Google News ha i giorni contati nell’Unione europea. Forse. A mettere in conto la chiusura del servizio di aggregazione notizie di Big G è proprio il suo capo, Richard Gingras. La colpa è della link tax contenuta nella direttiva europea sul copyright volta a ricompensare gli editori di notizie qualora parti dei loro articoli compaiano nei risultati di ricerca.
IL FUTURO EUROPEO DI GOOGLE NEWS
“Non è auspicabile chiudere il servizio”, ammette il direttore news del motore di ricerca al Guardian invitando le istituzioni di Bruxelles a modificare il testo della propria legislazione. “Non possiamo prendere una decisione finché non vediamo la formulazione finale”, ha precisato Gringras.
IL FAMIGERATO ART.11
In base all’art. 11 della normativa le piattaforme online dovranno pagare una licenza per collegarsi agli editori pubblicando gli snippet delle loro notizie. Questa norma è stata progettata per mitigare il potere sugli editori che gli aggregatori di notizie – Google e Facebook giusto per citarne due – hanno accumulato nell’ultimo decennio.
LO SPAURACCHIO DELLA DIRETTIVA COPYRIGHT
Adottata dal Parlamento europeo lo scorso 12 settembre, la direttiva sul diritto d’autore è ora pronta a passare al vaglio dei negoziati per arrivare all’approvazione definitiva.
La normativa è stata progettata per compensare equamente gli editori di notizie i cui frammenti degli articoli appaiono nei risultati dei motori ricerca. Con l’entrata in vigore della direttiva, i giganti della tecnologia dovranno dunque pagare per il lavoro di artisti e giornalisti che finora hanno “sfruttato” tout court. Al momento però è tutto sulla carta, in quanto la direttiva dovrà passare i negoziati del Consiglio e infine i singoli paesi membri dovranno recepire le nuove disposizioni nella loro legislazione nazionale.
IL PRECEDENTE SPAGNOLO
Prima di Bruxelles in realtà, ci ha provato già la Spagna come ricorda Gringras. Nel 2014 i legislatori hanno elaborato una versione ancora più severa della legge che costringeva gli editori a richiedere tariffe di copyright accessorie dagli aggregatori di notizie, che volessero o meno (e gli editori più piccoli, grati per del traffico generato da Google, in realtà non volevano).
Di fronte a questa legge, Google ha chiuso Google News in Spagna. Nel frattempo, uno studio commissionato dall’industria editoriale spagnola ha trovato l’intero episodio disastroso, concludendo che non c’era “nessuna giustificazione teorica o empirica per la tassa”. A rimetterci sono stati dunque i piccoli editori, penalizzati dal ritiro di Google dal mercato.
“Non vorremmo vedere accadere lo stesso in Europa”, ha sottolineato Gingras. “In questo momento ciò che vogliamo fare è lavorare con le parti interessate”.
L’ARMA A DOPPIO TAGLIO DEGLI EDITORI
È un rapporto di amore e odio quello tra gli editori e Google. Gli editori incolpano il colosso di Mountain View di risucchiare gran parte delle entrate pubblicitarie che dovrebbero sostenere la carta stampata. Eppure, molti di loro dipendono da Google News grazie al quale milioni di lettori visitano i propri siti Web, incrementando il traffico digitale che autonomamente non avrebbero.
Tesi avvalorata dallo stesso Gringras, che al Guardian ha specificato che Google News non è nemmeno un business redditizio per Google, bensì incoraggia gli utenti a trascorrere più tempo sui siti web del gruppo. “Non c’è pubblicità in Google News. Non è un prodotto che genera entrate per Google. Pensiamo che sia prezioso come servizio alla società”.