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Privacy

Privacy: Snapchat e Skype poco sicure

Una classifica realizzata da Amnesty Internationl svela che Snapchat e Skype  non adottano le protezioni minime in materia di privacy nei loro servizi di messaggistica istantanea Sono Snapchat e Skype le app che meno di tutte tengono alla protezione della privacy: le applicazioni  non adottano le protezioni minime in materia di privacy nei loro servizi…

Una classifica realizzata da Amnesty Internationl svela che Snapchat e Skype  non adottano le protezioni minime in materia di privacy nei loro servizi di messaggistica istantanea

Sono Snapchat e Skype le app che meno di tutte tengono alla protezione della privacy: le applicazioni  non adottano le protezioni minime in materia di privacy nei loro servizi di messaggistica istantanea, mettendo a rischio i diritti degli utenti. O almeno, è questo è quanto evidenziato da un rapporto pubblicato da Amnesty International, secondo cui sono molto più sicure le chat di Facebook e Apple.

pedaggio whatsappLa classifica delle app più sicure dal punto di vista della privacy tiene conto del modo in cui le società di messaggistica utilizzino la crittografia per proteggere la privacy degli utenti. Secondo il report di Amnesty sono pochissime le aziende che hanno impostato in automatico la crittografia ‘end-to-end’, grazie alla quale i dati condivisi possono essere visti solo da chi li invia e da chi li riceve. La classifica valuta le aziende su una scala di punteggio da 1 a 100 rispetto a questi cinque parametri. Messenger e WhatsApp, entrambe appartenenti a Facebook, hanno il punteggio più alto, 73 su 100. Apple si colloca a 67 punti. Blackberry e Snapchat hanno totalizzato un punteggio inferiore ai 30 punti, mentre Skype si ferma a 40.

“Chi pensa che i servizi di messaggistica istantanea siano privati si sbaglia di grosso le nostre comunicazioni sono sotto la costante minaccia della cyber-criminalità e dello spionaggio di Stato. Sono soprattutto i giovani, inclini a condividere fotografie e informazioni personali quelli più a rischio”, dice Sherif Elsayed-Ali, direttore del programma Tecnologia e diritti umani di Amnesty International.

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