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TER Rai Scf

Perché i produttori fonografici (Scf) denunciano la Rai

Querelle tra Scf (società che gestisce la raccolta e la distribuzione dei compensi, dovuti ad artisti e produttori discografici) e la Rai riguardo i presunti mancati pagamenti, da parte del servizio pubblico, di diritti spettanti ai produttori discografici

 

È scontro tra la Rai, emittente di Stato italiana, e la Scf (il maggiore organismo di gestione collettiva dei diritti dei produttori discografici in Italia) sui compensi.

“Anche Scf ha dovuto promuovere diverse azioni legali per recuperare i compensi che Rai ha deliberatamente deciso di non pagare a produttori fonografici e artisti e per ottenere in futuro una rendicontazione completa dei brani musicali utilizzati da Rai come previsto dalla normativa vigente”, ha spiegato il direttore generale di Scf Mariano Fiorito a Rockol.

Sì perché oltre a pagare i diritti alla Siae per le diffusioni audio-visive, nel caso la musica non fosse dal vivo ma registrata, oltre al compenso per i diritti d’autore è dovuto anche un compenso per i c.d. “diritti connessi” ai produttori dei supporti fonografici e agli artisti interpreti o esecutori dei brano. Ovvero i diritti Scf.

“Dal primo gennaio 2022 Rai sta utilizzando i brani musicali amministrati da Scf in assenza della necessaria licenza per le emittenti televisive” spiega a Startmag un addetto ai lavori che ha chiesto l’anonimato.

“Oltre a richiedere il pagamento dei compensi per utilizzazioni che, secondo le verifiche che abbiamo condotto tramite una nota società specializzata in rilevazioni, Rai ci ha dichiarato – e pagato – solo in parte per gli anni passati, stiamo agendo anche per il riconoscimento dei diritti sugli utilizzi dell’anno in corso, che ad oggi avvengono in totale assenza di autorizzazione”, ha aggiunto Fiorito.

Da qui dunque l’azione legale della collecting all’emittente di Stato guidata dall’ad Carlo Fuortes.

Tutti i dettagli.

COS’È SCF

Come si legge sul sito web, la Scf è la società che gestisce la raccolta e la distribuzione dei compensi, dovuti ad artisti e produttori discografici, per l’utilizzo in pubblico di musica registrata.

In particolare la Scf rappresenta la quasi totalità del mercato discografico nazionale (catalogo con oltre 20 milioni di brani).

Dunque mentre la Siae gestisce e tutela i diritti relativi alla composizione musicale (musica e/o testo), sia nel caso venga eseguita dal vivo, sia nel caso venga riprodotta su disco — tali diritti sono da corrispondere all’autore della composizione e all’editore del brano —  la Scf gestisce e tutela i diritti relativi alla registrazione discografica  (cioè all’incisione su supporto dell’opera musicale). Tali diritti sono da corrispondere al produttore della registrazione e all’artista che ha prestato la propria interpretazione all’incisione.

PERCHÉ È SCONTRO TRA RAI SCF SUI COMPENSI

Lo stallo delle negoziazioni – in corso da diversi anni – è dovuto sostanzialmente al diniego di Rai di corrispondere a Scf il compenso per la comunicazione al pubblico dei fonogrammi incorporati in opere cinematografiche e assimilate a seguito della sentenza della Corte di giustizia UE del 18 novembre 2020, inapplicabile al caso in esame per le ragioni già più volte esposte a Rai.

“Altro importante tema oggetto dell’azione giudiziaris è quello della rendicontazione degli utilizzi, che è risultata gravemente lacunosa a danno degli aventi diritto” ha precisato l’addetto ai lavori a Startmag. “Rendicontazione analitica peraltro obbligatoria dal 2027 per legge dopo la direttiva sugli organismi di gestione collettiva. La Rai, ad oggi, non ha ancora un sistema di rendicontazione puntuale come hanno i principali broadcaster in Europa ed in Italia” ha concluso.

L’AZIONE LEGALE CONTRO L’EMITTENTE PUBBLICA

Dunque la Scf ha intrapreso la via legale per recuperare dalla Rai i presunti mancati pagamenti, da parte del servizio pubblico, di diritti spettanti ai produttori discografici.

LA SEGNALAZIONE AD AGCOM

“Abbiamo inoltre trasmesso una segnalazione ad Agcom”, fa sapere poi Fiorito, “dando così impulso al procedimento sanzionatorio per violazione dell’art. 23, commi 1 e 2, del D. Lgs. 35/2017, concernente l’obbligo degli utilizzatori di opere dell’ingegno, entro novanta giorni dall’utilizzazione, di far pervenire ai competenti organismi di gestione collettiva le informazioni necessarie per la riscossione dei proventi dei diritti e per la distribuzione e il pagamento degli importi dovuti ai titolari dei diritti, e riguardanti l’utilizzo di opere protette”.

Non si tratta, tiene a precisare il direttore generale di Scf, di una mera questione di principio. “Si tratta di importi molto elevati, in grado di incidere sulle sorti economiche dell’industria musicale e della comunità degli artisti”, ha concluso Fiorito.

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