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OpenAI calpesta il diritto d’autore con Miyazaki (e chiede ancora meno vincoli)

ChatGpt di OpenAi sforna da giorni immagini simil-Miyazaki, con buona pace dei dubbi sul rispetto del diritto d'autore. Intanto, Altman chiede a Trump di liberare gli algoritmi dai vincoli normativi o l'intelligenza artificiale americana non riuscirà a essere competitiva come quella cinese.

Nelle ultime ore, le bacheche social di tutti noi sono state invase da immagini colorate caratterizzate da uno stile che si credeva unico: quello riconducibile al maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki. L’artista oggi 84enne, strenuo sostenitore delle opere realizzate a mano (nei suoi film gli interventi digitali sono infatti marginali, laddove presenti) ha all’attivo una lunghissima sequenza di capolavori (Il mio vicino Totoro, Si alza il vento, Il castello errante di Howl, Lupin III e il castello di Cagliostro, Principessa Mononoke, La città incantata, Ponyo sulla scogliera, ecc…) e a quanto pare una ancor più lunga schiera di appassionati, anche tra le istituzioni, considerato che appena ChatGpt di OpenAi ha iniziato a sfornare immagini in stile Studio Ghibli migliaia di account ufficiali si sono colorati con immagini poetiche ed evocative.

I POLITICI SGOMITANO PER FINIRE NELL’UNIVERSO DI MIYAZAKI

Persino il profilo della Casa Bianca si è lasciato contagiare, anche se l’ha fatto a modo suo, piegando le caratteristiche tipiche delle opere fanciullesche di Miyazaki per delineare immagini di tutt’altra natura che ritraevano trafficanti di droga d’oltreconfine arrestati da poliziotti americani. In Francia il profilo Instagram di Emmanuel Macron ha tributato omaggio agli uomini e alle donne della protezione civile trasformandoli in cartoni animati giapponesi, anche se non si capisce bene il perché.

Tantissimi gli esponenti politici italiani resi anime dall’intelligenza artificiale: da Matteo Renzi a Stefano Bonaccini, passando per Anna Ascani e Maurizio Gasparri per arrivare al profilo ufficiale di Fratelli d’Italia che ha trasformato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in una plausibilissima vicina di casa del placido Totoro. La Miyazaki-mania è stata tale che Sam Altman, che guida la software house responsabile dell’Ai maggiormente chiacchierata al mondo, dopo aver cambiato la sua foto profilo in un disegnino che sa di sushi e Sol Levante, ha dovuto limitare le macchine per evitare che i server implodessero sotto al peso delle richieste.

CHATGPT E IL DIBATTITO SUL DIRITTO D’AUTORE

E subito si è aperto il dibattito sul diritto d’autore (tema che ha visto contrapporre alla software house persino il New York Times): plagio? Tributo? Dibattito un po’ stucchevole, dato che se quello stile è proprio di Miyazaki tanto che tutti lo hanno immediatamente riconosciuto e in questi anni nessun altro studio si è sognato di imitarlo, un motivo ci sarà. Ma indipendentemente dalla sussistenza o meno di profili civilistici rilevanti, l’attuale condotta di OpenAi la dice lunga sulle modalità attraverso le quali intenderà muoversi nel prossimo futuro la software house statunitense. Una interpretazione che appare persino scontata tenendo in filigrana le ultime mosse di OpenAi da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca.

ALTMAN SPINGE PER LA DEREGULATION

In più occasioni Sam Altman ha esercitato pressioni sulla Casa Bianca affinché si renda protagonista di una de-regolamentazione a favore dell’Intelligenza artificiale. E dato che chi ha creato l’intelligenza artificiale non difetta di intelligenza umana, ha toccato tasti sui quali il tycoon si è rivelato particolarmente sensibile: il pericolo del sorpasso cinese. “Il governo federale può sia garantire la libertà degli americani di apprendere dall’IA, sia evitare di perdere il nostro vantaggio in materia di IA presso la Repubblica popolare cinese, preservando la capacità dei modelli di IA americani di apprendere da materiale protetto da copyright”, si legge nella nota di OpenAi che proprio alla questione del diritto d’autore dedica un passaggio alquanto fumoso.

UNA AI CORSARA PER COMPETERE CON LA CINA

Ciò che si comprende, però, è che il tema è così delicato che per Altman c’è in gioco la sicurezza Usa: “Proponiamo una strategia di copyright che estenda il ruolo del sistema nell’era dell’intelligence, proteggendo i diritti e gli interessi dei creatori di contenuti e proteggendo al contempo la leadership e la sicurezza nazionale dell’America in materia di IA.” Ma al netto di tanti giri di parole, la questione è ben esplicitata in questo passaggio: “Proponiamo un approccio olistico che consenta una partnership volontaria tra il governo federale e il settore privato e neutralizzi il potenziale beneficio della Repubblica popolare cinese derivante dalle aziende di intelligenza artificiale americane che devono conformarsi a leggi statali eccessivamente gravose”. Insomma, le Intelligenze artificiali cinesi fanno ciò che vogliono: o gli Usa adottano uno stile ugualmente corsaro o la lotta sarà impari indipendentemente dal denaro investito.

ALTRO CHE MIYAZAKI, I GIAPPONESI FINANZIANO OPENAI

A proposito di denaro: gli algoritmi continuano a essere fonte di guadagni per i nuovi paperoni della Silicon Valley: Bloomberg ha riferito che OpenAi è vicina alla finalizzazione di un round di finanziamento da 40 miliardi di dollari guidato proprio da un gruppo connazionale di Miyazaki, la giapponese SoftBank (già partner di Altman nel progetto Stargate), che sarebbe il più sostanzioso mai realizzato da una startup. Secondo le previsioni il suo fatturato annuale potrebbe superare i 12,7 miliardi di dollari nel 2025, rispetto ai 3,7 miliardi generati nel 2024. Fiumi di denaro che rischiano di indebolire ulteriormente gli argini giuridici del diritto d’autore e altri di primaria importanza (su tutti: la privacy) a favore di una intelligenza artificiale che così potrà più facilmente esondare.

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