Non sorprende che Hyperloop One, la startup nata da uno dei sogni di Elon Musk (che però se ne smarcò per dedicarsi a Tesla e a SpaceX) sia fallita. L’idea di sparare viaggiatori come proiettili a 1200 chilometri orari in tunnel metropolitani o sospesi su tralicci aveva già fatto aggrottare più di un sopracciglio e si è dovuta scontrare ora contro la dura realtà.
2023, L’ULTIMA FERMATA DI HYPERLOOP
Secondo quanto rivelato da Bloomberg e The Verge l’azienda sta lasciando gli uffici e licenziando i dipendenti proprio in queste ore, con la formalizzazione della chiusura attesa entro la fine dell’anno. La proprietà intellettuale e il nome, marchio evocativo universalmente riconosciuto anche senza mai essere entrato in funzione, citato persino in alcuni film, passeranno al suo azionista di maggioranza, il principale operatore portuale di Dubai DP World.
I CAPITALI RACCOLTI (E BRUCIATI)
Dalla sua fondazione nel 2014, la società ha raccolto circa 450 milioni di dollari tra fondi di venture capital e altri scommettitori. I due principali investitori avevano messo sul piatto 50 milioni di dollari mentre aveva lasciato ben sperare il round del 2019 da 172 milioni. Soldi che avevano permesso alla startup la costruzione di una pista di prova nel deserto del Nevada per testare la sicurezza e la fattibilità della tecnologia.
IL TEST NON ESALTANTE
L’unico test con passeggeri umani nel 2020 aveva però lasciato intuire che i lavori procedessero a rilento, esattamente come la velocità massima del convoglio sotterraneo, che in quell’occasione toccò a malapena i 160 km/h, ben al di sotto dei 1200 necessari per rivoluzionare il mondo dei trasporti. La startup, del resto, era in costante affanno di liquidità. L’unica cosa che bruciava velocemente erano i milioni degli investitori.
I VELENI
Brogan BamBrogan, co-fondatore di Hyperloop One, aveva accusato i vertici dell’azienda di aver sperperato denaro per assumere parenti non qualificati per quel tipo di lavoro. Non solo: BamBrogan aveva anche denunciato il fatto di aver trovato, sulla propria scrivania, un cappio.
Alle accuse i vertici dell’azienda risposero affermando che Brogan BamBrogan stesse progettando di dare vita ad un’altra azienda che si sarebbe occupata della realizzazione del medesimo treno e che il co-founder stesse portando via know-how e personale.
Già quei fatti avevano lasciato intendere che non sarebbe stato possibile raggiungere il sogno di coprire Los Angeles – San Francisco in soli 30 minuti in breve tempo, come pure annunciato dagli startupper nelle loro raccolte fondi. Il fallimento della startup annunciato in queste ore dalla stampa ne è la conferma, anzi, la pietra tombale.
LE GEMELLINE EUROPEE
Resta da vedere se verranno portati avanti i progetti europei che permetterebbero per esempio di coprire da Bratislava a Praga in soli 10 minuti. Sono diverse le startup in tutto il mondo al lavoro su tecnologie affini, anche in Italia, ma con la morte del soggetto principale i dubbi sulla fattibilità dell’opera sono aumentati esponenzialmente.