Dal marzo 2025, Meta ha introdotto una novità tanto ambiziosa quanto controversa: la pre-installazione del proprio servizio di intelligenza artificiale, denominato Meta AI, all’interno dell’app di messaggistica WhatsApp.
Una mossa che non è passata inosservata agli occhi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), che ha avviato un procedimento istruttorio contro il colosso tech per presunto abuso di posizione dominante, in violazione dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
LE PARTI COINVOLTE
L’indagine, svolta in stretta collaborazione con la Commissione europea, riferisce l’Agcm, coinvolge quattro società del gruppo Meta: Meta Platforms Inc. (capogruppo statunitense), Meta Platforms Ireland Limited, WhatsApp Ireland Limited e Facebook Italy S.r.l.
L’Antitrust ha già eseguito ispezioni presso la sede italiana, con l’assistenza del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza.
L’INTEGRAZIONE FORZATA DI META AI SU WHATSAPP
Il cuore della contestazione riguarda la decisione di Meta di integrare il proprio assistente virtuale Meta AI direttamente all’interno di WhatsApp senza il consenso esplicito degli utenti. L’assistente basato sull’intelligenza artificiale è accessibile tramite un’icona colorata posizionata in alto nella schermata e attraverso la barra di ricerca, dove compare l’opzione “Chiedi a Meta AI”. L’utente, di fatto, si trova a interagire con un servizio che non ha richiesto e che non può rimuovere.
POSIZIONE DOMINANTE
Meta AI, sviluppato internamente sulla base del modello linguistico LLAMA4, consente di porre quesiti di varia natura, in modalità simili a quelle di altri chatbot come ChatGPT di OpenAI o Gemini di Google. Tuttavia, a differenza di questi concorrenti, Meta ha la possibilità di sfruttare la propria posizione dominante nel mercato della messaggistica istantanea – in cui WhatsApp detiene una quota superiore al 90% in Italia – per “trascinare” gli utenti verso il proprio nuovo servizio di IA.
L’ACCUSA
Per il Garante, la condotta di Meta presenta caratteristiche di “tying” abusivo, ovvero la forzata associazione tra due servizi distinti, uno dei quali (WhatsApp) dominante. In questo modo, Meta ottiene un vantaggio competitivo nel mercato emergente degli assistenti IA, non per meriti tecnologici, ma grazie all’accesso privilegiato a milioni di utenti preesistenti.
L’integrazione di Meta AI potrebbe infatti ridurre significativamente la libertà di scelta degli utenti e ostacolare la concorrenza. I chatbot concorrenti richiedono un’azione volontaria da parte dell’utente per essere utilizzati all’interno di WhatsApp, come l’aggiunta manuale del contatto ChatGPT. Al contrario, Meta AI è già presente, pronto all’uso, visibile in prima linea e difficilmente ignorabile.
DUBBI SUI DATI
Inoltre, permane l’incertezza sull’uso dei dati. Nonostante Meta dichiari che le interazioni con Meta AI su WhatsApp non vengano utilizzate per l’addestramento dei modelli IA – salvo consenso esplicito – le stesse policy aziendali ammettono che alcune informazioni condivise possono essere memorizzate e impiegate per offrire risposte sempre più personalizzate. Ciò solleva dubbi sulla trasparenza e sull’effettivo controllo da parte degli utenti.
UN MERCATO RILEVANTE E DOMINATO
L’indagine distingue chiaramente due mercati rilevanti: da un lato il mercato dei servizi di comunicazione via app (come WhatsApp e Messenger), in cui Meta è leader indiscusso in Europa e in Italia; dall’altro quello, emergente, dei servizi di intelligenza artificiale generativa per quesiti generalisti.
Nel mercato dei chatbot AI, la concorrenza è intensa e in forte crescita. Nel 2024, fa notare il Garante, Meta AI ha raggiunto una quota del 31% negli Stati Uniti, pari a quella di ChatGPT, con una crescita impressionante rispetto all’anno precedente. Tuttavia, l’accesso ai dati utente e l’integrazione nativa in un’app già ampiamente diffusa conferiscono a Meta un vantaggio che potrebbe risultare distorsivo della concorrenza.
EFFETTI ESCLUDENTI E RISCHIO LOCK-IN
L’Agcm sottolinea come il comportamento di Meta rischi di innescare un effetto di lock-in, ovvero gli utenti, abituandosi a Meta AI e vedendone migliorare le risposte nel tempo (grazie alla personalizzazione basata sui dati forniti), potrebbero essere meno inclini a passare a servizi concorrenti. Questo, oltre a restringere la concorrenza, potrebbe frenare l’innovazione nel settore dell’IA.
La strategia di Meta, se confermata come abusiva, minerebbe uno dei principi fondamentali del mercato unico europeo: la concorrenza basata sul merito, e non sull’integrazione forzata di servizi attraverso posizioni dominanti preesistenti.
I PROSSIMI PASSI
Il procedimento dovrà concludersi entro il 31 dicembre 2026. Meta avrà 60 giorni di tempo per esercitare il proprio diritto di difesa e chiedere un’audizione presso l’Autorità.
In attesa degli sviluppi, il caso rappresenta un importante banco di prova per la regolazione delle Big Tech in Europa, specie in un contesto dove IA, privacy e concorrenza si intrecciano in modo sempre più complesso.
LA RISPOSTA DI META
Meta, tramite un portavoce, ha fatto sapere che sta “collaborando pienamente” con l’Autorità e ha aggiunto che “offrire accesso gratuito alle nostre funzionalità di intelligenza artificiale su WhatsApp dà a milioni di italiani la possibilità di scegliere di usare l’IA in un ambiente che già conoscono, di cui si fidano e che comprendono”.