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Il tempo delle startup. Il post di Santangelo

Il post di Salvatore Santangelo Sono sempre più convinto che ciò di cui oggi l’Italia ha bisogno non sono altre “sicurezze”. Occorre invece creare le condizioni per tornare a “intraprendere”, contaminare la realtà con quelle atmosfere che accompagnano le nuove iniziative imprenditoriali, lo spirito di avventura e di sfida; tutte quelle caratteristiche che si ritrovano…

Sono sempre più convinto che ciò di cui oggi l’Italia ha bisogno non sono altre “sicurezze”.

Occorre invece creare le condizioni per tornare a “intraprendere”, contaminare la realtà con quelle atmosfere che accompagnano le nuove iniziative imprenditoriali, lo spirito di avventura e di sfida; tutte quelle caratteristiche che si ritrovano attorno all’espressione startup. Come ci ricorda Alberto Onetti di Mind the bridge: “Fare startup significa fare impresa”.

Parliamo di qualcosa che appartiene al Dna stesso del nostro Paese, ma dagli anni ’70 si è progressivamente smesso di alimentare questa vocazione. Rubando sempre una battuta a Onetti: “Avere startupper significa avere persone che si cimentano con progetti imprenditoriali, che provano a fare impresa. E con tutti questi tentativi si sta creando una nuova generazione di imprenditori”. Un ruolo fondamentale lo stanno giocando i diversi incubatori che operano nel Paese. Penso a H-farm che Riccardo Donadon e Maurizio Rossi hanno trasformato in uno dei brand più affermati in questo campo.

H-farm – dopo una recente ricapitalizzazione per 8 milioni (sottoscritta per lo più da Cattolica Assicurazione) – rilancia un progetto d’investimenti per oltre 101 milioni di euro, di cui 60 per il campus e oltre 41 per l’acquisizione di immobili esistenti e terreni.

Persino a Roma, con la nascita di Luiss EnLabs (che ha alle spalle la Luiss e l’esperienza di Luigi Capello) si respira un’aria nuova che si alimenta di quegli ingredienti che Richard Florida ha messo alla base del “successo competitivo” dei territori: “Talento, tecnologia, tolleranza”. Nata a Roma nel 2012, LVenture (il fondo sottostante a Luiss EnLabs) ha dato vita a 15 programmi di accelerazione e sostenuto già 105 startup. Attualmente gestisce un portafoglio da oltre 18 milioni di euro.

Come spesso accade la notorietà crea anche un’attenzione da parte della politica che cerca di rigenerare la propria immagine con temi percepiti come “di tendenza”, e così si moltiplicano i tentativi di riprodurre i casi di successo; ma come ci ha insegnato lo studio di Vivek Wadhwa sui tentativi falliti nell’emulare “a tavolino” il modello Silicon Valley, il successo non sta tanto e non solo nell’università, nelle imprese, e nemmeno nei pur importanti investimenti governativi. La ragione della forza di questo modello sta piuttosto in un’alchimia originale, nelle persone, e nelle “relazioni uniche” tra territori, strutture accademiche e aziende.

Quindi il suggerimento è quello di creare una collaborazione sempre più stretta tra le realtà già esistenti e sostenere una dinamica dal basso verso l’alto. Questo non significa che i decisori politici non debbano giocare un proprio ruolo, sempre Florida ci ricorda che “Negli Stati Uniti, l’economia creativa è potente e diffusa perché è sostenuta da una forte infrastruttura” ma, più che distribuire le risorse a pioggia, occorre lavorare sulle “basi”: diffusione delle reti, uso della “leva fiscale” per sostenere la ricerca, sostenere l’accesso al credito e semplificare le procedure. Proprio gli startupper sono i veri eroi del nostro presente. Lo sono anche nella loro capacità di affrontare quella misteriosa dimensione che è il tempo, quel concetto artificiale creato dall’uomo per rendere sopportabile l’assenza di limiti dell’universo. Il tempo dei bambini è lungo e lento, fatto di grandi intervalli; quello degli adulti corre via fin troppo veloce. Il tempo quindi dipende dalla percezione. E questo è ancora più vero quando si devono gestire le sfide del mercato, della concorrenza e dell’asfissiante burocrazia. Ci sono i “tempi lunghi” che vanno affrontati con pazienza e tocco leggero, aspettando il momento opportuno senza reagire impulsivamente. Ci sono poi i “tempi forzati”, quelli che possono essere manipolati per sconvolgere quelli dei concorrenti. Poi, c’è il “tempo finale” in cui l’impresa deve essere portata a compimento con decisione e rapidità.

Dopo aver atteso, scorto il momento opportuno, non si deve più esitare.

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