skip to Main Content

Trasferimento Dati Usa Ue

Perché è importante il nuovo accordo Usa-Ue sul trasferimento dati

Marco Mayer, docente al Master in Cyber security della Luiss spiega all'Agi perché l'accordo preliminare  tra Usa e Ue in materia di trasferimento e trattamento dei dati personali è un buon punto di partenza, ma richiede molto lavoro diplomatico su cui l'Italia può avere un ruolo importante

Il 25 marzo i Presidenti Joe Biden e Ursula Von Der Leyen hanno siglato un accordo preliminare  tra Usa e Ue in materia di trasferimento e trattamento dei dati personali.

Poche ore prime l’Unione Europea ha raggiunto un accordo politico sulle nuove normative in materia di mercato digitale e di servizi digitali.

“Gli accordi politici dei giorni scorsi costituiscono un buon punto di partenza, ma richiedono ancora molto lavoro diplomatico tra le due sponde dell’Atlantico perché come si usa dire “il diavolo si nasconde e nei dettagli”. Lo ha spiegato all’Agi, Marco Mayer, docente al Master in Cyber security della Luiss e Consigliere per la Cybersecurity del Ministro dell’interno nel biennio 2017/2018. “Nei prossimi mesi – ha detto – il Governo italiano (e la Farnesina in particolare) potrà e dovrà offrire un contributo efficace e creativo per la messa a punto dei testi finali e dei meccanismi applicativi dell’intesa tra Usa e Ue.

Sul versante dello scambio di informazioni l’Italia può, infatti, vantare – come nessun altro paese – una trentennale esperienza di cooperazione bilaterale con gli Stati Uniti nell’azione di contrasto contro la criminalità organizzata e la corruzione a partire dalla Pizza Connection, ecc… Basti qui ricordare a un mese dalla sua scomparsa il ruolo della Dott. Liliana Ferraro nella cooperazione con FBI e in particolare il suo legame con Il direttore del FBI Louis Freeh

Sul piano, invece, della regolamentazione del  mercato “è stato proprio il Presidente del Consiglio, Mario Draghi in prima persona (nella sua veste di Presidente del Financial Stability Board) per conto dei G20 a  definire la nuova regolamentazione delle “banche di rilevanza sistemica globale” dopo la crisi finanziaria del 2008” ricorda Mayer.

In questo caso la posta in gioco non è la stabilità finanziaria globale, “ma – ammonisce l’esperto – il futuro politico delle democrazie contemporanee.  Nei prossimi anni In tutto il mondo libero – proprio a partire dagli Stati Uniti – l’oligopolio di cinque mega aziende potrebbe, infatti, incrinare alcuni dei principi fondamentali di libertà che si sono affermati in seguito a quattro grandi rivoluzioni politiche (inglese, americana, francese e indiana)”.

“Amazon, Google, Facebook (oggi Meta), Apple e Microsoft  – spiega Mayer – dispongono, infatti, di un potere crescente su troppi piani. L’aspetto più inquietante è la profilazione segmentata delle persone (in particolare di minori e bambini) in particolare  sulla base del commercio in una area grigia di dati psicometrici e comportamentali da parte dei cosiddetti data broker”.

Se sul piano del marketing la pubblicità occulta determina comportamenti di acquisto di tipo compulsivo (per esempio la dipendenza digitale dalle slot machine online) sul piano politico “il condizionamento – ha aggiunto -può falsare le elezioni libere e regolari come è stato per esempio per il referendum sulla Brexit nel celebre caso di Cambridge Analytica”.

Mentre le iniziative di disinformazione su NO VAX e COVID da parte di emittenti russe non rappresentano certo una novità o una sorpresa  “l’uso a fini politici sia dei  maggiori social media in chiaro sia gli scambi tra data brocker nel dark web dovrebbero  essere più attentamente monitorati”.

C’è, infine, l’aspetto più strettamente economico da considerare.” Troppo spesso – precisa Mayer – nei confronti di startup e piccole e medie imprese innovative l’atteggiamento è stato quello del ricatto: o ti compro o ti faccio chiudere. Negli Stati Uniti il Congresso e il Senato hanno, infatti, recentemente messo in evidenza come l’oligarchia dei Big Tech possa frenare l’innovazione allontanando l’economia dai principi della libera e leale concorrenza. In Europa esiste da più tempo la consapevolezza che in campo digitale le regole fondamentali del mercato non sono rispettate né in materia Antitrust Né della protezione dei dati”.

Rispetto alle novità europee in questi giorni la prima reazione è arrivata da Cupertino. La portavoce di Apple  è particolarmente critica per la previsione di interoperabilità tra piattaforme e ha dichiarato: “I governi e le agenzie internazionali di tutto il mondo hanno esplicitamente sconsigliato i requisiti di sideload, che paralizzerebbero le protezioni della privacy e della sicurezza che gli utenti si aspettano”. Il divieto di “combinare dati personali per pubblicità mirata se non viene dato un più chiaro consenso dall’utente preoccupa a quanto pare la pianificazione pubblicitaria di Google. Il messaggio da Mountain View è, infatti, il seguente: “Sebbene sosteniamo molte delle ambizioni del DMA (Digital Market ACT ndr) in merito alla scelta dei consumatori e all’interoperabilità, siamo preoccupati che alcune di queste regole possano ridurre l’innovazione e la scelta a disposizione degli europei”.

“Siamo entrati – conferma Mayer – nella fase finale di un processo politico importante per il futuro di tutte le democrazie occidentali, africane e asiatiche. Come è avvenuto in materia di anti terrorismo (si pensi al  G7 Ministri dell’interno Ischia 2017  a Presidenza Italiana)  Bigh Tech non devono essere demonizzati, ma anzi è necessario stabilire canali di cooperazione su basi chiare.  La differenza rispetto al passato è che se l’accordo tra Biden e Von Der Layen verrà attuato rapidamente I Big Tech non potranno più approfittare come in passato delle divisioni politiche tra Stati Uniti ed Europa che non solo in materia digitale e ICT hanno caratterizzato la fase dal 2003 a oggi dopo l’invasione dell’ IRAQ”.

“L’imperativo per tutti – ha concluso- è quello di non dimenticare mai è che viviamo in un mondo diviso tra regimi democratici e autoritari.Per essere credibile la critica all’eccessivo potere dei big tech deve essere  accompagnata dalla consapevolezza che in tanti paesi (Cina e Russia, in primis) dove  le libertà fondamentali sono negate la rivoluzione digitale ha avuto effetti politici ben peggiori. Essa ha infatti favorito la sorveglianza tecnologica capillare di massa nonché la diffusione di sofisticate campagne di disinformazione in favore delle oligarchie politico-finanziarie al potere”.

 

Articolo pubblicato su agi.it

Back To Top