Windsurf, startup specializzata in strumenti di programmazione basati sull’intelligenza artificiale, è stata a lungo corteggiata da due colossi parte apparentemente della stessa squadra: Microsoft e dall’astro nascente OpenAi che la volevano a tutti i costi nel proprio portafogli.
IL BLITZ DI GOOGLE CHE HA SORPRESO MICROSOFT E OPENAI
E pareva che la software house che alcuni ricordano ancora come Codeium fosse sul punto di cedere, allettata dai 3 miliardi di dollari messi sul piatto da Sam Altman per l’acquisizione – molti osservatori l’avevano già ribattezzata “l’operazione dell’estate 2025” – quando all’improvviso Google ha fatto irruzione nella stanza siglando per 2,4 miliardi di dollari un accordo che le assicura contemporaneamente i migliori talenti e i diritti di licenza della startup di programmazione, lasciando i contendenti attoniti a realizzare quanto fosse appena accaduto davanti ai loro occhi. Per comprendere cosa sia successo, oltre al ralenti, bisogna però fare un passo indietro.
COS’È WINDSURF
Windsurf è stata fondata nel 2021 da Varun Mohan e Douglas Chen, due ex studenti del MIT al lavoro su di un assistente di programmazione AI che consente tra le sue varie funzioni di generare codice tramite input in linguaggio naturale, spiegare codice esistente e automatizzare attività complesse. Nel 2023, la realtà precedentemente nota come Codeium e formalmente registrata come Exafunction Inc. ha raccolto 150 milioni di dollari in un round di finanziamento guidato da General Catalyst, raggiungendo una valutazione di 1,25 miliardi di dollari.
In totale secondo alcuni siti del settore l’azienda hi-tech avrebbe collezionato aumenti di capitale per circa 200 milioni. Più recentemente, la startup stava negoziando un nuovo round di finanziamenti con investitori come Kleiner Perkins e General Catalyst, puntando a una valutazione di 3 miliardi di dollari: proprio la cifra che OpenAi intendeva corrispondere direttamente a Mohan e Chen pur di fare propria la loro software house.
L’INGHIPPO NELLE TRATTATIVE
Start Magazine si soffermò sulle difficoltà nelle trattative in un lungo articolo del 18 giugno scorso. Sia OpenAi sia Windsurf volevano portare a termine l’operazione senza che il know how della realtà acquisita finisse nelle casseforti di Redmond. Microsoft da parte sua ha fatto muro, sostenendo sia di avere pezze d’appoggio legali (i contratti che la legano alla realtà di Sam Altman) che impedirebbero ad OpenAi di “avere segreti”, sia ricordando che l’operazione è stata sì condotta da OpenAi, ma con soldi che le sono arrivati proprio da Redmond, dato che la software house fondata da Bill Gates è la principale finanziatrice del progetto.
TRA I DUE LITIGANTI…
Mentre OpenAi e Microsoft s’accapigliavano, il colpo di scena: scaduti i termini che vincolavano Windsurf all’offerta della realtà di Sam Altman s’è fatta avanti Google – con un tempismo così filmico che potrebbe persino finire al centro di venture dispute legali – che ha posto in essere un’operazione di “reverse-acquihire”: ha assunto tra cui il Ceo Varun Mohan, il co-fondatore Douglas Chen e si è garantita l’accesso non esclusivo ad alcune sue tecnologie. Nel pacchetto sono finiti alcuni dei ricercatori più importanti del team. Tutto questo per 2,24 miliardi di dollari. Insomma, poco meno del valore della startup stessa.
WINDSURF E’ RIMASTA VUOTA?
Una mossa che pare aver svuotato Windsurf, riducendola a esuvia. E la somma sborsata da Google confermerebbe tale ipotesi. Anche per questo il nuovo amministratore delegato, Jeff Wang, finora responsabile del business, si è subito tuffato sui social media per ribadire che la maggior parte del team di 250 persone responsabile di quel balzo nel fatturato annuo da nemmeno 37 milioni a quasi 93 milioni che ha via via attratto un maggior numero di investitori, incluse Microsoft, OpenAi e Google, non si trasferirà in Mountain View e continuerà perciò a fare miracoli.
CI SARANNO ALTRI ROUND?
Ma è difficile dargli credito e probabilmente il pensiero sarà condiviso proprio dai possibili finanziatori chiamati a partecipare ai round venturi. Quest’operazione, assieme alla spregiudicatezza con cui Meta si starebbe muovendo per sottrarre talenti alle rivali (ma le concorrenti non sarebbero da meno) testimonia la frenesia distruttiva delle Big Tech attorno al mondo dell’Intelligenza artificiale. Una lotta senza quartiere che potrebbe gonfiare a velocità mai viste la prossima bolla economica.