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YOUTUBE

Perché il garante della privacy austriaco striglia YouTube di Google

Con la pronuncia dell'autorità austriaca che ha condannato la piattaforma video di proprietà di Google per il modo arzigogolato attraverso il quale consentiva agli utenti di avere accesso ai propri dati, YouTube ha ora quattro settimane di tempo per fornire una copia completa e comprensibile del materiale che ha su ciascun utente

La no profit europea a tutela dei consumatori None of Your Business (Noyb) continua a essere uno spauracchio per le Big Tech, in particolare quelle estere.

TUTTI GLI ESPOSTI DI NOYB, DA APPLE MUSIC A YOUTUBE

A inizio 2019 aveva presentato otto reclami contro una serie di servizi di streaming, da Netflix a Spotify, passando per Amazon e Apple Music, fino YouTube, tutti accusati di non rispettare il “diritto di accesso” garantito dall’articolo 15 del Gdpr comunitario (il corpus che disciplina la privacy nel Vecchio continente).

A sei anni e mezzo da quei fatti, l’autorità austriaca per la protezione dei dati ha dato ragione a Noyb (qui l’atto in tedesco) ordinando alla piattaforma video nel portafogli di Google di mettersi in regola col dettato comunitario. Ma andiamo con ordine.

COS’È L’ARTICOLO 15 GDPR

L’articolo 15 del Gdpr pone in capo all’interessato il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la conferma che abbia nei suoi database i dati personali che lo riguardano e in tal caso, di ottenere l’accesso agli stessi e alle finalità per i quali sono raccolti.

COSA CONTESTA NOYB A GOOGLE (YOUTUBE)

Perché gli obblighi comunitari non restino lettera morta, l’iter previsto per l’accesso ai propri dati deve essere facilmente percorribile e non deve trasformarsi in un percorso a ostacoli mentre secondo l’associazione a tutela dei consumatori Google non aiutava certo i propri utenti a ottenere le informazioni.

Le email di Google invitavano il denunciante a raccogliere i propri dati da vari strumenti self-service come Account Google, Le mie attività e Google Dashboard. Come se non bastasse, veniva denunciato da Noyb, la fasi finale dell’intero processo spesso si concludeva con l’utilizzo di Google Takeout per scaricare file in formati come Json, illeggibili per la maggior parte delle persone che non disporrebbero dei programmi ad hoc, essendo piuttosto raro. Non tutti gli internauti, inoltre, dispongono delle conoscenze per rintracciare sul Web modi per convertirlo con altre estensioni (allungando ulteriormente l’iter).

Troppo secondo l’Autorità austriaca a tutela dei dati personali che ha stabilito che questa pratica sposta illegalmente l’onere del lavoro dall’azienda all’utente e non fornisce una copia completa e comprensibile dei dati personali, come richiesto dalla legge. YouTube avrà perciò ora quattro settimane di tempo per fornire una copia completa e comprensibile dei dati dell’utente, salvo Google non presenti ricorso.

COSA DICONO DALLA ONG

Comunque amaro il commento di Martin Baumann, avvocato specializzato in protezione dei dati presso Noyb : “È assurdo che un’azienda tecnologica multimiliardaria come Google preferisca intraprendere lunghe procedure legali piuttosto che concedere a un utente l’accesso ai suoi dati personali”.

Quindi il legale ha aggiunto: “Nonostante l’autorità abbia riscontrato una violazione dopo diversi anni, Google è riuscita a ritardare con successo l’adempimento di una richiesta di accesso per oltre cinque anni. Ciò non solo comporta costi significativi per le Ong finanziate da donazioni come Noyb, ma priva anche gli interessati dei loro diritti fondamentali”.

LE STRATEGIE DEFATIGATORIE DI GOOGLE

Sempre secondo Noyb, Google avrebbe tentato, senza successo, di spostare il procedimento in Irlanda, sostenendo che l’autorità di controllo irlandese fosse la sola competente a gestire il caso. “Solo questo ha prolungato enormemente la durata del procedimento”, la denuncia della Ong.

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