“Bah” potrebbe sembrare un’espressione onomatopeica di stupore o di disgusto, invece è il cognome del protagonista della nostra storia.
“Bah” probabilmente sarà anche la sintesi dell’incredulità e del ribrezzo di chi arriva a leggere fino in fondo questo racconto.
Ousmane Bah è il giovane newyorkese che – forte dei suoi diciott’anni e del non farsi intimorire dagli “intoccabili” – ha fatto causa ad Apple per un miliardo di dollari. Il motivo? Semplicissimo. Un “errore di riconoscimento facciale” ha portato al suo arresto e gli ha ingiustamente rovinato la vita.
L’evoluto sistema di identificazione biometrica dei negozi in cui si vendono i tanti “i-Prodotti” collegava impropriamente il suo volto a quello catalogato e abbinato ad una serie di furti.
Il ragazzo ha visto arrivare la polizia a casa sua e nel corso delle operazioni di arresto ha avuto modo di verificare che al “mandato” di custodia cautelare era allegata la fotografia di un’altra persona.
Nel fascicolo processuale – in trattazione presso la Corte di Giustizia degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York – salterebbe fuori la dichiarazione di un detective del dipartimento di polizia (l’inconfondibile NYPD) che arriva alla conclusione che il ladro immortalato dalla telecamera di sorveglianza “non somigliava affatto” a Bah.
Non siamo dinanzi al cinematografico Johnny Stecchino e alla sua caparbia ostinazione nel non riconoscere alcuna similitudine somatica nel suo sosia, ma ci troviamo di fronte ad una ben più drammatica situazione reale.
Il problema è nella tecnologia e nel software di riconoscimento facciale che Apple utilizza per procedere alla identificazione dei taccheggiatori. L’azienda – sollecitata in proposito – non sembra aver ancora fornito alcuna replica o spiegazione di sorta.
La ricostruzione di questo madornale disguido porterebbe ad un documento che Bah avrebbe smarrito o si sarebbe fatto rubare. Quella tessera di studente liceale sarebbe stata presentata negozi Apple da chi ne era indebitamente entrato in possesso. Le immagini del volto del soggetto – riprese dalle videocamere nei locali di vendita – sono state abbinate a quel documento.
E così il malfattore andava a colpo sicuro. Una volta entrato in qualunque Apple Store era sicuro che il suo viso sarebbe stato abbinato al documento di Ousmane Bah e che qualunque comportamento sarebbe stato ricondotto alla responsabilità dell’ignaro diciottenne di New York.
Lo sventurato Bah si è pertanto visto incriminare in giro per gli Stati Uniti, collezionando accuse non solo a New York ma anche negli Stati del Massachusetts, del Delaware e del New Jersey. Chi aveva rubato la sua identità era garantito dall’erroneo abbinamento e ha agito indisturbato e senza problemi in una sequela di furti con destrezza. Il poveretto, invece, inconsapevolmente tramutato in un ladro seriale, si è trovato gli sbirri in casa.
Le false accuse – è facile immaginarlo – hanno determinato gravi stress, difficoltà ed imbarazzo nella vita quotidiana, danni al momento irreparabili alla sua reputazione e credibilità.
Gli avvocati di Ousmane Bah chiedono un risarcimento proporzionale all’esperienza infernale che ha vissuto e sta vivendo il diciottenne. La pretesa di un miliardo di dollari per compensare l’arresto per fatti estranei alla condotta del ragazzo è accompagnata da una richiesta (già tradottasi in una ingiunzione del tribunale) che costringe Apple a rimuovere i dati di Bah dagli archivi su cui opera il sistema di riconoscimento biometrico utilizzato nei negozi.