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Leonardo-Finmeccanica, che cosa succederà davvero con Fincantieri

L'analisi del generale Mario Arpino, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa

La notizia dell’accordo tra Fincantieri e Leonardo, al di là del breve comunicato congiunto dei due colossi nazionali, sta ancora rimbalzando tra le pagine web e la carta stampata. Non ci dilunghiamo sui contenuti, ormai noti. Si tratta di un rafforzamento – tale da configurarsi quale nuovo impegno – dell’accordo (faticoso) per la realizzazione delle fregate Fremm nell’ambito della joint venture Orizzonte Sistemi Navali (OSN). Fincantieri continuerà a svolgere il ruolo di prime contractor per l’intero complesso-nave, mentre Leonardo si rafforzerà come preferred partner nella gestione dei sistemi di combattimento ed i relativi apparati.

Pace fatta, quindi, dopo lo screzio per la mossa tardiva di Leonardo su Vitrociset? Pare proprio di si. Tutti sembrerebbero contenti: il presidente Conte aveva appena auspicato una maggiore sinergia tra le aziende controllate dallo Stato e, subito dopo la sigla, anche le organizzazioni sindacali della cantieristica hanno espresso piena soddisfazione. Teoricamente, quando governo, aziende e sindacati vanno d’accordo tutto dovrebbe filar liscio. Dovrebbe. Lo vedremo nei prossimi contratti, che auguriamo numerosi e proficui, visto il risultato delle gare più recenti non è stato del tutto rose e fiori.

In effetti, sia Fincantieri che Leonardo stanno ancora leccandosi le ferite per due recenti batoste. Occorre porre presto rimedio con altrettanti successi e uniti nuove vie del business potrebbero dimostrarsi percorribili. Per Fincantieri, nello scorso giugno è sfumata la gara – la cui vittoria sembrava certa anche per uno scambio nel settore dei servizi per le navi da crociera – per la fornitura alla Marina Australiana di nove fregate antisommergibile. A vincere è stato il gruppo inglese Bae Systems, specializzato nella costruzione di aerei, piuttosto che di navi da guerra. Il Commonwealth c’è, e ha battuto un colpo.

Resta in piedi la speranza di rifarsi negli Stati Uniti, dove nel 2020 si chiuderà la gara per l’assegnazione di 20 fregate multiruolo. E, visto che siamo negli Usa, parliamo subito di Leonardo, che ha appena perso una gara per la fornitura di 351 velivoli da addestramento (l’ottimo M-346), alla quale si era presentata assieme alla controllata locale Drs. Ha vinto il gigante americano Boeing, che ha presentato un velivolo ancora prototipo della svedese Saab. In effetti Boeing – qui da noi (specie in Aeronautica) lo avevano previsto – sarebbe stato l’alleato forte per Leonardo, che invece ha tergiversato ed è stata costretta a presentasi nuda. Ora dovrà consolarsi con la fornitura all’Usaf di alcuni elicotteri Aw-139, contratto non paragonabile rispetto a quello appena sfumato.

Le alleanze contano e devono essere quelle giuste, perché si è ormai dimostrato che valgono più del prodotto e, come nel caso Bae System, dell’esperienza industriale di settore. A questo proposito, si ricorderà che l’Italia, nel settembre dell’anno scorso, dopo lo strappo di Macron aveva raggiunto un accordo di massima sul dossier Stx-Fincantieri, cui sarebbe andato il 50% come controllo diretto, più una quota dell’!% in “prestito” dal governo francese. Spada di Damocle, perché se la Francia revoca il prestito l’Italia perde la maggioranza. Non ci sono dubbi, e lo dimostra il comportamento a dir poco spregiudicato che i cugini tengono nei nostri confronti in politica estera, che al primo screzio la Francia utilizzerà questa facoltà, gelosamente custodita.

Di avvisi velati ne abbiamo già avuti, e più d’uno, sebbene subito ufficialmente smentiti. C’è da fidarsi? Sull’affaire Leonardo-Fincantieri, che sembrerebbe una questione puramente nazionale, la Francia resta il convitato di pietra. Se, come abbiamo detto, l’accordo tra i nostri due campioni nazionali piace a tutti, può darsi benissimo – anzi, possiamo darlo per scontato – che ai francesi di Naval Group (navi militari) il potenziamento del ruolo di Leonardo all’interno di OSN piaccia assai poco, o non piaccia affatto. Dentro Naval Group (per un terzo del capitale) infatti c’è Thales, che in altre imprese è anche partner di Leonardo, ma che sui sistemi di bordo è in forte concorrenza.

Può diventare un casus belli? Ufficialmente lo si nega, ma l’accordo è lento, procede faticosamente e l’1% in prestito ci mette assai poco a saltare. A prescindere dal fatto che i nostri due campioni si fondano in Cassa depositi e prestiti, evento per alcuni aspetti auspicabile, o permanga l’attuale stato di separazione, mitigata dal rinnovato accordo Orizzonte.

(FINMECCANICA, CHI BORBOTTA E CHI ELOGIA L’ARRIVO DI VIOLANTE ALLA FONDAZIONE DI LEONARDO)

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