skip to Main Content

Cina Ia

Come finirà la guerra dei chip e dell’Ai tra Usa e Cina?

Le restrizioni americane alla vendita di componentistica alla Cina potrebbero segnare la sconfitta del Dragone nella corsa all'Ai. L'analisi di Paul Triolo per Limes.

Come andrà a finire la guerra dei chip tra Usa e Cina? La politica ostile inaugurata dall’Amministrazione Trump e concretizzatasi con le misure restrittive all’export dell’hardware necessario per costruire sistemi avanzati di intelligenza artificiale (AI) cambiano le regole di questo gioco, finendo col penalizzare le aziende e gli enti del Dragone e assicurare all’America la supremazia tecnologica negli anni a venire.

Questa è almeno la conclusione cui giunge Paul Triolo, esperto del Chinese Business and Economics al Center for Strategic and International Studies, in un saggio scritto per l’ultimo numero della rivista di geopolitica Limes dedicato proprio ai temi dell’AI.

La collaborazione tra Usa e Cina

Negli anni passati lo sviluppo delle applicazioni di AI è stato condotto all’insegna di una stretta collaborazione tra enti di ricerca cinesi e statunitensi. Come scrive l’autore, “la collaborazione sino-americana è stata stretta ed è aumentata: i rispettivi ricercatori hanno usato strumenti e approcci comuni c hanno presentato molti studi congiunti nei grandi convegni internazionali”.

A tal proposito, Triolo ricorda un rapporto del marzo 2022 dello Stanford Institute for Human-Centred Artificial Intelligence, da cui risultavano alti livelli di cooperazione tra Cina e Stati Uniti nella ricerca e sviluppo. “Gran parte di queste interazioni”, osserva l’analista, “avviene attraverso strumenti open source che nell’ultimo decennio sono stati responsabili dei principali progressi nel campo dell’AI”.

La svolta con Trump e poi con Biden

Oggi però il quadro è mutato, dopo il turbolento quadriennio di Trump e dopo che nell’Amministrazione Biden è cresciuta la preoccupazione per la modernizzazione bellica della Repubblica popolare e per la dottrina della fusione civile-militare.

Di conseguenza sono cominciate le pressioni da parte del governo Usa sulle aziende come Microsoft che vantavano stretti legami con quelle cinesi affinché allentino questi rapporti.

Obiettivo: troncare l’export dell’hardware

Nell’impossibilità però di troncare di netto la condivisione di algoritmi e programmi di sviluppo tra un Paese e l’altro, l’esecutivo americano, scrive ancora Triolo, “ha iniziato a focalizzarsi su un collo di bottiglia importante: le componenti hardware dell’AI e dell’apprendimento automatico”.

Si tratta in poche parole di quei processori grafici e degli altri semiconduttori usati per far condurre operazioni di intelligenza artificiale nel cloud.

Il rapporto della Commissione per la Sicurezza Nazionale sull’AI

Uno dei punti di svolta è individuato dall’autore nell’uscita nel marzo 2021 del rapporto della Commissione per la Sicurezza Nazionale sull’AI, nel quale si auspica che il Dipartimento per il Commercio attui “controlli sui microchip avanzati progettati o prodotti negli Stati Uniti per l’uso nella sorveglianza di massa (e preveda) requisiti di trasparenza per le vendite di tali microchip in Cina. I controlli – precisava significativamente il rapporto – dovrebbero riguardare soltanto i semiconduttori altamente specializzati … che superano una certa soglia di prestazioni”.

Il rapporto della Commissione per la Sicurezza Nazionale sull’AI si basa su un precedente lavoro di Saif Khan, oggi alla Casa Bianca in qualità di membro della Direzione Politica e Sicurezza Tecnologica nel Consiglio per la Sicurezza Nazionale.

In quel lavoro, risalente al gennaio 2021, Khan invocava due grandi divieti. Primo: “gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero monitorare e, se necessario, controllare in modo stretto e mirato i microchip di AI funzionali ad addestrare a costi contenuti i sistemi di AI di avanguardia. Tali semiconduttori includono Gpu, field programmable gate array(Fpga) e circuiti integrati per applicazioni specifiche di addestramento”. Secondo: “gli Stati Uniti potrebbero controllare i brevetti del design dei processori centrali di tipo x86, dei processori grafici e degli Fpga autorizzati dai progettisti cinesi dei microchip. Gli Stati Uniti e il Regno Unito potrebbero altresì controllare i core Ip autorizzati dagli stessi progettisti”.

Le componenti specificamente indicate nel documento sono diventate sempre più importanti in aree come i modelli linguistici di larghe dimensioni (Large language models) che si adattano perfettamente alla grande capacità di calcolo dei Gpu. Come rileva Triolo, la competizione tra Usa e Cina si gioca proprio su “massimizzare l’efficienza di calcolo per sperimentare e costruire i modelli (di AI) migliori” basati sul crescente utilizzo dei processori grafici.

Le restrizioni introdotte dall’Amministrazione Biden

È sulla base delle indicazioni di Khan che l’Amministrazione Biden il 7 ottobre scorso ha approvato misure senza precedenti che limitano l’export di questi sistemi in Cina: un provvedimento che ha come suo principale bersaglio la dottrina cinese della fusione civile-militare e i collegamenti tra i processori grafici e le armi di distruzione di massa.

Con queste restrizioni, sottolinea l’Autore, gli enti cinesi che conducono ricerca avanzata nel campo dell’AI “conosceranno significativi ostacoli nel corso del tempo”, in quanto “non sarà loro possibile costruire computer competitivi per l’addestramento delle macchine con le componenti più avanzate provenienti dagli Stati Uniti”.

A metà dicembre inoltre il Dipartimento del Commercio Usa ha varato ulteriori restrizioni, aggiungendo alla Entity List alcuni enti cinesi coinvolti nello sviluppo e nella produzione dei semiconduttori per l’AI a causa dei loro legami con le forze armate.

Molti di questi soggetti, scrive Triolo “sono attori chiave dell’ecosistema della ricerca e dello sviluppo dell’AI nella Repubblica popolare”; a questi ora è impedito, aggiunge l’autore, “di rivolgersi ad aziende straniere per la produzione di microchip … Fra le organizzazioni colpite ci sono anche società che progettano semiconduttori di punta per l’AI”.

Conseguenze dei divieti Usa

Sebbene gli effetti delle misure prese dagli Usa non si dispiegheranno prima di due o tre anni, risulta chiaro che le organizzazioni cinesi d’ora in poi non saranno più in grado di ottenere le apparecchiature più avanzate.

L’attuale divario tecnologico tra Cina e Usa è dunque destinato ad aumentare come conseguenza della graduale estromissione di Pechino dalle componenti hardware dell’AI.

E sebbene Pechino abbia già dimostrato di saper aggirare i controlli, non le sarà probabilmente possibile arrestare le fuga dei cervelli che sceglieranno di lasciare il Paese per continuare a lavorare su progetti di avanguardia in Europa, Canada e- chissà – persino negli Usa.

Back To Top