Venti anni fa Microsoft era sinonimo di segretezza. Uno dei suoi capi definì i programmi open source gratuiti come una “malattia grave”. Ma ora è tutto cambiato, come evidenzia The Economist in un lungo articolo: la più grande azienda tecnologica del mondo si è unita a un movimento per rendere i dati open source, liberi in tutto il mondo.
DATI OPEN SOURCE
“La società prevede di lanciare 20 gruppi di condivisione dei dati entro il 2022 e di distribuire alcune delle sue informazioni digitali, compresi i dati raccolti su Covid-19 – scrive The Economist -. Microsoft non è sola nella sua nuova passione per la condivisione nell’età del coronavirus. ‘Il mondo ha affrontato pandemie in precedenza, ma questa volta abbiamo una nuova superpotenza: la capacità di raccogliere e condividere dati per sempre’, ha scritto sul Washington Post lo scorso 20 aprile Mark Zuckerberg, numero uno di Facebook”.
OBIETTIVO PORRE FINE AL DATA DIVIDE
L’obiettivo, osserva Axios in un approfondimento, è quello di porre fine al “data divide”, in modo che i benefici dell’intelligenza artificiale non siano limitati a poche grandi aziende.
Non si tratta di un aspetto di poco conto, giacché l’apprendimento automatico ha il potenziale di rendere i governi e i paesi molto più efficienti, ma spesso richiede un’enorme quantità di dati, oltre alla necessaria potenza di calcolo.
SI PUNTA A ESPANDERE I BENEFICI DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
E sotto questo punto “la metà di tutti i dati creati, ogni giorno, su Internet, arriva da sole 100 aziende”, ha detto il presidente di Microsoft Brad Smith in un’intervista.
Smith ha ammesso che quelle stesse aziende, lasciate senza controllo, possono beneficiare dell’IA, mentre la maggior parte delle altre rimarrebbero inevitabilmente indietro: “Fondamentalmente, arriverà ad una manciata di aziende sulla costa occidentale degli Stati Uniti e sulla costa orientale della Cina”.
LE NUOVE LINEE GUIDA DI MICROSOFT
In virtù di questo nuovo approccio, Microsoft si è impegnata a pubblicare le nuove linee guida che guideranno la condivisione dei suoi dati con altri e a sviluppare 20 nuove collaborazioni costruite intorno ai dati condivisi entro il 2022. In questo senso, l’azienda di Redmond sta già lavorando con l’Open Data Institute e il GovLab della New York University.
Non solo. Microsoft si è anche impegnata a investire in strumenti e modelli che facilitino la condivisione dei dati da parte di altre aziende. E a rendere disponibili i suoi dati per vari progetti sociali.
IMPROBABILE CHE SI CONDIVIDANO I DATI PROPRIETARI
Malgrado ciò, avverte Axios, se da un lato è vero che Microsoft si sta impegnando a condividere i dati su temi come la salute e l’ambiente, “è improbabile che né lei né altre aziende condividano i loro set di dati proprietari, che sono quelli che probabilmente genereranno la maggior parte dei profitti nell’era dell’intelligenza artificiale”.
SMITH VUOLE UNO SFORZO GLOBALE
Gli sforzi per gli open data stanno suscitando un grande interesse da parte delle aziende in Europa e negli Stati Uniti, anche se Smith ha ribadito che vorrebbe vedere uno sforzo veramente globale. Tuttavia, ha riconosciuto che ci potrebbe volere più tempo per ottenere l’adesione delle aziende cinesi. “Proprio come Microsoft è stata un’azienda che ha adottato in ritardo l’open source, non sono sicuro di aspettarmi che la Cina sia un sostenitore precoce di questo approccio”, ha ammesso Smith.
IMPATTO DAL CORONAVIRUS
Smith non ha nascosto, inoltre, il fatto che il coronavirus abbia avuto un impatto sul progetto open data, come ha avuto su tutto il resto, ritardando l’annuncio di circa una settimana. “Come tutti, ci siamo chiesti: ‘Ci atterremo a questo o lo metteremo da parte fino a dopo COVID-19? Nell’anno 2030, passeremo quasi certamente molto più tempo a parlare della necessità di dati aperti che non di COVID-19”.
UNA MINA PER LA PRIVACY?
Ma non è tutto. La nuova politica open source potrebbe avere anche risvolti interessanti sotto il profilo della riservatezza: “Nonostante le rigide norme sulla privacy dell’Ue, alcuni eurocrati ora sostengono che la condivisione dei dati potrebbe accelerare gli sforzi per combattere il virus”, ha chiosato The Economist.