Mercoledì le azioni di Nvidia, la più grande azienda di semiconduttori al mondo e terza maggiore società americana per capitalizzazione di mercato, hanno perso circa il 7 per cento in borsa. C’entra la decisione dell’amministrazione di Donald Trump di interrompere le esportazioni in Cina dei processori H20 per ragioni di sicurezza nazionale. Nvidia ha fatto sapere che queste nuove restrizioni alle vendite avranno un impatto di 5,5 miliardi di dollari sui suoi conti.
LE RESTRIZIONI ALLE VENDITE DI MICROCHIP E MACCHINARI IN CINA
Quello cinese è un grande mercato, ma da anni le società statunitensi (e non solo) che realizzano microchip e macchinari per la fabbricazione di semiconduttori non possono vendervi liberamente i loro prodotti: devono infatti rispettare i controlli sulle esportazioni imposti dal governo degli Stati Uniti, che sta cercando di isolare la Cina per impedirle di accedere alle tecnologie più moderne per i chip – il paese è in ritardo nella progettazione e nella manifattura di semiconduttori avanzati -, in modo da frenarne lo sviluppo economico, industriale e militare.
COS’È IL PROCESSORE H20 DI NVIDIA
Il processore H20 di Nvidia è stato sviluppato proprio per rispettare le restrizioni commerciali imposte dalla precedente amministrazione di Joe Biden verso la Cina: si tratta, in breve, di un modello “depotenziato” rispetto a quelli che l’azienda vende normalmente, con una minore velocità di interconnessione e una larghezza di banda inferiore. L’H20 è una versione a basse prestazioni del processore H800 (la cui vendita in Cina era concessa fino al 2023), che a sua volta è la versione depotenziata dell’H100, uno dei prodotti di punta di Nvidia, molto utilizzato per i sistemi di intelligenza artificiale.
Come riporta Cnbc, nel 2024 le vendite dell’H20 hanno generato ricavi per 12-15 miliardi di dollari. A livello generale, la Cina è il quarto mercato di Nvidia, per importanza, dopo Stati Uniti (vale più della metà delle vendite totali), Singapore e Taiwan.
Che l’amministrazione Trump avesse intenzione di limitare il commercio dell’H20 era noto da ben prima della comunicazione ufficiale a Nvidia, il 14 aprile scorso: Startmag ne aveva scritto già a fine gennaio, per esempio. A sconvolgere i mercati, allora, non sarà stata la notizia in sé quanto la stima del danno economico fornita da Nvidia, probabilmente più alta di quanto si credesse: la domanda cinese per questi chip è molto forte, dunque (si stima che gli ordini di H20 provenienti dalla Cina ammontino, quest’anno finora, a 16 miliardi).
L’amministratore delegato di Nvidia, Jensen Huang, è in visita in Cina per incontrare i funzionari governativi e i rappresentanti dell’industria tecnologica locale, con i quali discuterà probabilmente dell’impatto delle nuove limitazioni commerciali di Washington.
NON SOLO NVIDIA: ANCHE ALTRE AZIENDE DI CHIP SOFFRONO IN BORSA
Dall’inizio dell’anno le azioni di Nvidia sono calate del 16 per cento, principalmente a causa della politica commerciale di Trump (che poi ha esentato i semiconduttori dai dazi, salvo anticipare nuove tariffe dedicate a questi componenti). Martedì, anche le azioni di altre società americane del settore hanno perso in borsa: quelle di Advanced Micro Devices sono calate di oltre il 7 per cento, mentre quelle di Broadcom di quasi il 4 per cento.
I tre principali produttori statunitensi di macchinari di chipmaking – ovvero Applied Materials, Lam Research e Kla – potrebbe subire ciascuno una perdita di circa 350 milioni di dollari all’anno a causa delle tariffe: i loro apparecchi contengono migliaia di componenti, provenienti da diversi paesi del mondo.
COSA SUCCEDE AD ASML
L’azienda olandese Asml – cioè la più importante e sofisticata produttrice di macchinari di chipmaking al mondo, monopolista nei processi di litografia ultravioletta estrema – ha comunicato i numeri sulle vendite nel primo trimestre del 2025, 7,7 miliardi di euro, leggermente più bassi delle previsioni. Gli ordini ammontano invece a 3,9 miliardi di euro, molto meno dei 4,8 miliardi stimati dagli analisti.
L’amministratore delegato Christophe Fouquet ha dichiarato che “i recenti annunci di dazi hanno aumentato l’incertezza nel contesto macro e la situazione rimarrà dinamica per un po'”. Le tariffe potrebbero far salire i costi di approvvigionamento dei componenti, e assieme a questi i prezzi finali pagati dai clienti (le vendite potrebbero risentirne).
La società ha anche specificato di non avere intenzione di spostare la sua base manifatturiera negli Stati Uniti per ridurre l’esposizione ai dazi; Asml ha già una presenza forte nel paese, ma la sua postazione principale di assemblaggio è nei Pasi Bassi.
La Cina, dove non può vendere i suoi macchinari più avanzati, è valsa il 27 per cento delle vendite nette di Asml nello scorso trimestre e rappresenta il suo secondo mercato principale, dopo quello sudcoreano. Nel 2024, tuttavia, la quota della Cina sul totale delle vendite è stata molto più alta, con una media del 41 per cento.
