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Il Tribunale penale internazionale dell’Aia si libera di Office per evitare ricatti trumpiani?

Dopo che Trump ha sanzionato il procuratore capo della CPI, Karim Khan, per il mandato d'arresto nei confronti di Netanyahu il magistrato s'è trovato escluso dai suoi account lavorativi. Una situazione inedita che ha spinto il Tribunale penale internazionale dell'Aia a liberarsi del software statunitense così da evitare di finire paralizzata

La sovranità digitale è diventata un tema pressante per il Vecchio continente. Le istituzioni europee invitano i 27 a non restare con le mani in mano, favorendo software house e programmi nazionali, ma se si esclude una timida iniziativa danese, finora è stato fatto ben poco. Nel cuore dei Paesi Bassi però si sta muovendo in tutta fretta, dice l’Handelsblatt, la Corte Internazionale dell’Aia, evidentemente non troppo tranquilla di lavorare su software statunitensi in un periodo storico in cui nemmeno le istituzioni internazionali si salvano dalle intemperanze del presidente americano Donald Trump.

CAMBIO DI SOFTWARE ALL’AIA

Da quanto si apprende, il Tribunale penale internazionale ha deciso di rivoluzionare i programmi dei PC che stazionano negli uffici dei magistrati e dei cancellieri: via la suite di Microsoft Office, dentro openDesk, una piattaforma open source sviluppata dal Centro tedesco per la Sovranità Digitale – ZenDiS.

UN TRIBUNALE SOTTO SCACCO VIRTUALE?

E’ lo stesso Handelsblatt a parlare apertamente in merito alla decisione non solo della volontà di ridurre la dipendenza dalle tecnologie americane, ma anche e soprattutto della crescente preoccupazione per possibili ritorsioni dell’amministrazione statunitense.

Un tribunale, del resto, non può sentirsi minacciato o limitato nel proprio agire e la possibilità che i magistrati dell’Aia temano di finire paralizzati dal giorno alla notte nel loro lavoro senza più i software usati fino a oggi lascia intendere il clima, tutt’altro che sereno, che si respira.

COS’E’ ZENDIS

Oltre ai programmi di rito, il software sviluppato col sostegno del ministro degli Interni tedesco ha applicativi per le chat tra il personale, le call, la condivisione di task (quindi sostituisce pure i Trello o gli Asana) e soprattutto lo storage di file.

Opendesk integra componenti di otto produttori europei – Collabora, Element, Nextcloud, Nordeck, OpenProject, Open-Xchange, Univention e XWiki – e offre un pacchetto potenzialmente idoneo a escludere i prodotti delle rivali americane.

Come si anticipava, a sviluppare il pacchetto è ZenDiS, una software house di proprietà del governo federale tedesco, creata con l’obiettivo di rafforzare l’autonomia digitale della pubblica amministrazione e “superare le dipendenze critiche da singoli fornitori di tecnologia”.

IL PRECEDENTE CHE HA MESSO IN ALLARME I GIUDICI

Mossa politica della Corte? Non solo. La vicenda è una chiara risposta del Tribunale a quanto accaduto a inizio anno a Karim Khan, procuratore capo britannico della Corte penale internazionale. Colui insomma che ha firmato i mandati di arresto per il presidente russo Vladimir Putin e per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Ebbene, nel febbraio di quest’anno Khan è stato aggiunto all’elenco di Washington delle “Specially Designated Nationals and Blocked Persons”, ovvero si è ritrovato proprio malgrado nella lista nera delle persone alle quali “è vietato fare affari con gli statunitensi e sono soggette a restrizioni di ingresso negli Stati Uniti”.

All’amministrazione Trump non è infatti andato giù che il Procuratore abbia esercitato l’azione penale nei confronti di Israele per le atrocità commesse sul popolo palestinese nei due anni del recente conflitto di Gaza.

Un’azione penale spuntata, dal momento che Tel Aviv non riconosce la giurisdizione dell’Aia, ma che ha resto a dir poco disagevoli gli spostamenti aerei del Primo ministro, specie nelle sue numerose visite a Washington dato che gli Stati membri della Ue invece potrebbero dare seguito al mandato di cattura internazionale.

TRUMP METTE LE MANI NEI PC DEI GIUDICI DELL’AIA?

Il Procuratore capo, capitolato comunque di lì a breve per difendersi da accuse di molestie sessuali montate – in modo sospetto, dicono taluni – proprio contestualmente alla sua azione contro Netanyahu, in quell’occasione oltre a vedersi i fondi congelati si era trovato tagliato fuori dai suoi account di lavoro. Decisamente troppo, da qui dunque un lavorio carsico finalizzato a sostituire completamente i software americani che potrebbero subire analoghi switch off.

Anche perché il Tribunale internazionale dell’Aia potrebbe tornare a esprimersi contro Israele soprattutto se, a guerra finita, senza più bombe e droni che esplodono ovunque, dovessero emergere dalle macerie del territorio lunare di Gaza nuove prove di crimini di guerra – o persino contro l’umanità – posti in essere da Israele. Gli Usa, da parte loro, hanno già lasciato intendere di avere in canna nuove sanzioni, questa volta contro l’intera istituzione e non contro i singoli giudici.

LA UE DOVREBBE FARE ALTRETTANTO?

La vicenda, per quanto apparentemente vincolata all’Aia, dovrebbe in realtà mettere in guardia l’intera Unione europea: per anni Bruxelles ha guardato con sospetto i software made in China per motivi di sicurezza nazionale, ma pure i programmi americani in questo attuale periodo storico sollevano enormi interrogativi circa la loro reale affidabilità.

Possiamo infatti avere in mano le chiavi d’accesso di tali software, ma se l’inquilino della Casa Bianca, bizzoso e tempestoso come pochi altri leader mondiali, decide di cambiare tutte le serrature, le nostre pubbliche amministrazioni (scuole, ospedali, infrastrutture strategiche…) si ritroverebbero paralizzate. Uno scenario distopico che le continue azioni spregiudicate di Trump, ben poco incline al “pacta sunt servanda” che fa da collante nelle relazioni internazionali mondiali, hanno reso via via più credibile. Finalmente il software “made in Europe” avrà la possibilità di germinare e sbocciare?

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