Per il Guardasigilli Carlo Nordio si ripete ancora l’incubo, tutto telematico ma dai risvolti assai concreti e ben poco virtuali, vissuto lo scorso anno, quando fu chiaro che “App”, ovvero il software alla base del Processo penale telematico, il Ptt, dove faldoni e carte bollate lasciano spazio a bit e firme digitali, avrebbe avuto bisogno almeno di altri 12 mesi per entrare a regime.
L’APP DELLA GIUSTIZIA VA A SINGHIOZZO
Inizialmente sperimentata da undici uffici pilota questa “scrivania virtuale per giudici requirenti e giudicanti” è stata subito aspramente criticata da chi ha provato a utilizzarla, come aveva scritto in una nota ai colleghi, esattamente 12 mesi fa, l’allora neo segretario di Area Ciccio Zaccaro, ex Csm e giudice a Bari: “Anche in questo caso il governo ha perso un’occasione per rendere realtà l’informatizzazione”.
CHE DISORDINE SULLA SCRIVANIA VIRTUALE DEI MAGISTRATI
A pochi mesi dal debutto ufficiale (avvenuto nel gennaio del 2024, tra crash e down generalizzati), sei magistrati – Paolo Abbritti, Mario Andrigo, Fernanda Iannone, Silvana Pucci, Alberto Santacatterina, Bianca Maria Todaro – incaricati di fare l’analisi di App avevano avuto l’ingrato compito di fare le Cassandre della situazione inviando un documento al Csm datato 23 ottobre 2023 in cui si parlava anzitutto di una “una sperimentazione necessariamente incompleta, solo su pochi fascicoli virtuali, composti da pochissimi atti spesso privi di ogni contenuto, e mai su fascicoli simili a quelli reali”.
Al netto di ciò, comunque, i giudici avevano riscontrato ugualmente “frequenti blocchi ed errori nelle varie funzionalità dell’applicativo” come la difficoltà di “gestire la redazione di atti e provvedimenti”. Con il paradosso che il processo telematico anziché accelerare i tempi della Giustizia rischiava di dilatarli ulteriormente: ”allo stato anche la creazione del più semplice degli atti passa per il tramite di un wizard che conduce il magistrato a formare l’atto percorrendo una strada obbligata, ma complessa e farraginosa, che allunga notevolmente i tempi per predisporlo”.
Da qui la decisione di rinviare tutto di un altro anno. Decisione che diversi magistrati festeggiarono (“Per fortuna che non parte o avrebbe comportato la paralisi della Giustizia e l’attività delle procure” ). Fece particolare rumore la stoccata del procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, che durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario disse: “Il tanto annunciato processo penale telematico non è una realtà. L’applicativo App o non funziona o lo fa molto lentamente”. Sempre Gratteri aveva spiegato: “Prima riuscivo ad archiviare un fascicolo in meno di 10 minuti, mentre oggi ci vogliono almeno 2 ore”.
IL CSM BOCCIA APP SENZA APPELLO
Questa era insomma la situazione 12 mesi fa. Ma i tecnici assoldati dal dicastero di Nordio avevano comunque un altro anno di proroga per completare il lavoro. Sei mesi dopo come riportato dal Fatto Quotidiano era la VII Commissione del Csm a bocciare senza appello App: strumento che a detta dei giudici si e rivelato “gravemente insufficiente e incompleto: pur limitato alla fase più semplice e meno cruciale delle indagini preliminari (…) l’uso di App ha sinora avuto il risultato di rallentare enormemente la produttività degli uffici, rendendo farraginose e complesse attività processuali in precedenza ben più semplici e spedite”.
A 2024 ormai inoltrato i membri del Consiglio superiore della magistratura segnalavano ancora i medesimi nonché “numerosi bug che ne comportano una permanente instabilità, con ripetute segnalazioni di errore e perdita di provvedimenti…”, precedentemente segnalati dagli altri magistrati che avevano redatto la prima recensione. Con “l’effetto di paralizzare l’attività giurisdizionale o di renderla più lenta”.
NUOVO RINVIO IN VISTA?
Si arriva così ai primi giorni di novembre, quando in via Arenula hanno dovuto fare i conti con la realtà e prendere in considerazione l’ipotesi, fino ad allora respinta con forza, che non sarebbe stato possibile rendere obbligatorio il processo telematico penale con l’inizio del nuovo anno.
Troppi errori, troppe recensioni negative. Quel che è peggio, è che tutti i giudici convergono su un punto: con App persino gli atti per i quali con carta, penna e timbro ci vorrebbero pochi minuti finiscono per richiedere ore. E non c’è alcuna certezza se saranno correttamente depositati e inoltrati, perché dopo che si danno i dati in pasto al sistema il software sembra fare un po’ quello che vuole, persino – riporta quest’oggi il Corriere della Sera – iscrivere in automatico un procedimento per il reato indicato nella denuncia dall’avvocato quando l’iscrizione è invece un atto del procuratore. Si sono insomma persi 12 mesi senza che la situazione cambiasse di una virgola, anzi, di un bit. E quel che è peggio è che adesso si rischia di perdere anche i fondi del Pnrr sulla digitalizzazione della Pa.