La proposta di Bill Gates di tassare i robot divide l’opinione pubblica. Mentre c’è chi sostiene che una proposta simile possa funzionare per compensare la perdita di posti di lavoro da parte dell’uomo, qualcuno spiega perchè non può essere fattibile
Sempre più robot prendono il posto dell’uomo. In fabbrica, su strada, in banca e in ufficio: l’automazione prende piede, richiedendo nuove regole e nuove soluzioni. Ma a questo punto sorgono spontanee delle riflessioni: cosa sarà delle tante persone che saranno espulse dalle attività produttive? E, ancora, cosa ne sarà delle finanze statali, come sostenerle?
Se ridurre, infatti, la forza lavoro umana potrebbe portare ad un notevole taglio dei costi di produzione, è anche vero che l’innovazione sta portando a conseguenze sociali importanti.
Qualcuno ha provato a trovare una soluzione: Bill Gates ha proposto di tassare i robot, proprio come aveva sostenuto fosse giusto anche la deputata europarlamentare Mady Delvaux, ma l’idea non piace proprio a tutti. Proviamo a capire la proposta e chi è favorevole o contrario.
La proposta di Bill Gates

In effetti, se i robot prenderanno progressivamente il posto degli esseri umani all’interno delle mansioni lavorative, sempre meno persone lavoreranno e dunque sempre meno individui pagheranno le tasse. Si avrebbe sempre meno denaro per finanziare opere pubbliche e lavori e questo sarebbe un male per le tasche dello Stato: la tassazione dei robot potrebbe essere una soluzione a tutto.
Grazie ai proventi, secondo l’idea di Bill Gates, si potrebbe anche finanziare la riqualificazione della forza lavoro, espulsa dall’automazione. In pratica, se un robot ha rubato il lavoro all’uomo, la tassazione servirà per pagare un nuovo percorso di formazione.
Favorevoli alla proposta di Bill Gates
Mady Delvaux
Ad esser favorevole alla proposta fatta dal guru della tecnologia è certamente la deputata Mady Delvaux, membro del partito operaio socialista, convinta che siano necessarie delle regole per regolamentare l’ingresso massiccio degli automi nel mondo del lavoro.

Stefano Micelli
Favorevole a quanto proposto da Bill Gates è anche Stefano Micelli, docente di International management all’Università Ca’ Foscari di Venezia.
“Il dibattito sulla tassazione dei robot potrebbe apparire, in Italia e nel mondo, come una novità assoluta. Ma a guardare bene, anche a costo di semplificare un po’ dovremmo riconoscere che si ispira a un principio a cui nel tempo ci siamo abituati e di cui riconosciamo l’utilità. Ad esempio nel campo dell’ambiente, dove ormai consideriamo normale che un’azienda che ha abbattuto 10 alberi per proprie esigenze produttive debba assumere l’impegno di ripiantarne altrettanti per non danneggiare la qualità della vita della comunità. Ecco, in linea generale è comprensibile che per l’utilizzo dei robot possa valere lo stesso principio ‘compensativo’ rispetto ai posti di lavoro per umani che le nuove tecnologie potrebbero far scomparire”, ha dichiarato al Corriere della Sera.
Benoît Hamon

Proprio come già proposto da Elon Musk, amministratore delegato di SpaceX e Tesla.
Dario Tamburrano
Sulla questione si è espresso, sulle pagine di Corriere Innovazione, anche Dario Tamburrano, parlamentare europeo del Movimento cinque stelle e membro della commissione Industria, ricerca ed energia.
“Da qui in avanti l’importante è che non si neghi il problema, ma si cominci a ragionare su come risolverlo. Noi siamo favorevoli alla tassa sui robot e all’istituzione del reddito di cittadinanza, ma non è detto che sia l’unica ricetta possibile. In ogni caso sarà essenziale non farsi trovare impreparati dal profondo mutamento che sta interessando il mondo del lavoro, e non essere costretti a intervenire quando saremo travolti dal cambiamento innescato dalle nuove tecnologie”, ha detto Tamburrano.
Contrari alla proposta di Bill Gates
International Federation of Robotics
Ad indispettirsi, riguardo a quanto proposto da Bill Gates, è l’International Federation of Robotics, un’organizzazione internazionale che rappresenta l’industria robotica. Tassare i robot potrebbe bloccare l’innovazione, danneggiando il settore.
Tim Worstall

E tassarli significherebbe solo tassare le imprese, rallentamendo l’innovazione e la diffusione della tecnologia e riducendo la produzione.
Milena Gabanelli
“A mio parere vale la pena di discuterne, magari partendo da un assunto: la robotica si produce perché crea valore. Se un’azienda sostituisce 50 dipendenti con i robot, avrà più utili, e su quelli dovrà pagare le tasse. Va anche considerato che risparmiando sul costo del lavoro, i prodotti o i servizi saranno venduti a un prezzo più basso, con vantaggio per tutti. Quindi la domanda è: bisogna tassare la ricchezza, o la tecnologia per produrla? Se negli anni Ottanta si fosse pensato di tassare i pc e i relativi software, che hanno cancellato dalla faccia della terra milioni di impiegati, lo sviluppo informatico sarebbe stato rallentato, e la Microsoft di Bill Gates probabilmente non sarebbe quella che è oggi. Anche allora c’erano gli stessi timori, ma a distanza di anni si è visto che, essendosi creata la necessità di nuove competenze, i nuovi posti di lavoro hanno superato quelli perduti. Chi dice che per i robot la storia dovrebbe essere diversa non ha però nessun dato a supporto, essendo un nuovo fenomeno. Oggi, quindi, apparentemente il moltiplicatore è negativo, ma non c’è un solo posto al mondo dove 20 anni fa hanno installato nelle aziende i robot e oggi sono pieni di disoccupati”, ha sostenuto sulle pagine del Corriere della Sera, la giornalista e conduttrice italiana, Milena Gabanelli.
“L’applicazione della robotica alla bassa manovalanza, ai lavori usuranti e pericolosi, è e sarà una benedizione. Come lo sarà quella «di servizio» nell’assistenza a persone anziane e disabili ad alzarsi dal letto e camminare, ma mai potrà sostituire la badante. L’intelligenza artificiale non eliminerà completamente i diversi tipi di lavoro, ma permetterà ai dipendenti di svolgerli in modo più efficiente, portando a un numero sempre minore di personale necessario”.
Robot a lavoro. Le prospettive future

La ricerca dimostra che ben il 49% delle attività (che producono salari complessivi per annui per 15.8 miliardi di dollari), grazie alle attuali tecnologie, potrebbe essere svolto dai robot. Meno del 5% del totale professioni potrà essere completamente automatizzato e nel 60% dei lavori, il 30% delle attività potranno essere svolte automaticamente da robot.
Ma l’automazione richiede tempo e (tanti) soldi
Non c’è da preoccuparsi (subito), il processo di automazione “è qualcosa che durerà decenni”, ha affermato James Manyika, direttore dell’istituto e autore del rapporto del McKinsey Global Institute. “E c’è da aggiungere che l’automazione non sarà decisa solo da ciò che è tecnicamente fattibile”.
“Gli esseri umani – come scrive McKinsey – saranno ancora indispensabili: il guadagno in produttività che noi prevediamo potrà essere raggiunto solamente se gli uomini lavoreranno fianco a fianco con le macchine”.
Alla questione competenze, si aggiunge il discorso denaro. Il costo economico del processo di automazione è alto. I veicoli a guida autonoma, come ha spiegato Michael Chui, uno degli autori del rapporto, manderanno a casa 1,7 milioni di camionisti, nella sola America, ma è anche vero che la sostituzione della flotta richiederebbe un investimento di mille miliardi di dollari. E tutto questo rallenta ancora i più il processo di automatizzazione.







