Il solco tra OpenAi e Microsoft potrebbe essere maggiore di quello ipotizzato nelle ultime settimane dal Wall Street Journal, se fosse confermata l’indiscrezione giornalistica secondo la quale la startup in cui Microsoft ha investito cifre che si aggirano sui 19 miliardi di dollari è realmente al lavoro su di una suite di funzionalità da ufficio.
IL CHATBOT NON BASTA
L’indiscrezione pubblicata su The Information, infatti, porrebbe in diretta competizione il software di OpenAI con Google Workspace ma, soprattutto, con Microsoft Office. Redmond aveva precorso i tempi nel 1997 facendo debuttare l’assistente di Office che i più ricorderanno senz’altro come Clippy, una tediosa graffetta dotata di occhioni da cartoon che il più delle volte non comprendeva la causa della nostra frustrazione o ci rimandava a paginate testuali che nascondevano da qualche parte la risposta al nostro dilemma tecnico.
OPENAI INTENDE SOFFIARE A MICROSOFT LO SCETTRO DEL COMANDO?
Ora OpenAI potrebbe invece potenziare tutto questo con i suoi algoritmi smart, rendendo di fatto ChatGpt un assistente digitale che segue ciascuno di noi nei programmi di lavoro utilizzati quotidianamente: da quelli per la scrittura dei testi a quelli per l’elaborazione di grafici e diagrammi, fino alle diapositive per le presentazioni aziendali, con l’ovvio obiettivo di poter fare il grosso del lavoro al posto nostro.
Sia Redmond sia Mountain View nell’ultimo periodo hanno arricchito con l’Intelligenza artificiale le loro suite lavorative Office 365 e Google Workspace, tuttavia un terzo concorrente su piazza potrebbe sparigliare le carte in un settore finora saldamente nelle mani della software house fondata da Bill Gates, così diffuso da essere anche utilizzato negli uffici pubblici di mezzo mondo (anche se la Danimarca sta provando a svincolarsi dai suoi programmi, benché per il momento resterà fedele a Windows).
L’AI PIU’ PERVASIVA VINCE
Del resto è ormai palese che non vincerà la sfida dell’Intelligenza artificiale chi riuscirà a sviluppare quella più accorta, attenta e puntuale nelle risposte ma chi predisporrà l’assistente capace di seguire l’utente in ogni ambito, dagli smartwatch all’automobile, declinandosi in mille ambiti soprattutto nelle richieste che riguardano il campo lavorativo o dello studio.
Per questo Sam Altman ha una gran fretta di liberare il suo ChatGpt dal posto in cui lo abbiamo conosciuto finora, facendolo atterrare in una pluralità di software che spazino notevolmente rispetto alla sola interlocuzione. Proprio come ha fatto Perplexity che ha cucito attorno al suo algoritmo un motore di ricerca capace di impensierire parecchio Google.
ALTMAN E CHATGPT RECLAMANO MAGGIORE LIBERTA’
In tutto ciò ha un ruolo la partecipazione di Redmond nella startup di Altman. Microsoft, com’è noto, detiene circa il 49% delle quote dell’unità for-profit di OpenAI e, mentre il numero 1 della startup reclama maggiore autonomia, Redmond sarebbe intenzionata a sfruttare la rimodulazione ventura per aumentare la presa. Resterà da comprendere dunque dove si collocherà una simile feature (laddove fosse confermata) nel sempre più precario equilibrio tra le due software house. Ma è ormai chiaro che parte della stampa ritenga che ad Altman i vincoli di Microsoft stiano stretti e ChatGpt abbia una gran voglia di evadere da quelli che lo confinano a mero chatbot.