Esattamente un mese fa Pavel Durov, carismatico fondatore di Telegram, metteva improvvidamente piede a Parigi pur sapendo di essere ricercato e veniva prontamente arrestato. Trenta giorni dopo, oltre alla cauzione da cinque milioni di euro utile ad attendere il processo a piede libero, sull’altare della Giustizia d’Oltralpe l’ex enfant prodige del mondo hi-tech mette anche il cambio di regole di Telegram. C’è chi, tra gli utenti più assidui della chat eletta a ultimo baluardo del free speech, malignando, ha già detto che il creatore dell’app sta barattando l’anima di Telegram con la propria libertà.
L’IMPROVVISA REDENZIONE DI TELEGRAM
Quel che è certo è che già dal 5 settembre Durov, fulminato sulla via de La Santé (il carcere di Parigi) ha intrapreso una serie di azioni che parrebbero dettate dalla magistratura. Azioni volte a restringere la Frontiera virtuale e a far terminare l’epopea del Far West online, almeno su quelle lande elettroniche.
Nel caso in cui l’autorità inquirente dovesse bussare alle porte di Telegram per avere informazioni su possibili delinquenti che sfruttano la piattaforma in vario modo per le loro losche attività, la compagnia non farà più spallucce ricordando a poliziotti e magistrati che da quelle parti l’anonimato è alla base della libertà.
IP E NUMERI NON SARANNO PIU’ PROTETTI
La popolare app di messaggistica, infatti, d’ora in poi fornirà gli indirizzi IP e i numeri di telefono degli utenti alle autorità competenti nel caso di valide richieste legali. Lo scopo, come dichiara lo stesso Durov, è scoraggiare l’uso criminale dell’app.
Una piroetta bella e buona. L’impermeabilità di Telegram – almeno secondo le accuse piovute un po’ dai governi di tutto il mondo e portate avanti dai magistrati francesi – aveva permesso alla piattaforma di diventare la tana di estremisti e terroristi. Ma anche di semplici pirati informatici che si scambiavano materiale in violazione delle leggi sul copyright. Tutti loro erano abbastanza sicuri di poter operare alla luce del sole tutelati dalla scarsa propensione della piattaforma a collaborare con le autorità.
IL PESO DEI 12 CAPI D’IMPUTAZIONE
“A oggi, abbiamo divulgato 0 byte di dati degli utenti a terze parti, governi compresi”, si leggeva a caratteri cubitali, fino a poche ore fa, sul sito web di Telegram. Ma evidentemente i 12 capi di imputazione che les magistrats du parquet hanno mosso nei confronti di Pavel Durov hanno spinto il fondatore della macchina a tirare il freno d’emergenza e a non perseguire più una linea tanto oltranzista. Un ravvedimento operoso in piena regola frutto di una strategia processuale che a quanto pare non vuole arrivare allo scontro con i giudici francesi.
IL MESSAGGIO DI DUROV AGLI ISCRITTI A TELEGRAM
Stretta in vista anche sulla ricerca su Telegram che lo stesso Durov ha definito “più potente rispetto ad altre app di messaggistica perché consente agli utenti di trovare canali pubblici e bot. Sfortunatamente – ha spiegato il founder – questa funzionalità è stata abusata da persone che hanno violato i nostri termini di servizio per vendere beni illegali”.
Per questo, “nelle ultime settimane, un team dedicato di moderatori, sfruttando l’intelligenza artificiale, ha reso la ricerca su Telegram molto più sicura. Tutti i contenuti problematici che abbiamo identificato nella ricerca non sono più accessibili”. Chi trovasse “qualcosa di pericoloso o illegale nella ricerca su Telegram” potrà segnalarlo “tramite @SearchReport”.
“Per scoraggiare ulteriormente i criminali dall’abuso della ricerca su Telegram – segnala sempre Durov -, abbiamo aggiornato i nostri Termini di servizio e l’Informativa sulla privacy, assicurandoci che siano coerenti in tutto il mondo. Abbiamo chiarito che gli indirizzi IP e i numeri di telefono di coloro che violano le nostre regole possono essere divulgati alle autorità competenti in risposta a valide richieste legali. Queste misure dovrebbero scoraggiare i criminali”.
“La ricerca su Telegram – chiosa il giovane imprenditore – è pensata per trovare amici e scoprire novità, non per promuovere beni illegali. Non permetteremo che malintenzionati mettano a repentaglio l’integrità della nostra piattaforma, che offre servizi a quasi un miliardo di utenti”.