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OpenAI sbarca in Asia e parte dal Giappone

OpenAI potrebbe raggiungere l'obiettivo di 1 miliardo di dollari di fatturato previsto per quest'anno. Parte della strategia prevede anche di espandersi in Asia, a cominciare dal Giappone, dove avrà la possibilità di avvicinarsi ad aziende locali come Daikin, Rakuten e Toyota Connected. Tutti i dettagli

 

OpenAI apre il suo primo ufficio in Asia e lo fa scegliendo la capitale del Giappone. “Abbiamo scelto Tokyo come primo ufficio asiatico per la sua leadership globale nella tecnologia, la cultura del servizio e una comunità che abbraccia l’innovazione”, ha dichiarato l’azienda leader nell’intelligenza artificiale (IA) guidata da Sam Altman.

Una decisione che si scontra con il recente appello da parte della più grande azienda di telecomunicazioni del Giappone, la Ntt, e del più importante quotidiano del Paese, Yomiuri, a legiferare velocemente per limitare l’IA generativa, ovvero quella di software come ChatGpt, in quanto – se incontrollata – potrebbe far precipitare la democrazia e l’ordine sociale.

L’ANNUNCIO DI OPENAI

“Siamo entusiasti di essere in Giappone, che ha una ricca storia di persone e tecnologia che si uniscono per fare di più. Riteniamo che l’intelligenza artificiale accelererà il lavoro consentendo alle persone di essere più creative e produttive, oltre a fornire un ampio valore alle industrie attuali e a quelle nuove che non sono ancora state immaginate”. A scriverlo è Altman nel dare la notizia dell’espansione in Asia.

COSA FARÀ OPENAI IN GIAPPONE

OpenAI ha riferito sta fornendo alle aziende giapponesi l’accesso anticipato a un modello Gpt-4 personalizzato con prestazioni migliori nella traduzione e nel riassunto di testi in giapponese, economicamente vantaggioso e tre volte più veloce del suo modello precedente.

LA PARTNERSHIP CON LE AZIENDE LOCALI

La presenza in Giappone avvicinerà inoltre OpenAI alle principali aziende tecnologiche giapponesi, tra cui Daikin, Rakuten e Toyota Connected, che già utilizzano ChatGpt Enterprise per automatizzare processi aziendali complessi, assistere nell’analisi dei dati e ottimizzare la reportistica interna.

Il chatbot sta anche contribuendo ad accelerare gli sforzi delle amministrazioni locali, come la città di Yokosuka, dove questa tecnologia viene sfruttata per migliorare l’efficienza dei servizi pubblici in Giappone. Nell’ultimo anno, infatti, secondo quanto dichiarato dalla società, la città ha gradualmente fornito l’accesso a ChatGpt a quasi tutti i dipendenti comunali e l’80% ha registrato un aumento della produttività.

Yokosuka ha quindi formato una rete con 21 amministrazioni locali, tra cui il governo metropolitano di Tokyo e la città di Kobe, per condividere le migliori pratiche di utilizzo del chatbot nell’amministrazione.

OPENAI SI PREPARA A FARE IL BOTTO?

Per Brad Lightcap, direttore operativo di OpenAI, tra incontri con centinaia di dirigenti aziendali di alto livello a New York, San Francisco e Londra – compresi i clienti del suo finanziatore Microsoft – l’azienda ha “un portafoglio di richieste” e si aspetta “un contributo significativo dal Giappone nel tempo”.

ChatGpt Enterprise, il suo servizio di intelligenza artificiale per le imprese, è uno dei modi in cui sta cercando di diversificare il proprio flusso di entrate. E, stando a Quartz, OpenAI sarebbe sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di 1 miliardo di dollari di fatturato previsto per quest’anno.

DILEMMA LEGISLAZIONE IA

Il Giappone, intanto, come il resto del mondo deve fare i conti con la regolamentazione dell’IA e se da una parte è stato scritto un manifesto (sulla falsariga di quello invocato, tra gli altri, da Elon Musk&Co) per chiedere di frenare l’IA generativa a causa dei suoi rischi sociali dall’altra il governo giapponese ha presieduto l’Hiroshima AI Process del G7 per implementare politiche in linea con i suoi obiettivi di dignità umana, diversità e inclusione e società sostenibile, aiutando al contempo il Paese a trovare soluzioni allo spopolamento rurale e alla carenza di manodopera.

QUESTIONE DI MICROCHIP

Infine, la questione microchip e rivalità geopolitiche che attanaglia Stati Uniti e Cina. Washington infatti, oltre alle restrizioni già messe in campo, ha esercitato pressioni su Giappone, Corea del Sud, Paesi Bassi, Germania e altri alleati per limitare le esportazioni di tecnologia avanzata per la produzione di chip in Cina, con la speranza di rallentare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

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