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Influencer, alle aziende piacciono nano?

Le aziende ingaggiano sempre più “nanoinfluencer”, Instagrammers con meno di mille follower per pubblicizzare i loro prodotti come se fossero "consigliati da amici”. Da un report del Nyt

Chiara Ferragni con i tuoi 13M (millions) di followers fatti in là. Prima c’erano i top influencer con una corte di follower dal milione in su. Poi sono arrivati i micro influencer, si comportano come i top ma per un seguito meno vasto, dalle decine alle centinaia di migliaia di follower.

Ma le aziende si sono accorte che con il loro successo e la loro fama online, i post dei loro influencer potrebbero perdere la qualità casalinga che un tempo li distingueva dalla folla delle celebrità testimonial. Per questo ora preferiscono affidare l’attività advertising a Instagrammer con meno follower.
Ecco alcuni dettagli della nuova frontiera dell’influencer marketing raccontata dal New York Times.

CHI SONO I NANOINFLUENCER

Persone che hanno poco più di mille follower e sono disposti a pubblicizzare prodotti sui social media. Sono i nanoinfluencer e la loro mancanza di fama è una delle qualità che li rende accessibili.

PERCHÉ PIACCIONO ALLE AZIENDE

Quando “consigliano” uno shampoo o una lozione su Instagram, il loro post (anche se advertising nudo e crudo) sembra genuino come il suggerimento di un amico. “È come se uno dei tuoi amici ti dicesse che un nuovo prodotto per la cura della pelle è sorprendente, ma invece di parlare ai miei amici all’happy hour, sono io a dirlo su Instagram”, racconta una nanoinfluencer al NyT. E le aziende amano lavorare con loro perché sono facili da gestire. A differenza di Instagrammer in grado di garantire una visibilità dal migliaio di like.

LA RETRIBUZIONE

Per la maggior parte dei nanoinfluencer, il denaro non fa parte dell’accordo. Ricevere prodotti gratuitamente è considerato un equo compenso per gli annunci pubblicati al di fuori della normale attività lavorativa.

COME FUNZIONA

L’assenza di un corrispettivo in denaro non deve far pensare che l’influencer marketing non abbia comunque alcune regole a cui attenersi. Le aziende o le attività commerciali che stringono rapporti con i nanoinfluencer di solito si assicurano post pubblicitari nei loro feed di Instagram con cadenza regolare. Inoltre, più è prestigioso il marchio, più l’azienda pretenderà un controllo sul post adv, per esempio fornendo al nanoinfluencer parole chiave tassative.

LA PAROLA AGLI ESPERTI

La Gen Z, ovvero i consumatori più giovani dai 13 ai 21 anni, ha un rapporto diverso con le aziende rispetto ai coetanei della generazione passata, sottolinea Sarah Stovold, amministratore delegato di NextWave, una società di consulenza focalizzata sul marketing giovanile. “C’è un forte spirito imprenditoriale in questa generazione”, ha dichiarato la Stovold “Hanno visto amici e persone che vedono come amici guadagnare con questo tipo di attività con i marchi” e vogliono provarci anche loro. E le aziende non aspetterebbero altro. Almeno secondo Mae Karwowski, amministratore delegato di Obviously, un’agenzia di influencer marketing che conta 7.500 nanoinfluencer nel proprio database e prevede di raddoppiare quel numero entro marzo. I nanoinfluencer sono un’opportunità largamente inutilizzata e poco costosa, proprio per questo una strategia vincente per Karwowki.

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