Il dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha deciso di investire fino a 150 milioni di dollari in xLight, una startup di tecnologie per i semiconduttori in cui l’ex-amministratore delegato di Intel, Pat Gelsinger, ricopre la carica di presidente esecutivo. La mossa del governo americano sembra rispondere alla stessa logica che ne ha guidato l’ingresso nel capitale di Intel (ha ottenuto una quota del 9,9 per cento attraverso l’iniezione di circa 9 miliardi): Washington vuole partecipare direttamente alle dinamiche di alcune aziende considerate “critiche” per la sicurezza economica e nazionale degli Stati Uniti.
L’IMPORTANZA DI xLIGHT
In effetti, Intel – pur non essendo più quella di un tempo, cioè l’indiscusso colosso dei semiconduttori – rimane comunque una delle poche società americane attive sia nella progettazione che nella manifattura di microchip. E anche xLight è “critica”: sta sviluppando una tecnologia basata sui laser da utilizzare nei processi di litografia ultravioletta estrema (Euv), che permettono la creazione di circuiti su scale ridottissime. L’azienda olandese Asml detiene un monopolio globale sui macchinari Euv, e si affida per i laser alla società tedesca Trumpf.
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L’investimento governativo, dunque, verrà utilizzato da xLight per costruire e testare un prototipo di laser che possa fungere da fonte di luce per i processi di litografia ultravioletta estrema.
LE PAROLE DI GELSINGER
Pat Gelsinger, presidente esecutivo di xLight, ha dichiarato che “rilanciare la legge di Moore e ripristinare la leadership americana nel settore della luce è un’opportunità che capita una volta in una generazione e, con il sostegno del governo federale, xLight trasformerà questa opportunità in realtà”. La legge di Moore dice che il numero di transistor presenti su un microchip raddoppia all’incirca ogni due anni grazie al progresso tecnologico, che permette di superare i limiti e di raggiungere prestazioni sempre più avanzate.
Gelsinger è stato rimosso dalla posizione di amministratore delegato di Intel a causa del fallimento del suo piano di potenziamento della divisione manifatturiera. Il suo sostituto, dallo scorso marzo, è Lip-Bu Tan: è impegnato nel risanamento della società e il contenimento dei costi, principalmente attraverso il taglio della forza-lavoro e la sospensione dei progetti all’estero.
INTANTO, INTEL VA IN MALAYSIA…
Tan è nato in Malaysia da genitori cinesi. Proprio la Malaysia è stata scelta da Intel per un investimento aggiuntivo di 208 milioni di dollari, volto a fare del paese il suo centro di assemblaggio e collaudo dei microchip: o così, perlomeno, ha dichiarato il primo ministro malese Anwar Ibrahim.
È vero, comunque, che Intel ha dei grandi piani per la Malaysia: la fabbrica di confezionamento avanzato di Penang, annunciata nel 2021 per un valore di 7 miliardi di dollari, è quasi completa. La Malaysia è un’attrice rilevante nella filiera mondiale dei semiconduttori, specialmente negli anelli finali della supply chain: vale il 13 per cento del mercato mondiale del confezionamento, assemblaggio e collaudo dei chip; questo settore vale addirittura il 40 per cento del valore delle esportazioni malesi.
L’insistenza di Intel con la Malaysia potrebbe irritare l’amministrazione di Donald Trump, che al contrario vorrebbe vedere più investimenti manifatturieri sul suolo statunitense, anche se la produzione made in Usa ha costi molto più elevati rispetto a quella delocalizzata nel Sud-est asiatico.



