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Le 3 sfide da vincere per “salvare” i posti di lavoro dall’AI

Chi c'era e cosa si è detto nel talk «The future of job nell’era dell’AI» organizzato da Rcs Academy e Corriere della Sera.

L’AI è solo uno strumento, potente ma limitato. A fare la vera differenza nel mondo del lavoro in futuro saranno ancora le persone. Sarà fondamentale però investire sul capitale umano per gestire la trasformazione digitale, senza diventarne schiavi. Le sfide cruciali da vincere sono tre. È quanto emerso nel corso del talk «The future of job nell’era dell’AI» organizzato da Rcs Academy in collaborazione con il Corriere della sera. Ecco chi c’era e cosa si è detto.

LE SFIDE DELL’AI NEL LAVORO

Il mercato del lavoro italiano sembra macinare record, ma non è tutto oro quel che luccica. L’Italia ha raggiunto quota 24 milioni di occupati. Ma siamo ancora il fanalino di coda in Ue e nell’OCSE. L’Intelligenza Artificiale potrebbe aiutare a colmare questo gap, ma bisogna superare tre sfide cruciali per cogliere il treno dell’IA, secondo Andrea Garnero, economista dell’OCSE.

“Non dobbiamo dimenticare le criticità che restano. Siamo in fondo alla classifica dei Paesi europei e dei Paesi OCSE sul fronte del lavoro. Il problema più sentito sono i salari. In Italia una laurea rende poco più di un diploma, al contrario della Germania ad esempio. Abbiamo un 6,9% da recuperare, siamo il secondo Paese con il gap maggiore da recuperare. La prima delle tre sfide del futuro è far ripartire il motore della crescita, la produttività. Le imprese italiane faticano ad agganciare la rivoluzione informatica. La seconda sfida è demografica, che riguarda la quantità di lavoratori ma anche la qualità dell’organizzazione del lavoro. Perderemo un terzo della popolazione in età lavorativa da qui al 2062. La terza sfida è quella delle competenze. Il problema è l’equilibrio al ribasso tra bassa domanda delle imprese e scarse competenze dei lavoratori”, ha sottolineato Garnero.

OCCUPAZIONE, BENE I GIOVANI, MALE DONNE E OVER

“Aumenta l’occupazione buona, quella a tempo indeterminato, mentre cala il numero dei NEET – ha affermato Rosario De Luca, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro -. È aumentata la spinta a cercare lavoro. Al tempo stesso, è cresciuta anche la fascia over. La perversa riforma del reddito di cittadinanza portava alla ricerca di accoppiamento del lavoro nero al sussidio. Finita quell’epoca sono emerse le criticità nel mercato del lavoro. Problemi che riguardano gli over, le donne e la carenza di competenze. Nel 2040 entreranno 4 milioni e mezzo di giovani in meno rispetto alla richiesta del mercato del lavoro. Quindi sarà necessario avere specializzazioni che investono gli attuali lavoratori e spingere la crescita del lavoro femminile. Nel secondo trimestre del 2024 c’è stata una diminuzione dello 0,2% delle ore lavorate, a fronte di un aumento dell’1,6% rispetto al secondo trimestre del 2023. Bisogna investire maggiormente sulle retribuzioni e sul lavoro svolto, elementi importanti per aumentare la produttività. Dobbiamo agganciare la retribuzione sempre più ai risultati raggiunti”.

Una posizione che trova d’accordo anche Marina Montepilli, HR director di Alleanza Assicurazioni, secondo la quale “dato che il 50% della popolazione è costituita da donne, non sfruttiamo la metà dei talenti”.

Per questa ragione, serve “una cultura di inclusione e diversità è basata su valori condivisi”, secondo Roberta Segalini, Chief HR Officer Gruppo Atm.

AI, UOMO ANCORA PROTAGONISTA NEL LAVORO

L’uomo avrà sempre un vantaggio rispetto all’Intelligenza Artificiale: è veramente intelligente. Infatti, il cervello umano può fare ragionamenti e formulare domande. L’AI, al contrario, può solo rispondere interpretando i dati che possiede, poiché è legata al passato. Per mantenere il primato, però, l’uomo deve imparare quali domande fare alle macchine e come porle.

“Bisogna preparare le persone a fare le domande giuste per avere le risposte giuste”, ha sottolineato Ferruccio de Bortoli, presidente della Fondazione Corriere della Sera.

Per farlo, “serve un Piano Marshall per il capitale umano”, secondo Pierangelo Albini, direttore Lavoro, Welfare e Capitale Umano di Confindustria.

“L’AI è uno strumento tecnologico che non può sostituire i lavoratori ma può supportare la personalizzazione dei servizi in base alle diverse esigenze del ciclo di vita di una persona. Attraverso il nostro sito due milioni di cittadini già utilizzano l’Intelligenza Artificiale ma si va verso la personalizzazione dei servizi”, ha detto Gabriele Fava, presidente dell’Inps.

“La cultura aziendale e le persone sono fondamentali, fanno la differenza”, ha aggiunto Marco Perrone, partner KPMG.

L’IMPORTANZA DELL’EQUILIBRIO TRA UOMO E MACCHINA

Non basta investire in tecnologie, è necessario integrare l’Intelligenza Artificiale nelle aziende a tutti i livelli trovando il giusto equilibrio tra dimensione umana e innovazione tecnologica.

Per realizzare questo obiettivo “serve un Piano Marshall per il capitale umano”, secondo Pierangelo Albini, direttore Lavoro, Welfare e Capitale Umano di Confindustria.

“La tecnologia è finalizzata al benessere dell’uomo, è necessaria la creazione di codici etici nelle realtà imprenditoriali e sociali”, ha detto Francesco Rotondi, fondatore LABLAW – Studio Legale Rotondi & Partners e consigliere esperto del Cnel.

In altre parole, “bisogna trovare un giusto equilibrio tra la rivoluzione tecnologica e la dimensione umana”, secondo Francesca Morichini, chief HR officer Amplifon Group.

L’AI COME LEVA PER ATTRARRE TALENTI

Oggi sempre più spesso sono i candidati a scegliere le aziende. In questo nuovo contesto, l’Intelligenza Artificiale può rappresentare una leva per attrarre talenti nella propria azienda.

“Le persone devono essere riconosciute per il proprio valore, il welfare deve essere a misura dei singoli dipendenti”, ha sottolineato Gioia Ferrario, managing director JAKALA.

“L’AI può aiutare nella valorizzazione delle persone”, ha sottolineato Enrico Ariotti, ceo & co-founder di nCore HR.

“L’AI consentirà alle persone di recuperare del tempo per potersi dedicare a attività creative”, ha sottolineato Vito Ribaudo, direttore HR RCS MediaGroup.

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