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Rete Tim

Tim, cosa cambia dopo l’ok Antitrust a FiberCop

Portata ed effetti della decisione dell'Antitrust su FiberCop. 

E FiberCop sia. Arriva da Piazza Verdi, sede dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, il via libera agli accordi di accesso all’infrastruttura di FiberCop, la società nata come veicolo per realizzare le reti secondarie in fibra ottica. L’Antitrust ha dunque accettato gli impegni proposti da TIM, Fastweb, Tiscali e dalle società del fondo statunitense KKR dopo l’avvio dell’istruttoria, a dicembre 2020, per la presenza di numerosi problemi concorrenziali negli accordi. Un disco verde che arriva dopo molto lavoro e una serie di audizioni delle parti e degli intervenienti, ossia società ammesse al procedimento istruttorio dopo aver presentato un’istanza motivata. Tra di esse ci sono Open Fiber, Sky Italia, Vodafone, Wind Tre.

COS’E’ FIBERCOP

FiberCop, costituita a novembre 2020 e operativa dallo scorso aprile, è una società controllata per il 58% da TIM, per il 37,5% da Kkr e per il 4,5% da Fastweb. Al momento il capitale sociale è interamente detenuto da Tim ma – come si legge nel provvedimento dell’AGCM – il progetto prevede che in un secondo momento entrino pure Teemo e Fastweb. Amministratore delegato è Carlo Filangieri, presidente è Massimo Sarmi. Obiettivo di FiberCop è quello di sviluppare i servizi digitali tramite connessioni ad alte prestazioni in fibra ottica e, come si legge sul sito del gruppo, la spa “opera in linea con il modello di coinvestimento aperto a tutti gli operatori, rappresentando il primo caso in Europa di applicazione su scala nazionale delle direttive Ue”. La rete in fibra ottica di FiberCop, si informa ancora, raggiungerà oltre 16 milioni di unità immobiliari.

L’ISTRUTTORIA

Il procedimento istruttorio è stato avviato perché – così com’erano confezionati – gli accordi avrebbero portato a una riduzione della concorrenza nei mercati all’ingrosso delle telecomunicazioni fisse senza determinare una reale infrastrutturazione degli operatori alternativi a TIM. Questi ultimi – date le caratteristiche del progetto, relativo alla sola rete secondaria – sarebbero diventati solo “meri rivenditori di servizi di TIM”, senza alcuna differenziazione qualitativa o economica significativa.

Secondo l’Antitrust, invece, la concorrenza infrastrutturale, la pluralità di reti e di fornitori all’ingrosso e al dettaglio in concorrenza è “un elemento imprescindibile nel mercato delle telecomunicazioni, guidato dalla logica della scala degli investimenti”. L’indipendenza infrastrutturale “si traduce in migliori servizi – come profili di velocità maggiori e differenti rispetto agli standard regolati -, in maggiori efficienze economiche della rete che conducono a vantaggi per gli operatori di telecomunicazioni e a benefici per i consumatori”. Peraltro l’Autorità ricorda che “in grandi aree del territorio nazionale la domanda di servizi di comunicazione permette la compresenza di più reti di telecomunicazione fissa, già terminate o in corso di ultimazione. La condivisione di alcuni costi di investimento permetterà di ampliare il novero delle aree in cui potrà esistere una concorrenza di natura infrastrutturale”.

GLI IMPEGNI

In una nota diffusa dall’Antitrust si evidenzia che “gli impegni accolti si basano su due pilastri, che consistono nel ridurre le barriere all’acquisizione dei clienti, ovvero gli operatori di telecomunicazione, nel mercato all’ingrosso delle telecomunicazioni fisse, favorendo una piena concorrenza infrastrutturale” e “nel favorire l’infrastrutturazione tramite la riduzione dei relativi costi e l’individuazione di stringenti scadenze temporali e obiettivi di copertura”. In questo modo diminuiscono i rischi di preclusione della domanda di servizi di telecomunicazione all’ingrosso da parte degli operatori di telecomunicazione, “riducendo i minimi garantiti e la scala geografica di adesione al progetto (da nazionale a comunale o sub-comunale) e introducendo profili di adesione al progetto FiberCop basati su diritti di lungo periodo, senza minimi garantiti”.

Sul fronte degli investimenti, negli impegni TIM ha fornito un “cronoprogramma certo e definito del piano di infrastrutturazione” e si è impegnata a dare, insieme a FiberCop, informazioni che aiutino gli operatori alternativi a pianificare gli investimenti. Inoltre TIM “faciliterà l’infrastrutturazione degli operatori alternativi offrendo loro la fibra spenta in rete primaria, riducendone quindi i costi e le tempistiche di infrastrutturazione”. Sempre dal punto di vista dell’infrastrutturazione, Fastweb si è impegnata ad effettuare un percorso fino al 2026 in modo da accedere ai servizi di FiberCop “in qualità di operatore effettivamente indipendente da TIM” e Tiscali ha modificato o risolto alcuni contratti che non determinavano alcuna infrastrutturazione e invece limitavano la contendibilità della fornitura all’ingrosso.

LE VALUTAZIONI DELL’AUTORITA’

In definitiva, si legge ancora nel provvedimento dell’AGCM, “alcune clausole dei contratti in esame avrebbero potuto, contrariamente agli obiettivi dichiarati del progetto FiberCop, ridurre la concorrenza nei mercati dei servizi all’ingrosso e al dettaglio di telecomunicazione a banda larga e ultra-larga, generando altresì un effetto distorsivo sugli investimenti, risultando nei fatti discriminatorio – favorendo l’erogazione di taluni servizi attivi rispetto ai servizi di accesso passivo o talune soluzioni tecnologiche rispetto ad altre – e disincentivando una concorrenza basata sugli investimenti, nonché aumentando le barriere all’ingresso”. Gli impegni, “così come integrati e modificati”, secondo Piazza Verdi sono però “idonei a valorizzare le componenti di efficienza dell’accordo di coinvestimento tra le quali rientra anche il potenziale miglioramento della concorrenza infrastrutturale nei mercati delle telecomunicazioni su rete fissa e capaci di rimuovere le problematiche di natura concorrenziale che erano state individuate dall’Autorità” nell’avvio dell’istruttoria.

Inoltre, anche alla luce delle finalità alla base della strategia italiana per la banda ultra-larga, il provvedimento adottato consente di raggiungere entro il 2026 gli obiettivi di connettività a 1 Gbit/secondo in tutto il Paese. A Piazza Verdi si sottolinea anche un altro aspetto ovvero l’obiettivo di far rispettare effettivamente gli impegni presi. A questo proposito è previsto “un articolato sistema di monitoraggio e di vigilanza sull’adempimento degli obblighi assunti e sul puntuale rispetto degli obiettivi di copertura”. Una prima verifica, si fa sapere, avverrà entro sessanta giorni.

IL PARERE DELL’AGCOM

Il 14 gennaio scorso, riferisce l’Antitrust, è arrivato anche il parere dell’Autorità Garante delle Comunicazioni che – si legge – “condivide in via generale le conclusioni dell’Autorità secondo cui gli impegni appaiono idonei a porre rimedio alle preoccupazioni concorrenziali sollevate nel provvedimento di avvio dell’istruttoria, fermo restando i profili di natura regolamentare che appaiono essere di natura complementare rispetto alle considerazioni antitrust”.

LE REAZIONI

Soddisfatti i protagonisti della vicenda a partire da Tim che, in un commento rilasciato alle agenzie di stampa, esprime “soddisfazione in merito alla decisione AGCM che ha approvato gli impegni relativi alla cooperazione tra TIM, KKR e Fastweb per la costruzione della rete in fibra sul territorio nazionale attraverso la costituzione della società FiberCop, che ha già acquisito l’interesse di diversi operatori sul mercato”. Per il gruppo guidato da Pietro Labriola la decisone di Piazza Verdi “conferma l’efficacia del progetto che sta imprimendo un’accelerazione nello sviluppo di infrastrutture di rete di ultima generazione, a beneficio della digitalizzazione dell’intero Paese”. Esattamente le stesse parole sono riportate in un comunicato stampa di FiberCop mentre Tiscali evidenzia in una nota come l’Autorità abbia “valutato positivamente l’impegno assunto congiuntamente da Tiscali Italia S.p.A. e TIM di risolvere formalmente il contratto di co-investimento sottoscritto a novembre 2020, basato sui servizi attivi e, di conseguenza, separare il contratto di razionalizzazione della rete Tiscali limitandone altresì l’ampiezza in termini di linee da attivare su rete Tim”. La società dell’ad Riccardo Ruggiero, in caso di futura adesione al co-investimento, si è impegnata “a limitare l’ammontare di linee minime garantite, mantenendo la propria domanda contendibile sul mercato dei servizi di accesso wholesale”.

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