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Tiktok Tok Meta Tassa Ue

La guerra di TikTok e Meta a Bruxelles sulla tassa di vigilanza per il Digital Services Act

TikTok e Meta hanno presentato un ricorso legale contro il metodo di calcolo, adottato dalla Commissione Ue, della tassa di vigilanza che imporrebbe alla due aziende di pagare tariffe più elevate rispetto ai concorrenti. Fatti, numeri e approfondimenti

TikTok e Meta scendono in battaglia contro la supervisory fee, ovvero la tassa di vigilanza dell’Ue.

La piattaforma cinese di social media TikTok e Meta Platforms (il gruppo che include Facebook, Instagram e WhatsApp) stanno facendo ricorso ai tribunali dell’Ue contro le tariffe imposte ai sensi del Digital Services Act.

Secondo Bloomberg, TikTok ha trascinato la Commissione europea in tribunale il 6 febbraio e Meta ha presentato ricorso il giorno prima, come mostrano i documenti depositati.

Nello specifico, la piattaforma cinese di proprietà di BydeDance ha contestato una commissione di vigilanza pari allo 0,05% del suo reddito netto annuo mondiale per coprire i costi sostenuti dai regolatori dell’Ue per monitorare la conformità alle nuove norme Ue, la seconda società a farlo dopo il gruppo fondato da Mark Zuckerberg.

Entrambe le società stanno attaccando il metodo dell’Ue di calcolo di queste tariffe, affermando che finiranno per pagare una quota molto maggiore rispetto ad altri giganti della tecnologia che potrebbero anche avere una base di utenti più ampia.

COSA STABILISCE IL DSA

Entrato in vigore l’anno scorso, il Digital Services Act (Dsa) dell’Ue obbliga le società di social media ad assumere più moderatori di contenuti e a utilizzare metodi di mitigazione del rischio per ridurre la diffusione di contenuti dannosi, mentre i mercati online devono rintracciare i venditori e consentire ai clienti di segnalare prodotti illegali. Le aziende che non si conformano potrebbero rischiare multe fino al 6% delle entrate annuali, o addirittura essere bandite dal blocco se infrangono ripetutamente le regole.

Inoltre, ai sensi del Dsa, le aziende che sono state designate come piattaforme online molto grandi (tra cui Meta e TikTok appunto) – quelle con più di 45 milioni di utenti attivi mensili in Europa – sono tenute a dividere i costi necessari per applicare le nuove regole in base al numero di utenti che hanno.

Ovvero pagare questa tassa di supervisione imposta dall’Ue, destinata a finanziare il lavoro dei moderatori.

COME SI CALCOLA LA TASSA UE CONTESTATA DA META E TIKTOK

L’entità della tariffa tiene conto della media degli utenti attivi mensili per ciascuna azienda e se ha registrato profitti o perdite nell’anno finanziario precedente.

LA PROTESTA DI TIKTOK

“Non siamo d’accordo con la tariffa e stiamo facendo appello per una serie di motivi, incluso l’uso di stime errate di terze parti del nostro numero di utenti attivi mensili come base per il calcolo dell’importo totale”, ha detto un portavoce di TikTok.

E QUELLA DI META

Anche Meta ha affermato che, pur sostenendo gli obiettivi delle nuove regole e avendo già apportato modifiche per rispettarle, non è d’accordo “con la metodologia utilizzata per calcolare queste commissioni”.

“Attualmente, le aziende che registrano una perdita non devono pagare, anche se hanno una vasta base di utenti o rappresentano un onere normativo maggiore”, si legge in una nota. Ciò significa che “alcune aziende non pagano nulla, lasciando che altre paghino una somma sproporzionata rispetto al totale”, ha aggiunto la società di Menlo Park.

LA POSIZIONE DELLA COMMISSIONE UE

Da parte sua, la Commissione europea difenderà la sua posizione in tribunale, ha fatto sapere in una nota un portavoce dell’esecutivo dell’Ue.

“La nostra decisione e metodologia sono solide”, ha detto il portavoce di Bruxelles aggiungendo che tutte le aziende tecnologiche interessate avevano già pagato le tariffe dovute entro entro il 31 dicembre 2023.

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