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Zaia

Plasma anti Covid-19, che cosa farà Zaia in Veneto

Il post del medico in pensione Stefano Biasioli su quanto ha annunciato oggi Zaia per la terapia del plasma

Finalmente! Da 2 mesi, noi “vecchi medici ospedalieri” ci siamo battuti affinché all’armamentario contro il Covid-19 si aggiungesse l’infusione, ai soggetti con infezione ingravescente, del plasma dei malati guariti.

Illustri “virologi televisivi” (quelli che in 3 mesi hanno detto tutto e il contrario di tutto) hanno detto che la plasmafersi “non serviva, era pericolosa, inutile e costosa” ignorando che la plasmaferesi è tecnica-prassi corrente da oltre 36 anni, in tutto il mondo e soprattutto in Italia.

Per i profani, la produzione di plasma può essere ottenuta o con la “tecnica della campana” (Centri Trasfusionali) o con una “tecnica in linea” (Nefrologie-Emodialisi). Il plasma prodotto è sicuro (perché trattato in modo idoneo), può essere stoccato e usato quando serve. Inoltre, alla faccia di Burioni-Di Capua e C., la produzione e l’uso di detto plasma ha costi estremamente contenuti (non superiori a 60-80 euro/sacca), rispetto ai più recenti e costosi farmaci antivirali.

Quindi, il plasma dei soggetti guariti è utilissimo per i malati che stanno peggiorando: l’infusione del plasma ricco di anticorpi alleggerisce il decorso della malattia, riducendone gravità e durata. Va dato merito ai medici degli ospedali di Mantova-Lodi-Pavia di aver applicato, in questi mesi e in silenzio, tale procedura a qualche decina di pazienti, con buoni risultati. La prassi ha sconfitto la teoria.

Dando ragione a noi “vecchi clinici” che abbiamo cercato di fare passare il “messaggio, frutto della nostra esperienza sul campo”. E, oggi, ecco un po’ di luce.

Durante la conferenza delle 12.30 di oggi Zaia ha annunciato due fatti importanti. A Padova una sperimentazione con il plasma ha dato “buoni risultati che comunicheremo all’ISS”. Fin qui, niente di nuovo.

In Veneto verrà allestita una banca del plasma, frutto della donazione del plasma di 3.600 persone guarite. Tutte o in parte ? I guariti – pensiamo noi – ringrazieranno la sanità del Veneto, donando – in molti – il loro plasma, per aiutare i nuovi infetti.

Non solo ma Zaia ha esplicitato quello che noi (vecchi medici ospedalieri, abituati alla prima linea e non alle retrovie) abbiamo sempre pensato: “il ricorso al plasma dei guariti significa anche uscire dall’industria chimica ed entrare nel concetto biologico del trattamento”.

Concetto che è stato, finora, avversato, nel mondo come in Italia.

Riflettete. In attesa del vaccino, cosa si doveva fare? Non solo mascherine e guanti, ma una terapia per i casi sintomatici. Finora, si è provato di tutto, con un mix di farmaci, spesso con indicazioni diverse rispetto alla virosi attuale. Farmaci, ventilazione, intubazione ecc.

Si è provato, giustamente, di tutto, cercando di salvare le vite umane, ad ogni costo e qualunque fosse il “costo economico e clinico” di questi sforzi.

Per 3 mesi è stato fatto silenzio sul ruolo del plasma.

Adesso questo silenzio è stato rotto, grazie al lavoro “sul campo” dei Colleghi citati e ai buoni risultati ottenuti. Il plasma, da solo, non è un rimedio miracoloso ma il plasma – associato al resto – può impedire ai paziente di finire in rianimazione, con quel che segue.

Per i pignoli, ricordo che le linee guida americane (IDSA) per il trattamento del Covid-19, varate il non lontano 15 aprile, affermavano che “tutti i farmaci proposti, idrossiclorochina (da sola o con azitromicina), l’associazione lopinavir+ritonavir, tocilizumab, cortisonici, plasma dovevano essere usati nel contesto di uno studio clinico”.

Capite, la gente moriva e muore e i medici avrebbero dovuto aspettare l’esito di studi clinici, senza far nulla.

No, in medicina le cose non vanno così.

Tra l’altro, sempre negli Stati Uniti, analoghe indicazioni erano state date nelle virosi precedenti, senza che si sia mai arrivati ad una prassi codificata.

Per fortuna, gli ospedalieri se ne sono fregati (termine brutale ma vero) e hanno affrontato la virosi con il buon senso clinico, usando anche mezzi non citati dall’IDSA: eparina a basso peso molecolare e plasma dei guariti.

Nelle ultime settimane (lo cita Medscape) anche negli Stati Uniti si sono messi su questa strada.

Ma, ancora una volta, i medici ospedalieri italiani sono stati all’avanguardia.

Bravi!

Stefano Biasioli

Primario ospedaliero “in pensione” ma “pensante e attivo”.

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