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La Ue ha messo il turbo all’indagine su X di Musk?

La Commissione europea intenderebbe accelerare l'inchiesta sulle presunte violazioni del Dsa comunitario da parte della piattaforma social X di Elon Musk: ecco i profili che non vanno giù alla Ue

Il momento più basso nelle burrascose relazioni tra X, l’ex Twitter ormai “cosa” di Elon Musk e Bruxelles fu toccato poche ore prima dell’intervista dello stesso Musk a Donald Trump. Lo scorso agosto, l’allora commissario europeo per il mercato interno e i servizi, Thierry Breton, intimò al proprietario della piattaforma di rispettare gli obblighi legali anti diffusione di fake news previsti dal regolamento digitale “Digital Security Act” dell’Unione europea, ricordandogli di avere in mano un megafono portentoso che richiedeva responsabilità maggiori.

IL RAPPORTO BURRASCOSO TRA LA UE E X DI MUSK

La sortita del commissario finì malissimo: il francese si beccò da Musk insulti, meme, sberleffi e l’accusa di essere un despota, mentre la Ue, imbarazzata, lo lasciò pubblicamente solo parlando di lettera mai concordata.

Ma Breton non aveva tutti i torti. Stante il dettato del Dsa (giusto o sbagliato che sia, qua non rileva), è innegabile che X e il suo patron-padron pongano in essere condotte border line, tanto più nelle ultime ore, con la nuova intervista in diretta su X di Musk ad Alice Weidel, deputata al Bundestag e leader di Alternative für Deutschland, partito accreditato come seconda forza politica del Paese in vista delle elezioni anticipate del 23 febbraio, si è rivolto direttamente all’utenza europea. Chiaro l’intento dell’uomo più ricco del mondo di sfidare Bruxelles.

FAKE NEWS E SPUNTE BLU PROLIFERANO?

Forse anche per questo paiono credibili le informazioni raccolte da Bloomberg secondo cui l’Unione Europea intenderebbe accelerare il verdetto sull’indagine relativa alle regole di moderazione di X. In merito, l’agenzia ha potuto visionare una serie di documenti della Commissione che analizzano un doppio profilo di criticità: da un lato si parla del proliferare della disinformazione sul conflitto tra Israele e Palestina, dall’altro viene fatto anche l’esempio della “spunta blu”, emblema ricorrente sul Web.

Con la differenza chem mentre su tutte le altre piattaforme identifica profili pubblici e autorevoli attraverso un sistema di verifica dell’identità dell’utente, su X è diventato sostanzialmente un servizio premium in abbonamento che chiunque può appuntarsi al proprio profilo. Ma l’utente medio tenderebbe a privilegiare ciò che dicono i profili con la spunta.

Ci sarebbe poi un terzo versante: l’algoritmo, che tenderebbe a premiare i post di Musk e il cui funzionamento resta oscuro. Qua per ammissione della stessa Ue “ci vuole più tempo a compiere le nostre analisi, dobbiamo essere sicuri che la nostra posizione sia ben giustificata prima di prendere misure, se mai le prenderemo”.

META C’ENTRA QUALCOSA?

Il fatto che Musk, giocando a fare il giornalista e divertendosi a lasciare il microfono sotto il naso di personaggi spesso estremisti, senza contraddittori per verificare la bontà delle loro dichiarazioni elettorali e senza contraltari dati da uguali spazi destinati ai rispettivi avversari, incarni o meno una violazione del Dsa europeo è ancora tutto da appurare.

Bisognerà comprendere se X vada sottoposto ai limiti dei programmi stile “tribuna politica” e dunque soggetto a criteri che qui in Italia facciamo risalire alla norma sulla par condicio, che negli Usa manco capiscono e hanno intenzione di attuare: per loro è infatti normale avere emittenti e programmi giornalistici dichiaratamente e spregiudicatamente di parte.

La questione che il suo modello risulti vincente e venga seguito anche da Meta, finora almeno sulla carta maestro del modello cerchiobottista, pare allarmare il legislatore comunitario che potrebbe quindi voler intervenire per fermare l’emulazione ormai già in essere, col conseguente effetto domino sul fronte del profluvio di post dichiaratamente fasulli. Anche perché la Ue indaga proprio su quelle Community Notes escogitate da Musk e che piacciono tanto a Zuckerberg.

TUTTI I SOCIAL ATTENZIONATI DALLA UE

Ma la realtà è che se le ultime decisioni di Meta preoccupano l’Ue e X potrebbe già aver oltrepassato in più di una occasione la linea rossa di ciò che non è permesso dal Dsa, anche la cinese TikTok starebbe dando non pochi grattacapi a Bruxelles: la scorsa primavera, la piattaforma aveva lanciato in alcuni Paesi Ue il programma TikTok Lite Rewards, senza però sottoporre preventivamente una valutazione dei rischi – come previsto dal Dsa – alla Commissione europea. L’intervento della Ue ha costretto TikTok a ritirare il programma da tutto il territorio dell’Ue.

E poi c’è una indagine in corso che pare avere proprio profili politici: la Commissione europea ha ordinato a TikTok di conservare tutti i documenti relativi alle elezioni e ai rischi sistemici “reali o prevedibili” che la piattaforma potrebbe aver innescato. Il periodo temporale copre fino al 31 marzo 2025 con l’intenzione di scovare eventuali collegamenti pure con riferimento all’appuntamento elettorale tedesco del prossimo 23 febbraio.

I GIGANTI DEI SOCIAL TIRANO DRITTO

Le multe per le violazioni della legge possono arrivare fino al 6 per cento del fatturato mondiale. Ma a quanto pare ciò non ha dissuaso l’uomo più ricco del mondo dal cambiare andazzo e Menlo Park dall’operare una giravolta che la portasse a criticare apertamente la rigidità delle regole comunitarie: nel suo ultimo discorso Zuckerberg ha detto che è sempre più difficile fare innovazione in Europa.

Innegabile che la Commissione, senza Big Tech interne cui fare affidamento, per non lasciare l’utenza del Vecchio continente in balia dei capricci di soggetti esteri, nell’ultimo periodo abbia abbondato con leggi e leggine calandosi nel ruolo di una unione europea dei consumatori. Un atteggiamento accolto con insofferenza crescente dalle aziende estere dell’Est e dell’Ovest, che per questo – la tesi di molti osservatori particolarmente critici verso i social media – sembrano voler esercitare la propria attività di lobby contribuendo a cambiare i propri referenti politici.

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