Ricordate quando, a gennaio, le piazze finanziarie furono scosse dalla “febbre” di DeepSeek? Ricordate quando tutti leggevano l’articolo “The Short Case for Nvidia Stock” attribuendo al suo autore, alla legittima ricerca di consulenze, virtù divinatorie che avrebbero schiantato l’azienda guidata da Jensen Huang?
Poiché col mio libro “Geopolitica dell’intelligenza artificiale” (2024) ho lavorato dal 2022 a una storia dell’intelligenza artificiale che ha NVIDIA e Jensen Huang come protagonisti, anch’io ho ricevuto molte domande sulla fragilità della posizione di NVIDIA, in quel momento.
Come ho sottolineato in quei giorni, le grandi questioni strutturali messe in luce da DeepSeek sono due. Primo, il vantaggio cinese sul capitale umano, che Liang Wenfeng ha saputo sfruttare e che può portare senz’altro a innovazioni significative dentro quell’ecosistema. Secondo, la capacità delle aziende cinesi (nel caso di High Flyer – DeepSeek, ma anche nel caso di BYD, Xiaomi, ovviamente Huawei e molte altre) di innovare in modo cross-settoriale, utilizzando l’enorme competenza cinese sulla supply chain elettronica, di cui la storia di “Apple in China” ha fornito l’ennesima dimostrazione. Questi sono punti di lungo termine e di grande rilievo, mentre concludere che NVIDIA sarebbe scomparsa dalla scena o sarebbe stata fortemente indebolita e ridimensionata non era un’affermazione intelligente, perché era scatenata dal sensazionalismo e non dalla conoscenza reale dei processi.
Per capire questi temi, che hanno effetti finanziari, bisogna comprendere gli aspetti industriali, tecnologici e politici in modo profondo e tutti insieme, per pesare i vari rischi e valutare. Non si può avere certo questa comprensione se si legge il post di un tizio che vuole farsi pubblicità sulla moda del momento e si pensa di capire qualcosa. Si può avere invece se si studia a fondo la storia di NVIDIA e di Jensen Huang collocandola nel nostro panorama storico, come io ho fatto dal 2022 mentre ero al lavoro sul libro “Il dominio del XXI secolo” e poi in modo sistematico per “Geopolitica dell’intelligenza artificiale”. Quando ho iniziato questa ricerca, NVIDIA aveva circa 350 miliardi di capitalizzazione, adesso circa 3.800 miliardi. Non è questo il luogo per spiegare nel dettaglio la traiettoria del titolo ma posso concentrarmi sulle tendenze essenziali, in modo che si comprendano quali sono i processi e i rischi reali.
NVIDIA ha sviluppato una tesi di lungo corso sullo sviluppo dei prodotti che chiamiamo oggi “intelligenza artificiale”, sulla loro diffusione e sulla costruzione di una complessa infrastruttura che ne rende possibile l’addestramento e il funzionamento, che si basa sull’integrazione tra hardware e software. Si tratta del “momento iPhone dell’intelligenza artificiale” e della pretesa di esserne il capo-filiera.
NVIDIA non è quindi più da tempo un’azienda che fa “chip”, come Jensen Huang ripete da almeno 3 anni: è l’orchestratore di sistema di una complessa supply chain e di un insieme di librerie e sviluppatori che una startup, per quanto geniale o innovativa, non può riprodurre sulla scala necessaria. Non è proprio possibile. Naturalmente, è bene investire in startup del settore, soprattutto per gli europei, ma nessuna delle altre realtà emergenti, dei vari realizzatori di “acceleratori”, nemmeno nel medio-lungo termine potrà coordinare il lavoro di centinaia di imprese, taiwanesi e di altri Paesi, che devono tutte fornire i loro componenti con miglioramenti continui di performance, con una continua sfida per la nuova generazione. Secondo le parole di Jensen Huang, “Blackwell ha 1,2 milioni di componenti, 2 miglia di cavi in rame, 130.000 miliardi di transistor, per un peso di 1.800 kg”. Pertanto, finché c’è la domanda, da lì non si scappa. Un’azienda come AMD può cercare di avvicinarsi a questa capacità, anche per un’esigenza di diversificazione, ma la sua presa su una supply chain che vede Taiwan come polo di competenze essenziale non è paragonabile.
Ora, come scrivo sempre attraverso il racconto del mio libro, il problema per NVIDIA è che i suoi giganteschi clienti, cioè le principali aziende digitali del pianeta che sono sempre quelle che controllano di fatto le cosiddette “startup dell’intelligenza artificiale” (che da OpenAI ad Anthropic cercano di rendersi più indipendenti tirando su capitali), cercano di ridurre la loro dipendenza dal sistema di NVIDIA, cioè di pagare meno con soluzioni più interne. Google è la realtà che è riuscita a farlo prima e meglio di altri, anche se ovviamente non del tutto. Amazon, anche grazie all’acquisizione di Annapurna, compie da tempo un percorso similare, ma sono sempre processi lunghi, i risultati di quest’industria non si fanno né con un comunicato stampa condiviso sui social media né con un’innovazione di laboratorio. Non a caso NVIDIA ufficialmente dà enfasi alla smentita di un accordo che la danneggerebbe tra OpenAI e Google, perché questa – la capacità dei clienti – è una minaccia .
Allo stesso tempo, è utile capire che Jensen Huang ha già elaborato una tesi di relativa diversificazione sui clienti, che è “l’intelligenza artificiale sovrana” di cui parlo nel mio libro e che poteva essere compresa già più di un anno fa nella sua struttura: per NVIDIA, è la vendita dei suoi sistemi e dei suoi servizi a tutti i governi che vogliono salire sul carro dell’intelligenza artificiale. In genere non pagano come le Microsoft di turno, ma quando si tratta delle monarchie del Golfo i capitali sono molto consistenti. Cruciale è anche il fatto che la possibilità che un’impresa emiratina o saudita, invece che esserne cliente, sia invece in grado di diventare concorrente del sistema di NVIDIA, è davvero remota.
Allo stesso tempo, il concetto di “intelligenza artificiale sovrana” ha portato Jensen Huang a un pivot politico. Non a caso ha pubblicamente più volte elogiato la decisione di Trump di modificare le restrizioni all’esportazione di chip verso la Cina, definendo i precedenti controlli dell’era Biden un “fallimento” che aveva privato le aziende statunitensi di miliardi di dollari in vendite. La visione di Trump, secondo l’elogio di Jensen Huang che ha caricato apposta la critica a Biden al massimo nella comunicazione di NVIDIA, è quella di “massimizzare, accelerare la nostra diffusione, non limitarla”. Per sviluppare la sua tesi di mercato, il fondatore di NVIDIA ha così assunto un profilo più politico per trovare un consenso con l’amministrazione Trump, un percorso su cui rimangono comunque rischi notevoli.
Infine, come scrivevo nelle ultime pagine del mio libro, NVIDIA sa anche che “se non si realizza la conquista continua di nuovi mercati (come l’automobile, la robotica, la biologia, le principali aree di promesse ancora da mantenere), non risponde più alla crescita delle aspettative”. Jensen Huang, proprio perché ragiona attraverso il concetto dei “momenti iPhone” e dei grandi cicli della tecnologia, pensa ossessivamente a come affrontare l’inevitabile plateau o rallentamento del ciclo dei data center, e in ciò hanno un’importanza cruciale tutte quelle aree, già citate su cui NVIDIA alza e alzerà sempre l’asticella delle sue scommesse.