tema).

LO SCENARIO CON CDP

I vincoli legati alla natura strategica della società – e la necessità di un via libera governativo alla cessione – limitano i possibili acquirenti. Secondo le indiscrezioni, sarebbe comunque lo Stato, tramite la holding Cdp o una controllata o partecipata (come F2i) della Cassa depositi e prestiti, a rilevare Sparkle, ha scritto da giorni Start Magazine. Tutto da vedere, poi, se l’operazione andrà in simbiosi o meno con l’idea di una società unica delle reti con Open Fiber (controllata da Cdp ed Enel).

Due anni fa, quando era in gestazione Open Fiber, la Cdp aveva avviato una trattativa con Tim per uno scambio tra Metroweb e Sparkle. Trattativa non proseguita per differenti valutazioni. “Oggi alla Cassa c’è un nuovo vertice, guidato dall’amministratore delegato Fabrizio Palermo, e assicurano che sul suo tavolo non c’è un dossier Sparkle. Almeno non ancora”, ha scritto il Corsera oggi.

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