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Cosa c’è nella strategia italiana per l’intelligenza artificiale

Slitta il ddl sull'intelligenza artificiale: era atteso per fine marzo, ma arriverà forse a metà aprile. La strategia italiana per l'Ia pone obiettivi ambiziosi, ma con quali risorse economiche? Ecco cosa sappiamo.

Cosa farà il governo sull’intelligenza artificiale?

La domanda sembra destinata a restare senza risposta ancora per qualche settimana perché l’atteso disegno di legge in merito è in ritardo: era atteso per fine marzo, ma probabilmente non verrà discusso dal Consiglio dei ministri prima di metà aprile, stando alle ricostruzioni del Sole 24 Ore.

IL RITARDO DEL DDL SULL’IA

Il motivo dello slittamento è la difficoltà di trovare un accordo sulle normative per la tutela del diritto d’autore e per il contrasto dei deep fake (cioè le immagini, i video e gli audio creati con l’intelligenza artificiale e utilizzabili come strumenti di disinformazione), conciliando la posizione italiana con quella europea: a marzo il Parlamento europeo ha approvato l’AI Act, la legge comunitaria che regola lo sviluppo e l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale.

Ci sono due documenti che dovranno fornire al governo gli spunti per il ddl: uno è la relazione sugli impatti per l’informazione, coordinata dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria che dipende dal sottosogretario Alberto Baracchini (Forza Italia); l’altro è la Strategia italiana per l’intelligenza artificiale 2024-2026, coordinata dal Dipartimento per la trasformazione digitale che fa capo al sottosegretario Alessio Butti (Fratelli d’Italia). Entrambe le strutture sono interne alla presidenza del Consiglio dei ministri.

Come riporta Il Sole 24 Ore, il dipartimento di Butti teme che una regolazione sull’intelligenza artificiale troppo ristrettiva possa mettere l’Italia in una posizione di svantaggio competitivo rispetto altri altri paesi dell’Unione europea.

Il decreto dovrebbe inoltre ripartire le competenze di monitoraggio sull’intelligenza artificiale tra l’Agenzia per l’Italia digitale e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (entrambe legate al Consiglio dei ministri), lasciando sostanzialmente fuori il Garante per la privacy (un’autorità indipendente).

COSA PREVEDE LA STRATEGIA ITALIANA PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE 2024-2026

Stando al testo redatto dal Dipartimento per la trasformazione digitale e dall’Agid (Agenzia per l’Italia digitale), la strategia italiana per l’intelligenza artificiale consiste in “un grande progetto unitario” che opererà “in stretta sinergia con la comunità Europea e internazionale” per favorire “un sistema di regole coerenti con principi etici e di responsabilità sociale” di questa tecnologia. La strategia si divide in quattro rami, ciascuno dedicato a un settore diverso: alla ricerca scientifica, alla pubblica amministrazione, alle imprese e alla formazione.

Il documento ha un carattere programmatico e pone obiettivi rilevanti, come il finanziamento di iniziative pilota sull’intelligenza artificiale su scala nazionale, lo sviluppo di “progetti fortemente ambiziosi e ad ampio spettro (bluesky)”, la definizione un piano per l’attrazione dei talenti dall’estero, il supporto di un “ecosistema centrato sull’IA” per le imprese o anche la promozione di percorsi universitari dedicati a questa tecnologia.

MA CON QUALI RISORSE?

La strategia, si diceva, ha principalmente un carattere generale ma illustra anche alcuni progetti più specifici, ad esempio:

  • sostenere le startup italiane di intelligenza artificiale attraverso capitali pubblici e privati;
  • integrare l’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione e formarne i dipendenti;
  • potenziare il dottorato nazionale in Intelligenza artificiale, co-finanziandone le borse di studio per almeno tre cicli ulteriori e le attività didattiche;
  • avviare un “piano straordinario” di assunzioni di ricercatori specializzati e formatisi attraverso le iniziative del PNRR;
  • finanziare un “repository nazionale [cioè un deposito di dati, ndr] per la condivisione e il riuso di dataset e modelli acquisiti”;
  • finanziare la ricerca sull’intelligenza artificiale di prossima generazione;
  • creare un fondo finanziario per incentivare l’adozione dell’intelligenza artificiale nelle imprese;
  • sostenere le startup e le aziende che si occupano di queste tecnologie;
  • istituire una rete di laboratori per lo sviluppo di applicazioni in contesti industriali;
  • l’istituzione di una Fondazione per l’Intelligenza artificiale, dotata di un fondo proprio, per il monitoraggio e l’attuazione della strategia.

La Fondazione verrà posta sotto la presidenza del Consiglio dei ministri e sarà il soggetto responsabile delle iniziative sull’intelligenza artificiale. Tra i suoi compiti ci sono il monitoraggio dell’andamento delle varie iniziative e la gestione di “un fondo adeguato a rendere la pianificazione sostenibile”: non è chiaro, però, a quanto ammonti questo fondo.

IL CONFRONTO CON LA STRATEGIA SUI SEMICONDUTTORI

Sui semiconduttori – un’altra tecnologia considerata critica per lo sviluppo economico -, la strategia italiana per la microelettronica si avvale di un Fondo nazionale da 3,3 miliardi di euro al 2030, a cui l’ultima legge di bilancio ha aggiunto 1 miliardo ulteriore. Queste risorse serviranno a stimolare lo sviluppo della filiera nazionale lungo l’intera catena del valore, dalla ricerca alla manifattura di semiconduttori.

Nella strategia per la microelettronica rientra poi la cosiddetta Fondazione Chips.IT di Pavia (Centro italiano per il design dei circuiti integrati a semiconduttore, per esteso). Il centro si occuperà principalmente della progettazione dei microchip, ovvero l’anello iniziale della supply chain: una finalità molto ambiziosa, non pareggiata però da un sostanzioso budget iniziale: appena 185 milioni di euro.

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