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Spazio

Le tecnologie per lo spazio al tempo del nazismo

Le prime applicazioni delle attività spaziali nacquero dalla sciagurata ideologia di quel regime di follia omicida chiamato nazismo. L'approfondimento di Enrico Ferrone

Oggi si celebra in tutto il mondo il Giorno della Memoria per ricordare le vittime dell’Olocausto, secondo la risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005 durante la 42ª riunione plenaria. La data è simbolica e fu scelta perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder, liberarono quanto rimaneva del campo di concentramento polacco di Auschwitz e il campo di sterminio di Birkenau.

È sempre essenziale dare voce a questi ricordi che testimoniano l’orrore di quanto avvenuto nel Vecchio Continente e che ha colpito anche un numero imprecisato ma molto alto di cittadini del nostro Paese per un dissennato sovranismo di emulazione e misera sudditanza.

La storia tende sbiadire molte cose. Una di queste è che le prime concrete applicazioni delle attività spaziali che oggi rendono intoccabile l’immagine delle tecnologie di diverse grandi potenze, nacquero proprio dalla sciagurata ideologia di quel regime di follia omicida chiamato nazismo.

I PADRI DELLA MISSILISTICA MODERNA

Non abbiamo… spazio in queste righe per raccontare le prime intuizioni di cultori e visionari che guardavano il cielo e gli altri pianeti dell’universo con l’occhio della sola immaginazione. Facciamo però due nomi perché senza questi scienziati nulla di quanto stiamo vivendo adesso in campo spaziale sarebbe stato concepibile; dagli Sputnik sovietici al programma lunare Apollo, alla Stazione Spaziale Internazionale e alla prossima missione lunare Artemis.

Il primo fu il russo Konstantin Tsiolkovsky che già nel 1880 teorizzò un modello matematico per raggiungere lo spazio più alto con dei razzi con diversi stadi alimentati a combustibile liquido. Quell’equazione in grado di determinare la velocità di volo rappresenta ancora la base di calcolo di ogni progetto missilistico. Un altro fu l’americano Robert Goddard che nel lontano 1926 progettò un razzo anche lui a combustibile liquido. Le sue idee però, così rivoluzionarie, furono ridicolizzate dai colleghi e anche dalla stampa saccente e ignara, che sentenziava senza fondamenti cognitivi. Allora, naturalmente, eh!

Oggi la Nasa li considera padri della missilistica moderna, assieme al tedesco Hermann Oberth.

Già, un tedesco, per quanto Oberth fosse nato in Transilvania e fu naturalizzato cittadino della Germania dopo aver conseguito la laurea in medicina e aver partecipato alla Prima Guerra Mondiale ne ranghi delle infermerie dei fronti più cruenti. Ma l’ex rumeno sentì molto presto di non essere portato per indossare un camice bianco e si diede più pacificamente -diciamo così- agli studi della fisica, reiscrivendosi all’università e compilando a fine corso una tesi sui razzi, che fu sbeffeggiata come pura utopia.

Oberth poi si inserì nell’insegnamento e ebbe tra i suoi allievi Wernher von Braun, il gelido barone nativo di Wyrzysk, oggi su territorio della Polonia ma tra i due a quel tempo non vi furono rapporti stretti di collaborazione. Si dice infatti che Oberth non ebbe gran ruolo nella progettazione dei V2 prodotti per assoggettare il mondo al potere del Führer, eppure si sa di sue visite nell’isola di Usedom, nel land del Meclemburgo-Pomerania Anteriore. Nella parte nord-orientale della terra circondata dal mar Baltico, nel comune di Peenemünde sorgeva Heeresversuchsanstalt, un grosso sito di sperimentazione e sviluppo missilistico dove la Wehrmacht aveva inviato i più dotati scienziati per realizzare un’arma risolutiva. Pare anzi che il professore preferì dedicarsi ai razzi antiaereo a combustibile solido, che studiò a Wittenberg, una delle città preferite da Martin Lutero per i suoi ritiri spirituali.

LA GRANDE – E TERRIBILE – INNOVAZIONE DI VON BRAUN

Chi invece credeva tanto nella missilistica di attacco era proprio quel von Braun, maggiore delle SS, determinato a mettere a punto un ordigno in grado di colpire Londra e probabilmente anche New York se avesse avuto il tempo di completare il suo progetto intercontinentale V10.

Quale fu la grande innovazione che gli ordigni del nobiluomo polacco apportarono alla dottrina di sterminio delle popolazioni, così cara ai nazisti? L’idea era di caricare una o più bombe su un missile balistico  -il primo realizzato – e lanciarlo ai margini dello spazio: un razzo monostadio alimentato da alcol e ossigeno liquido, capace di trasportare circa una tonnellata di materiale distruttivo a oltre 5.600 km. di distanza, alla quota di quasi 100 km. Più efficace di qualsiasi aeroplano allora in volo.

Nei primi giorni del conflitto, Adolf Hitler non si lasciò entusiasmare dal programma missilistico che gli prospettava il capitano di artiglieria Walter Dornberger, troppo complicato e costoso per il rude caporale ossessionato dal proposito di diventare il padrone del mondo ma poi, tre anni dopo, le cose della Grande Germania non stavano andando così bene come lui aveva sognato e il 22 dicembre 1942 lo stesso dittatore ne autorizzò la produzione come arma di vendetta. Da che cosa poi, sarebbe bene saperlo.

La produzione missilistica iniziò nei siti di Peenemünde, Friedrichshafen e Wiener Neustadt e quando alla fine del 1943, nell’operazione Hydra, ben 324 Lancasters, 218 Halifaxes e 54 Stirlings della Raf britannica attaccarono l’isola che si riteneva abitata solo da inermi pescatori -causando 700 vittime tra civili e militari, ma lasciando quasi intatti gli impianti produttivi- lo Stato Maggiore tedesco considerò che restare sull’isola fosse troppo pericoloso per la realizzazione di materiale bellico così strategico e tutta la produzione fu spostata nelle strutture sotterranee di Ebensee in Austria e Nordhausen, utilizzando manodopera di internati del vicino campo di concentramento di Mittelbau-Dora ridotti nella peggiore schiavitù. Fu un altro crimine del regime, perché sembra che almeno 20.000 prigionieri siano morti mentre lavoravano nel solo stabilimento della Turingia.

In tutto furono costruiti 5.700 missili V2 nelle varie strutture. I nazisti, come racconta Difesa on-line, secondo quanto emerge da un nuovo ed inedito documento venduto presso la casa d’asta Chiswick, arrivarono a scagliare gli ordigni anche contro i propri civili per testare l’effetto delle nuove armi. Non se ne sa molto perché le prove principali sono state accuratamente distrutte. Ma i lanci indirizzati a Londra -dall’8 settembre 1944 al 27 marzo 1945- e sul porto di Anversa hanno provocato la morte di circa 9.000 persone. Un bilancio amaro di una ricerca che avrebbe dovuto avere sin dall’inizio le migliori finalità.

Alla fine della disfatta nazista, Stati Uniti e Unione Sovietica poterono disporre di un bottino impressionante di reperti e di tecnici e scienziati ormai redenti e pronti a passare al nemico pur di salvare la pelle e potersi affermare in quel mondo che avevano studiato per annientare. Un numero incredibile di casse di V2 smontati furono trasportate al di là dell’Atlantico per produrre i primi lanciatori balistici. Altri colli furono caricati su treni e inviati oltre gli Urali. È così che la Russia comunista vinse le prime tranche della corsa allo spazio con il missile R-1 e con lo R-7 “Semërka”.
Wernher von Braun e tutto il gruppo dei suoi colleghi si trasferì negli Stati Uniti e alla fine realizzò il progetto Apollo che portando 12 uomini sulla Luna, fece vincere definitivamente al suo ex avversario la gara di ingaggio sulla Luna.

Qualcosa di quella che gli americani chiamarono operazione Paperclip per il recupero di documenti e scienziati utilizzabili per le attività spaziali rimase anche in Europa: in Francia e Gran Bretagna, desiderose entrambe di armarsi del potere nucleare, inutile senza i vettori adatti.

All’inizio del nostro racconto abbiamo parlato di Oberth. Dopo essere stato qualche volta a Peenemünde, dove si stava lavorando sui V2 alla fine della guerra si rifugiò sotto falso nome in Svizzera e poi il generale delle Armi Navali Sergio Pellegrini ai primi del 1951 dopo aver letto alcuni articoli su Interavia, lo convinse a trasferirsi in Italia, a La Spezia, alla Commissione permanente per gli esperimenti del materiale da guerra per studiare più a fondo i missili a nitrato d’ammonio. Lo scienziato esule portò con sé il figlio Adolf e tre tecnici tedeschi; cinque altri suoi collaboratori erano però italiani. La permanenza del rumeno-tedesco durò poco. E il progetto per convertire l’incrociatore Garibaldi al lancio di missili balistici dai suoi ponti prese un’altra deriva: il 23 febbraio 1954 infatti Oberth lasciò la città ligure perché la Marina chiuse il suo contratto per scarso rendimento. Un’abile manovra per non restituire all’Italia il lavoro per il quale era stato profumatamente pagato. E forse perché fu così perché si decise di comprare negli US quanto ci occorreva. Poco dopo essere stato liquidato, Oberth si imbarcò per l’America e con la famiglia raggiunse fedelmente von Braun a Huntsville, in Alabama dove si stavano cantierizzando i primi Redstone. Ma anche lì quest’uomo senza pace restò un tempo limitato per far poi ritorno in Europa fino alla fine dei suoi giorni.

LA GUERRA E L’ACCELERAZIONE TECNOLOGICA

Gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e forse anche la Cina, avrebbero raggiunto la Luna senza gli scienziati appartenenti ai ranghi di uno dei più orrendi regimi di questi ultimi secoli? Difficile dirlo. Si sa che ogni guerra accelera vorticosamente i progressi tecnologici necessari a affermare la propria superiorità. La Germania che si è macchiata dei crimini di cui oggi si ricorda la ferocia forse è stata la più rapida. Ma quelle nazioni che ne hanno beneficiato utilizzando personale e materiale requisito – della Cina ne parleremo prossimamente – sono state sicuramente le più scaltre ad ammantarsi dei successi conseguiti.

Quel che resta non è solo una grande vetrina internazionale fatta di donne e uomini che valicano le barriere dell’atmosfera terrestre per recarsi sulla Stazione Spaziale e a breve, tornare sulla Luna. I satelliti di telecomunicazioni e di osservazione della Terra hanno cambiato la vita di tutti noi. Ma in troppi quartier generali militari dei Paesi più potenti alberga un pericoloso rigurgito di un trascorso violento che medita continuamente di disseminare armi e trappole infernali nello spazio vicino alla Terra. È proprio su questo che comunicatori, scienziati e persone di buona volontà con il nostro impegno dovremo denunziare e far in modo che le infamie del passato non si ripetano. Deve essere una responsabilità verso le nuove generazioni, perché non piangano per gli abusi commessi.

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