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La privacy al tempo dei Big data, una fatica di Sisifo?

Estratto del libro "La cultura liberale Breviario per il nuovo secolo" scritto dal filosofo Corrado Ocone per Giubilei Regnani editore (2018)

Il liberalismo moderno si era costruito sulla netta distinzione fra pubblico e privato. “Costruito” è proprio il termine giusto perché questa distinzione, come le altre che caratterizzano la modernità, è frutto di un processo storico. È una vera e propria “invenzione”. In qualche modo è il pubblico che si autolimita e costituisce la sfera del privato, o, al contrario, il privato che affida al pubblico una parte della sovranità che ha su sé stesso. In perfetta continuità con quella tradizione giudaico-cristiana in cui affondano, liberalismo e modernità hanno concepito l’uomo terreno come un’unione di due elementi separati e separabili fra loro (Cartesio ha parlato di res extensa e res cogitans): affidando alla potestà individuale la parte più nobile – il foro interiore – e allo Stato il potere su quella esterna, cioè sui corpi.

La privacy, che è diventata quasi un’ossessione dei nostri tempi, è fondata su questa distinzione: c’è un foro interiore che è solo mio e nessuna autorità, nemmeno lo Stato, può intromettersi in essa o contestarmi le idee che in essa maturano. Questo schema, approssimativo come tutti gli schemi empirici, è venuto per la prima volta in seria crisi con l’avvento dei totalitarismi, i quali, con un uso spregiudicato della persuasione e della “psicologia delle masse”, hanno preteso di avere piena potestà non solo sui corpi ma anche sulle anime degli individui. Una vera e propria pubblicizzazione del privato. Scomparsi quei regimi, anche nelle nostre democrazie quella distinzione su cui si era fondata la modernità ha cominciato a mostrare molte crepe: l’individuo, per i più diversi fini, è sempre più monitorato, controllato, “tracciato” nei suoi atti e comportamenti.

La tecnologia, con l’avvento della globalizzazione informatica, ha dato un aiuto. Di pari passo, si è cercato e si cerca di regolarizzare con leggi e normative, la gestione dei dati. Sembra, sempre più, una fatica di Sisifo. Sempre più noi siamo i nostri dati, e questi dati rischiano di essere a disposizione, se non di tutti, di troppi. È inutile negare che un problema per la nostra libertà si pone e che, se non l’utopia del Grande Fratello, certo il pericolo di un adattamento, per comodità e inconsapevolezza, più o meno volontario a comportamenti e modi di pensare standard esiste. E ciò che è standard è per principio nemico della libertà. Smontare il mito della “trasparenza”, mostrando come l’uomo, quando la luce è troppa, rischia di non vedere allo stesso modo di quando è al buio, è un contributo minimo che un liberale può dare in questa fase. Ancora una volta, il liberalismo si mostra come la tecnica che sa mediare e tenere in vita i poli opposti: è questa mediana la sua dimensione, così come quella in cui in generale si muove ciò che è umano.

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