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Sam Altman

Sam Altman di ChatGpt fa il furbetto con Biden?

Continua il tour di Sam Altman tra le istituzioni statunitensi. L'obiettivo della software house patrocinata da Microsoft sembra quello di partecipare al processo legislativo che normerà le Intelligenze artificiali. Fatti, commenti e analisi

 

L’audizione al Senato di Sam Altman, numero 1 di OpenAI nonché babbo di ChatGpt, la chiacchieratissima IA che ruberà il lavoro e quant’altro, ha avuto un notevole risalto sui quotidiani e sui media italiani. Ma per i motivi sbagliati. Titola Repubblica: Il Ceo di OpenAi fa marcia indietro:L’Intelligenza artificiale va messa sotto controllo come le armi nucleari. Segue a ruota TgLa7: Usa, Ceo Openai: “Intelligenza artificiale come le armi nucleari”. E, ancora, il Riformista: Tecnologia, allarme del Ceo di OpenAi: “L’intelligenza artificiale va messa sotto controllo”. Potenzialmente pericolosa come le armi nucleari. L’elenco sarebbe lungo, inutile continuare perché il tenore è ciclostilato.

Tutti si sono concentrati su un passaggio, effettivamente cruciale, che Sam Altman ha calcato parecchio: “L’intelligenza artificiale dev’essere tenuta a bada perché potrebbe cambiare la vita di tutti e stravolgerla”. Ma, come annota Stefano Feltri, ex direttore di Domani, nella sua newsletter, per il motivo sbagliato. Il capo di Open AI non è infatti il classico “scienziato pazzo pentito da fumetto” che sta chiedendo aiuto alle istituzioni per fermare la creatura che ha creato e che lo ha disarcionato, tutt’altro.

IL PATENTINO CHE VUOLE SAM ALTMAN

“Sam Altman – ha scritto Feltri, autore del blog Appunti – sta chiedendo alla politica di regolare il settore in modo da sancire la posizione dominante di OpenAi e di metterla al riparo da interferenze nella nascita e nell’affermazione del suo modello di business.” Altman – sottolinea l’ex direttore del Domani– chiede un sistema di licencing e requisiti di sicurezza, cioè una restrizione all’entrata nel settore: soltanto chi rispetta certi standard può essere autorizzato a sviluppare tecnologie di intelligenza artificiale sopra una certa soglia di complessità”.

Chiaro l’intento di fare da cuculo e spingere fuori chi provi a entrare nel suo nido. Con la sottile differenza che mentre chi dopo la regolamentazione vorrà aderire al club delle imprese che sviluppano AI dovrà dimostrare di avere i requisiti con una sorta di patentino, chi già ci sta dentro – ed è il caso di OpenAi dello stesso Sam Altman – non ha dovuto superare alcuna selezione.

UN TECNICO BEN POCO SUPER PARTES

Non c’è vittimismo nelle parole dell’uomo che guida la software house del momento, é tantomeno pentimento quanto forte allarmismo per capovolgere la situazione a proprio vantaggio: entrato in Senato per essere ascoltato dalle cariatidi presenti su ciò che combina coi suoi algoritmi di cui tutti parlano e nessuno ha ancora capito nulla, prova a restare nella sala dei bottoni oltre al necessario spacciandosi per un tecnico utile al legislatore che deve, a suo dire, quanto prima intervenire per normare la materia. Un tecnico che, però, è contemporaneamente principale parte in causa, con la conseguenza che finirebbe per dettare alla politica norme che riguardano la propria attività economica. Alla luce del sole.

Non ci vuole ChatGpt per capire il gioco di Sam Altman. “Poiché anche molti altri Paesi stanno entrando nel settore (leggi: Cina) – scrive ancora Feltri – gli Stati Uniti dovrebbero imporre questo sistema di licenze e regole “su una scala globale in modo da assicurare una cooperazione internazionale sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale, anche considerando meccanismi di supervisione intergovernativa e di fissazione di standard”. Tradotto per le persone normali, continua l’ex direttore del quotidiano Domani – Altman vorrebbe che gli Stati Uniti vietassero a livello globale ad altre aziende o paesi di entrare nel settore presidiato da OpenAi e dal suo grande investitore Microsoft. Se gli standard vengono definiti dagli Stati Uniti, sempre interessati a proteggere le proprie aziende e a tenere a distanza quelle di paesi poco affidabili – chiosa il giornalista -, è evidente che una intelligenza artificiale cinese, per esempio, non verrebbe mai autorizzata a operare nel mercato americano o comunque in quello sottoposto a questo ipotetico coordinamento globale per la sicurezza.”

IL TOUR DI SAM ALTMAN

Altman – ricorda Massimo Gaggi sul Corsera – è impegnato da un mese in un “tour della buona volontà” fatto di confronti politici, culminato nel vertice di due settimane fa alla Casa Bianca, del quale il capo di OpenAI è stato grande protagonista. C’è chi nota, sottolineano da via Solferino, che ha evitato di prendere impegni su due punti considerati essenziali da molti esperti: la trasparenza del metodo di addestramento di questi modelli (quello di ChatGPT è basato su tutto ciò che circola in rete, compresi i dati personali) e l’impegno a non usare per l’addestramento contenuti professionali, opere d’arte o di ingegno coperte da copyright. Durante la discussione Sam Altman ha riconosciuto che i titolari di opere d’ingegno hanno diritto a veder riconosciuto il valore economico del loro contributo, ma non ha indicato soluzioni concrete, al di là dei toni rassicuranti.

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