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Digital Markets Act Google

Perché Apple, Meta e Alphabet sono finiti sotto indagine a Bruxelles?

La Commissione europea sospetta che Apple, Meta e Alphabet - tre dei sei gatekeeper individuati - non siano del tutto conformi al Digital Markets Act che mira a limitare le posizioni dominanti delle Big tech. Tutti i dettagli

 

Entrato pienamente in vigore poco più di due settimane fa, il Digital Markets Act (Dma), voluto dall’Unione europea per arginare gli abusi e limitare le posizioni dominanti delle Big tech, inizia già a riscontrare irregolarità.

In particolare, secondo quanto dichiarato dalla vicepresidente esecutiva della Commissione europea e responsabile della politica di concorrenza, Margrethe Vestager, nel mirino sono finiti Apple, Meta e Alphabet, ma “non è detto che non siano coinvolti altri gruppi, se emergeranno criticità”.

La Commissione intende concludere il procedimento avviato oggi entro 12 mesi.

L’INDAGINE UE SU APPLE, META E ALPHABET

“Sono casi gravi, se avessimo potuto risolverli solo discutendo con le parti coinvolte, li avremmo già risolti e non avremmo aperto l’indagine. Sono anche casi emblematici di quello che il Dma rappresenta e l’utilità che può avere”, ha detto Vestager in conferenza stampa annunciando l’indagine della Commissione europea nei confronti di Apple, Meta e Alphabet per non conformità nell’ambito del Digital Markets Act.

I SERVIZI SOTTO INDAGINE

Nel dettaglio, la Commissione Ue ha messo sotto la lente d’ingrandimento i servizi Google Play e Google Search, l’App Store e la schermata di ricerca di Safari, il “modello di pagamento e consenso” (pay or consent) di Meta, che controlla Facebook.

“Sospettiamo che le soluzioni proposte dalle tre società non siano pienamente conformi al Dma. Continueremo a utilizzare tutti gli strumenti disponibili nel caso in cui un gatekeeper cerchi di aggirare o minare gli obblighi della Dma”, ha aggiunto Vestager, spiegando che “è importante raggiungere gli obiettivi del Dma, in modo che i consumatori possano beneficiare di mercati aperti e contendibili”.

La Commissione Ue ha inoltre avviato indagini sulla nuova struttura tariffaria di Apple per gli app store alternativi e sulle pratiche di ranking di Amazon sul suo marketplace.

COSA NON VA SECONDO LA COMMISSIONE

Nel caso di Alphabet, Bruxelles vuole accertare se la visualizzazione dei risultati di ricerca di Google porta all’autoreferenzialità per quanto riguarda i suoi servizi di ricerca verticali, come per esempio Google Shopping, Google Flights e Google Hotels rispetto ai servizi analoghi dei concorrenti.

Apple, invece, dovrà dimostrare di aver fornito agli utenti la possibilità di disinstallare facilmente tutte le applicazioni software e modificare facilmente le impostazioni predefinite su iOS.

Infine, la Commissione Ue indagherà su Meta per verificare se il “modello di pagamento e consenso” è conforme all’articolo del Dma che impone ai gatekeeper di ottenere il consenso degli utenti quando intendono combinare o utilizzare in modo incrociato i loro dati personali tra i diversi servizi della piattaforma principale.

I DOVERI DEI GATEKEEPER

I gatekeeper sono le sei società – Alphabet, Amazon, Apple, ByteDance, Meta e Microsoft – che la Commissione Ue ha identificato come punto di accesso importante tra imprese e consumatori in relazione ai servizi digitali.

La commissaria ha espresso “preoccupazione” e ha sottolineato che Bruxelles, oltre a essersi “impegnata a fondo negli ultimi sei mesi sia con i gatekeeper sia con le parti interessate per promuovere la piena ed effettiva conformità al Dma”, continuerà “a monitorare attentamente la situazione”.

“Vogliamo che il Dma sia applicato con precisione e facciamo in modo che nessuna società cerchi di aggirare le regole”, ha aggiunto, ribadendo che è stato chiesto ai gatekeeper di conservare documenti relativi alle aree su cui sono in corso approfondimenti.

COSA RISCHIANO LE BIG TECH

In caso di violazione del Digital Markets Act, la Commissione Ue può imporre multe fino al 10% del fatturato totale della società a livello globale, che possono arrivare al 20% in caso di violazione reiterata.

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