Per il terzo rinvio, Donald Trump non ha deciso di concedere a TikTok, la piattaforma social cinese di ByteDance che la “Protecting Americans From Foreign Adversary Controlled Applications Act” (legge approvata in fretta e furia dall’amministrazione Biden in scadenza sul finire dello scorso anno) avrebbe voluto chiudere a inizio 2025 per motivi di sicurezza, ben 90 giorni di ulteriore permanenza sui lidi americani. Non i soliti 75 delle due precedenti proroghe.
QUAL E’ LA STRATEGIA DI TRUMP SU TIKTOK?
Segno che il tycoon ora è in tutt’altre faccende affaccendato, come peraltro dimostra il recente attacco americano ai siti del nucleare iraniano; ma potrebbe pure trattarsi di un segno per indicare che, dopo tre mesi, questa volta la soluzione arriverà davvero. Un messaggio potenzialmente indirizzato dunque anche alla stessa ByteDance che attende sull’uscio della Casa Bianca di sapere quale sarà il proprio destino.
Una volta tanto essere rimandati a settembre (inoltrato) non è insomma una cattiva notizia. “Siamo grati al Presidente Trump per la sua leadership e il suo supporto nel garantire che TikTok continui a essere disponibile”, ha affermato infatti TikTok in una dichiarazione pubblicata sul suo sito web.
VERSO LA JV SINOAMERICANA?
La norma varata da Joe Biden metteva la proprietà cinese di fronte a un bivio: vendere la propria creatura a una software house statunitense (o comunque gradita a Washington) oppure rinunciare all’immenso mercato statunitense. Di tutt’altro avviso, però, la nuova amministrazione statunitense, con la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, tornata a ribadire che “il presidente Trump non vuole che TikTok si spenga”.
Molti analisti sostengono che l’ipotesi più probabile sia dunque quella della joint venture tra una entità cinese e una statunitense, in modo non dissimile proprio al vecchio modus operandi di Pechino che ha sempre imposto fino a pochi anni fa ai marchi occidendali che volessero produrre in Cina di creare una partnership con una realtà locale, così da trasferire il know-how tecnologico.
LA GUERRA COMMERCIALE USA – CINA
Benché la Cina abbia fatto scuola con accordi simili, non sembra però troppo entusiasta di condividere i suoi segreti con gli americani. A voler dare credito alle parole di Trump le trattative, giunte a buon punto, si sarebbero interrotte proprio per colpa della controparte asiatica. C’è comunque da osservare che la partita è stata ampiamente pasticciata anche dai numerosi interventi commerciali dell’attuale inquilino della Casa Bianca, che coi suoi dazi non sembra aver affatto ammorbidito Pechino, che nelle ultime settimane ha risposto con forza spostando la prova muscolare sul campo delle terre rare.
TANTI SPASIMANTI, POCHE PROPOSTE CONCRETE?
Quanto ai possibili acquirenti americani, si era parlato di un possibile interessamento di Elon Musk, che è però sfumato dato che il rapporto tra l’uomo più ricco del mondo e il tycoon è andato rapidamente logorandosi. I media americani avevano parlato anche dell’influencer Jimmy Donaldson meglio noto come MrBeast, dell’investitore televisivo Kevin O’Leary, di Jesse Tinsley di Employer.com e del magnate Frank McCourt. L’ipotesi più credibile resta invece quella del consorzio guidato da Oracle e Blackstone ma al momento non si hanno notizie che confermino la veridicità di simili voci di corridoio.
IL RISCHIO DI UNA CAUSA CHE CANCELLI TUTTO
La palude insomma potrebbe dipendere tanto da una ritorsione cinese – come sostiene Trump – quanto dalla mancanza di proposte serie lato statunitense. Impossibile saperlo. Quel che è certo è che l’intera operazione, se mai giungerà a una conclusione che soddisfi entrambe le parti, potrebbe finire sulla scrivania della magistratura americana dato che i democratici sostengono che Trump non abbia l’autorità legale per prorogare la scadenza prevista nella normativa per il 19 gennaio scorso, 24 ore prima del suo insediamento. Qualsiasi atto costruito su di un simile vizio, dunque, sarebbe a sua volta invalido. Ci sarebbero già schiere di giuristi (e di Big Tech) pronte perciò a impugnare ciò che nascerà dall’accordo tra Usa e Cina.